“In nessun luogo d’Italia, in ogni vino, si riconosce l’uomo, come in Sicilia. E in nessun luogo della Sicilia, in ogni uomo, si riconosce il suo vino doc come sull’Etna”.
E’ un adagio che Attilio Scienza pronunziò ad un convegno a Castiglione di Sicilia davanti ad una platea zeppa di uomini che non erano “uomini qualunque”. Ma vigneron, novelli e navigati, lì convenuti ad abbeverarsi di cultura. Cultura del vino e cultura del territorio. C’era probabilmente quel giorno, confuso tra la folla, anche Ernesto Del Campo, oggi sindaco di Randazzo, il paese situato al vertice di quell’area definita triangolo d’oro, più che scaleno, in cui si alloggia l’ottanta per cento dei produttori della Doc Etna. E che di questo aforisma, Del Campo, ne ha fatto un principio, e un riferimento, che declina giornalmente nella doppia veste di primo cittadino e di viticoltore. E così ha pensato che bene sarebbe ogni anno fare il tagliando di manutenzione all’idee buone su cui riposano i doveri di una corretta gestione del territorio.
Attilio Scienza
“Vino paesaggio e governo del territorio: l’esempio dell’Etna” è stato il suo promemoria e lo ha assunto a titolo di una tavola rotonda attorno a cui ha radunato editori e giornalisti del settore, e politici e dirigenti degli enti proposti a quel “governo del territorio”. Riempiendo poi la “Camera alta” del chiostro del palazzo municipale soprattutto di gente che in quel territorio, dove “tutto è pieno de’ tuoi doni, e ricco qui ti ride il campo di pampini autunnali…” come cantava Virgilio, vive e ne costituisce l’anima: ovvero con i vigneron dell’Etna. Dopo il suo prologo tutto imperniato su analisi e sentimenti come il titolo del convegno ben sintetizza, Del Campo ha dato la parola ai relatori e la poesia e la lirica dei versi hanno lasciato il posto alle concretezze “astratte” delle figure istituzionali. Così Giovanni Bulla assessore provinciale all’agricoltura ha potuto “divagare” sugli strumenti a sua disposizione come la “Strada del Vino dell’Etna” una “delle più suggestive dell’isola” come si premura di affermare, “specie quando in scena entra la “Littorina d’antan” classe 1935″. Ma occultando e ignorando invece come il primo e più incidente elemento, la cartellonistica che indichi la mappa delle aziende e soprattutto delle Contrade, vero patrimonio dell’enologia etnea (come l’evento “Contrade dell’Etna” ha valorizzato), non abbia mai visto la luce e chissà mai se la vedrà, come una voce alzatasi dalla platea ha voluto rimarcare.
Ernesto Del Campo
A placare gli animi è arrivata la relazione di Ettore Foti commissario del Parco Etna, quasi 60 mila ettari di un’area protetta, un ente che si pone quale nuovo modello di assetto territoriale preposto alla conservazione della natura. Per cui cementare il rapporto col comparto del vino con un indissolubile collegamento di una gestione di un territorio che racchiude le emozioni stesse trasmesse dalle forme dai colori e dall’accoglienza del paesaggio è la linea più naturale che si possa adottare. Parole di “Commissario”, purtroppo, per cui pianificare è una chimera, tamponare abusi e preservarsi dai interessi privati, invece il suo pane quotidiano. Così idee e progetti sono arrivati da Giovanni La Via, ex assessore regionale della Regione Sicilia e oggi componente della Commissione agricoltura al parlamento europeo. Che ha esordito: “Cari produttori, siate sereni. Pronunziate il vostro nome “Doc Etna” e niente si dovrà aggiungere. Continuate a vendere quello che vi richiedono, ovvero il territorio. Bravi se continuerete a recuperare la viticultura storica, il patrimonio edilizio e la capacità di produrre cose nuove, cantine nuove e idee moderne. Salvate invece i palmenti storici, testimoni di un enologia antica di primissimo piano. E anche gli antichi torchi, che devono rappresentare il percorso di un grande recupero al patrimonio di storia della meccanizzazione e tecnica e fisica del lavoro. Ricordate che molti vengono da tutto il mondo per vedere l’Etna ma poi si portano dietro ricordi indelebili dei suoi vigneti e del lavoro e delle fatiche dei suoi vignaioli”. Tutto quello che verrà, sarà nuova storia.
Stefano Gurrera