Mangi i crostacei in un vecchio fabbricato restaurato con pareti a vetro e vista sul fiordo, assaggi una tartare di salmone e fuori puoi ammirare il complesso di Tjuvholmen, la parte più moderna del waterfront, inaugurata a settembre 2012 e ideata da Renzo Piano.
Benvenuti a Oslo, la città che riesce a valorizzarsi, senza essere presuntuosa. Una città che probabilmente ricalca il carattere dei norvegesi, gente che si fa apprezzare per le cose semplici. Che si ferma in strada con l’auto non appena metti il piede sulle strisce pedonali, che sorride ed è sempre pronta a dare indicazioni anche al turista che parla un inglese zoppicante. Gli abitanti della vecchia Christiania, allo stesso tempo, non amano apparire e non diventano mai invadenti. Insomma un popolo civile ed essenziale. Come semplici e non stucchevoli sono i piatti gustati in questo lungo fine settimana nella città di Munch e di Ibsen e dove ogni anno si assegna il premio Nobel per la pace.
Prima tappa del tour culinario è il Solsiden, ristorante che sul mare è a un passo dall’attracco delle navi da crociera e che dà le spalle alla fortezza di Akershus, edificata da Hakoon V, verso la fine del XIII secolo per contrastare gli attacchi svedesi. Solsiden significa lato del sole, perché proprio su questo versante batte il sole tiepido (almeno a maggio) di Oslo. Il panorama è straordinario.
Plateau des fruits de mer
Ci hanno proposto un “Plateau des fruits de mer”. Su un tappeto di gamberetti crudi, trionfavano granchi, aragoste, astici, scampi, ostriche, capesante. A corredo del plateau anche una zuppetta di cozze e cipolla bianca. Tutto molto buono, delicato. Citazione d’onore per le teste dei granchi e per gli scampi, davvero emozionanti. Così come perfetto è il servizio del personale di sala. Particolarmente gradevole anche l’atmosfera, gente ben vestita che però si lascia contagiare dall’aria briosa del locale. E non si crea problemi se c’è da prendere una chela in mano per sgusciarla. Il tutto è stato accompagnato da un Cuvée Solsiden 2008, prodotto per il ristorante da La Chablisienne, cantina del territorio Chablis che si trova nel nord della Borgogna, in Francia. Curioso il fatto che l’azienda vinicola transalpina faccia dei vini appositamente per il ristorante norvegese dal 1999.
Cucina a vista
Aria un po’ più formale, ma non troppo si respira al Tjuvholmen Sjomagasin, nella minuscola penisola di Tjuvholmen, in norvegese isola dei ladri, perché qui si rifugiavano un tempo i piccoli criminali di Oslo. Oggi è la zona forse più cool della capitale, con costruzioni ipermoderne e suggestivi canali, dominati dall’Astrup Fearnley Museet, il museo di arte moderna progettato da Piano. Qui il menù cambia ogni giorno in base al pescato. Le materie prime tutte freschissime, provenienti dai dintorni, vengono trattate in modo minimalistico nell’ampia cucina a vista. Ci servono un menù di tre portate. Si inizia con una gustosa tartare di salmone ricoperta dal tuorlo di un uovo.
Tartare di salmone
Primo e secondo in un unico piatto: un delizioso risotto con funghi, cipolle e asparagi e un trancio di nasello morbido e succulento.
Risotto con funghi e asparagi e trancio di nasello
Sapori armonici nonostante l’accostamento di prodotti del mare e della terra. Per finire una pannacotta allo zenzero con un albicocca candita e un sorbetto alla banana. Da bere un Sancerre Domaine Vancheron, prestigiosa etichetta della Valle della Loira, un Sauvignon bianco che risulta contemporaneamente secco e aromatico.
Sulla freschezza e sulla qualità della cucina di pesce avevamo pochi dubbi, ma che i norvegesi siano bravi ai fornelli, a prescindere dal prodotto, lo conferma la terza tappa gourmet: il Grilleriet. Questo locale si trova all’interno di una galleria alla quale si accede da Storgata, a poche centinaia di metri dalla Cattedrale di Oslo. È sabato sera e il locale è frequentato da giovani, ma anche da cinquantenni eleganti e sbarazzini allo stesso tempo. Ci sono almeno una trentina di tavoli sparsi per il ristorante, ma ci fanno accomodare al banco cucina su uno sgabello. Pensate a un bancone del bar, qui però dietro invece dei barman ci sono i cuochi che ti preparano quello che vuoi davanti agli occhi. È la maniera migliore per godersi il Grillleriet, che come si capisce dal nome fa dei piatti alla griglia il suo forte. Chiediamo di mangiare carne, ma il maître di sala dice che non possiamo perderci l’assaggio della serata.
Foie Gras grigliato
Si tratta di un filettino di halibut cucinato con la tecnica giapponese del tataki, ovvero arrostito per un istante e poi marinato con vinaigrette di tamarindo e arancia. Viene servito con finocchio e scaglie di ravanello. Il maître non si sbagliava. Ma nemmeno noi che volevamo assaggiare altro rispetto al pesce. Ce ne accorgiamo quando arriva il foie gras grigliato. È accompagnato da una fettina di brioche leggermente tostata con sopra un “uovo” di gelato mela e cannella, da un’insalatina di cipolla rossa, molto simile a quella di Tropea, e da una riduzione di peperoni. Una degna apertura, prima del piatto principale della cena: un controfiletto di vitello e una punta di petto di manzo. Entrambi i tocchi di carne sono teneri e cotti alla perfezione.
Controfiletto di manzo
A dare un po’ di vivacità c’è la spuma di patate con bacon, il purè di piselli e i dadi di asparagi bianchi. Chiusura degna con il dessert, una ganache al cioccolato fondente con sopra un sorbetto di barbabietola aromatizzato con lemon verbena e sotto un consommé di vaniglia e barbabietola. Abbiamo scelto dall’ampia carta dei vini, provenienti da tutto il mondo, un Zinfandel Vintners Blend prodotto dalla californiana Ravenswood. Nella lista spiccava un Sassicaia 2008 di Tenuta San Guido a 2.400 corone ovvero circa 330 euro.
Un esempio estremo per far capire che in Norvegia il tenore di vita è alto. Il reddito medio è di circa 36 mila euro all’anno. Mangiare in un buon ristorante e soprattutto concedersi una bottiglia di vino in due, non costa mai meno di 130 euro. Tanto, ma non troppo se si considera che due caffè espressi (ma non proprio) li abbiamo pagati 10 euro e che per due hamburger in un fast food ad Aker Brygge, la zona del porto, abbiamo speso 46 euro.
Francesco Sicilia
Ph: Lorenza Serafino