(Antonio Moretti e Luca Gardini)
di Michele Pizzillo
Dei vincitori, come dei 50 grandi d’Italia, cioè i protagonisti di Biwa (Best italian wine awards), l’originale classifica nata da un’idea di Luca Gardini e Andrea Grignaffini, si sa ormai tutto (leggi qui).
Tant’è che la cerimonia – lunga e qualche sforbiciata probabilmente la meritava tutta – non ha riservato nessuna sorpresa, almeno per quanto riguarda i vini. Però i giurati esteri, in particolare l’inglese Tim Atkin e il giapponese Kenichi Ohashi, con le loro battute e un po’ di autoironia sul proprio abbigliamento, hanno offerto dei simpatici quadretti di piacevole divertimento. Torniamo al vino, il vero protagonista della giornata e, quindi, ad Antonio Moretti collocato in testa alla classifica con Oreno 2015 prodotto dalla Tenuta Sette Ponti che possiede in Toscana, a Castiglion Fibocchi. Premio meritatissimo perché Oreno – uvaggio di Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot – è veramente un grande vino tant’è che tutti i giurati – ha confidato uno due membri di questa sorta di società segreta, il vice direttore de La Gazzetta dello Sport, Pier Bergonzi – si sono trovati d’accordo su questo vino. Un’altra confidenza l’abbiamo carpita al premiato – ha detto: “I premi fanno sempre piacere, auguro a tutti i produttori di trovarsi, un giorno, al mio posto a ritirare qualche trofeo molto ambito” -, certamente contento per l’Oreno ma desideroso di portare al primo posto un suo “figlio” siciliano. L’anno scorso è arrivato terzo con Saia, Nero d’Avola in purezza, che produce nel suo Feudo Maccari, a Noto e, quindi “sono convinto di poter raggiungere questo traguardo anche perché l’enologia siciliana produce grandi vini che forse avrebbero bisogno di una comunicazione più incisiva per poter imporre la propria presenza, in modo autorevole, in tutti i mercati del mondo”.
(Caterina Huber di Pacherhof)
Tant’è che nella classifica di Biwa, la Sicilia è presente con altri tre vini (Vecchio Samperi di Marco de Bartoli, al 14° posto; Arcurìa Etna rosso 2014 di Graci al 35° posto; Faro 2012 dell’azienda agricola Palari al 37° posto: simpatico Salvatore Geraci quando chiediamo di fotografarlo: “di solito mi faccio pagare, questa volta faccio un’eccezione) mentre sono assenti Calabria, Puglia e Basilicata per quanto riguarda le regioni meridionali mentre del resto d’Italia, non c’è traccia di Umbria e Liguria. E, ancora una volta, le fette più grosse della torta Biwa sono appannaggio di due regioni: Piemonte e Toscana, 13 (grazie a 10 Barolo) a 10 (con 6 Brunello di Montalcino).
Al secondo posto il Terlaner rarity 1991 della Cantina Terlano che gli 11 membri della giura di Biwa ritengono il miglior bianco di sempre. Al terzo posto il Giulio Ferrari riserva del Fondatore Trentodoc 2016 che ci ha convinti a chiedere a Camilla Lunelli “ma non vi stancate a raccogliere premi in ogni angolo del globo?”. Risposta elegante di quella che riteniamo la “Gran Dama” delle bollicine italiane: “Ce li danno. Che facciamo, li rifiutiamo? Non sarebbe educato nei confronti di degustatori come questi, che fanno un duro lavoro per selezionare i 50 grandi vini italiani”.
(Salvatore Geraci)
Oltre ai tre vini saliti sul podio, Luca Gardini che in questa occasione non ha offerto nessuna delle sue ormai celebri manifestazioni pirotecniche (ritratto firmato Gragniffini), ha evidenziato tutta la sua soddisfazione per i sette award assegnati ai vini, alle aziende e ai professionisti che si sono distinti in quel mondo che “The Winesider- Biwa” mira a mettere in luce e raccontare alla stampa nazionale e internazionale le eccellenze italiane del settore vitivinicolo. E, cioè, alla toscana Poliziano perché “ha saputo, vendemmia dopo vendemmia, preservare e rilanciare le tradizioni enologiche del proprio territorio”; al Romagna Sangiovese Oriolo 2016 de I Sabbioni perché è pronta ad entrare nel pantheon dei grandi vini italiani; al rosso Barbera d’Alba Mervisano 2012 di Orlando Abrigo perché è “l’etichetta che continua a portare avanti il messaggio enologico del proprio territorio attraverso l’utilizzo di una o più varietà autoctone”; al Gavi vecchia annata 2009 di Broglia con la stessa motivazione del precedente vino, cambia solo il colore; al Lambrusco di Sorbara rito 2016 di Zucchi come vino pop perché “semplice e sanguigno, schietto ma di carattere: giusto mix tra genuinità e originalità”; mentre “alfiere del territorio” è la veneta Salvaterra che riesce a mostrare le potenzialità di un territorio nel suo complesso e, infine, al giovane Ilario Perrot del ristorante Seta dell’Hotel Mandarin Oriental di Milano, il premio miglior sommelier per “classe, eleganza e professionalità che sono le autentiche credenziali di un ambasciatore del vino italiano nella ristorazione di eccellenza”.
Un’altra notizia da evidenziare è che anche il pirotecnico Gardini si commuove. Ci pensa uno dei giurati, Marco Tonelli, a fare esplodere questa debolezza quando chiede un applauso giubilare per quel ragazzo di Cervia che è stato capace di mettere su questa giostra. All’uditorio in piedi, Gardini ha risparmiato solo il fazzoletto per asciugare le lacrime, ma la commozione non ha saputo trattenerla. E, poi, gli applausi erano di quelle persone che per passione, dedizione e duro lavoro stanno dietro ad ogni etichetta premiata. Etichette che poi saranno raccontate da The Winestar di Gianni e Giacomo Miscioscia, che anno creato l’innovativa piattaforma per gestire la cantine dei grandi ristoranti.