(Lo chef Carmelo Floridia e il riso Arborio)
Dodici giorni ci separano da quello che in Sicilia (e soprattutto a Palermo) è un giorno speciale: una festa vera e propria. Santa Lucia non è solo un appuntamento religioso. È anche una festa che si vive a tavola, come nelle tradizioni dell’Isola.
E, visto che in questo giorno non si mangia nulla che contiene farine e grani (come pane e pasta), ecco che le arancine, declinate volutamente al femminile, diventano protagoniste delle tavole di Santa Lucia. Da oggi, vi accompagneremo metaforicamente fino al 13 dicembre, non solo per la tanto attesa classifica su dove acquistare quelle più buone a Palermo, ma vi sveleremo tutti i segreti della “pallina fritta e ripiena” più buona del mondo raccontati da alcuni chef importanti e da addetti ai lavori. Oggi si comincia con l’importanza del riso.
Innanzitutto c’è il tipo di riso, che deve essere Arborio. Quindi il rapporto con l’acqua che deve essere di uno a due e mezzo. Poi il tempo di cottura che è di circa 16 minuti.
Il riso perfetto per un’arancina perfetta è una scienza esatta secondo Carmelo Floridia. Lo chef modicano che del riso, soprattutto quello siciliano, ha fatto uno dei suoi ingredienti principe riportando in auge, insieme con l’agronomo Angelo Manna di Agrirape a Leonforte, antiche coltivazioni isolane ormai dimenticate, ci racconta tutti i passaggi fondamentali per avere un’arancina a prova di gourmet.
A cominciare dalla pentola nella quale cuocere il riso, che deve essere preferibilmente stretta e lunga “perché così l’acqua evapora meno e si ha una cottura migliore”, spiega. “Il riso è l’Arborio nella maggior parte dei casi ma qualcuno usa anche il Roma. Per cuocere un chilo di riso bisogna calcolare da due e mezzo a tre litri d’acqua”. Anche la salatura ha le sue scuole di pensiero. “Qualcuno sala il riso a cottura ultimata, ma io preferisco mettere il sale nell’acqua, circa 10-12 grammi per litro”. Trascorsi circa 16 minuti di cottura c’è un altro passaggio fondamentale per la buona riuscita di un’arancina, racconta Floridia: “Il riso va steso su un piano per farlo raffreddare altrimenti continua a cuocere. E poi quando è freddo gli amidi aumentano e rendono più facile lavorarlo”. Se l’arancina non si compatta bene o si sfalda durante la cottura, secondo lo chef modicano, vuol dire che il riso non si è amalgamato bene. “L’ideale per averne arancine compatte – spiega – sarebbe prepararle il giorno prima e metterle in frigo a riposare prima della panatura, in modo da farle “assestare”. Così l’indomani sono pronte per essere panate e fritte”.
Anche per la panatura c’è più di una versione con i più arditi che usano la pastella. Ma Floridia la sconsiglia “perché può diventare molliccia. Meglio – dice – una panatura tradizionale con uovo e pangrattato che consente di avere un involucro giustamente croccante”.
Clara Minissale
E voi quale riso usate? Avete una ricetta tutta vostra o la fate “tradizionale”? Raccontatecelo condividendo il pezzo sulla vostra bacheca con l'hashtag #ArancinaDay