di Giovanni Paternò
Sicuramente tre dei nostri quattro lettori conoscono chi sia Gordon Ramsay (nella foto). Ma per il quarto siamo costretti a tratteggiarne brevemente il profilo.
Nasce nel ’66 in Scozia, nel 1981 passa dai piedi del football alle mani della cucina, cambiando continuamente esperienze di lavoro e formandosi essenzialmente con la cucina francese. A 27 anni apre a Londra il suo primo ristorante, che resterà il più premiato ed importante e di cui parleremo. Oggi ne possiede la bellezza di 27 nel mondo, di cui due in Italia, in Toscana e in Sardegna e 12 a Londra.
Complessivamente i suoi ristoranti hanno ottenuto 12 stelle Michelin, di cui tre dal 2001 li vanta quello di cui stiamo per occuparci, più una lunga serie di premi e favorevoli recensioni nelle più importanti guide. Oggi, più che un cuoco è un milionario imprenditore gastronomico, un divulgatore della buona cucina con circa 20 libri pubblicati e la sua rubrica sul The Time’s Saturday magazine. E’ un divo televisivo dal 1998 con le sue trasmissioni (oggi è anche produttore televisivo, tanto per aumentare il suo notevole impero economico) che possiamo vedere anche in Italia, diffuse da SKY (proprio in questi giorni va in onda l’interessante serie Ramsay’s Best Restaurant). Sarebbe il Vissani anglosassone, con la speranza che nessuno dei due si offenda per l’ardito paragone.
Ora parliamo della nostra esperienza. Cominciamo dalla prenotazione. Un’avventura. Ben due mesi prima proviamo online nel sito del ristorante e ci viene un colpo: tutto esaurito per le quattro sere che avevamo a disposizione. Per fortuna non ci siamo arresi e con una serie di email, spacciandoci per “giornalista di Cronachedigusto” otteniamo un tavolo in tempo per l’ultima comanda (sicuramente avranno pensato che finalmente l’autorevolissima testata di F.C. si degnava di attenzionarlo). Altre email e telefonate perchè pretendevano gli estremi della carta di credito in quanto se gli date buca pagate lo stesso. Ma anche in questa vicenda grande professionalità: la mattina mi telefonano proponendomi di anticipare alle 21, cosa che accettiamo volentieri.
Ci vestiamo eleganti, o quasi, per due vagabondi viaggiatori che in genere mettono in valigia un solo jeans; non si entra nel tempio con magliette e abbigliamento casual, però la cravatta non è obbligatoria. La fermata della metro più vicina è Sloan Square, ma potevamo presentarci a piedi? Allora un bel taxi che ci scarrozza fin davanti alla porta in una tranquilla e anonima strada di Chelsea. L’addetto alla porta e alla sicurezza ci accoglie come fossimo membri della famiglia reale. Ad una sorridente signorina comunichiamo il nostro nome e ci fa accomodare al tavolo riservato.
La sala non è grande, circa 15 deschi, tutto sui toni del bianco, semplice ed elegante. C’è un viavai di camerieri, tutti in nero, ma è un movimento ordinato. Il menu ha una rilegatura in carta nera, che al tatto dà la sensazione della pelle ed è formata da quattro pagine. Le alternative di scelta sono limitate a tre tipi di menu: il primo per 90 sterline offre tre portate, gli altri due per 120 e 130 sterline ne comprende ben sette. In totale sono una trentina i piatti proposti e la fissità del menu è superata da una semplice ma geniale possibilità: si può scegliere il piatto che si preferisce tra tutti quelli elencati nelle quattro pagine. Noi desideriamo gustare quanto più possibile ed optiamo per il menu da 7 portate. Per fortuna della nostra tasca l’amata consorte è praticamente astemia, per cui, facendo crepare l’avarizia, optiamo per i vini al bicchiere scelti da uno dei due sommelier che svolgono il loro egregio compito.
La carta include piatti influenzati dalla cucina francese, ma votati a quella tipicamente mediterranea, con sapiente uso di ortaggi, aromi officinali e olio extravergine di oliva.
Non cede alla moda, non comprendiamo perchè propria di molti ristoranti famosi, di includere tagli di carni umili e quasi di scarto: rognoni, animelle, cervella, fegato, lingua e compagnia bella. La proposta più particolare si limita al piccione, all’anatra, al coniglio e allo stinco di maiale. Gordon sembra dire: vi faccio provare come cucino i normali piatti che magari mangiate a casa vostra. Non manca il pesce: aragosta, sogliola, rombo, scampi e salmone.
Nell’attesa del primo piatto ci portano, uno dopo l’altro, gli “amuse bouche”, letteralmente per far divertire la bocca: dei cornettini con aragosta e mango, una specie di doppia panella croccante con avvolta una strisciolina di salame e spalmata all’interno una salsa dal sapore inconfondibile della nostra caponata e due minuscoli scottish eggs, arancine alla maniera inglese: uovo sodo che fa da ripieno ad un impasto di carne tritata, passato a mollica e fritto. Nel nostro caso l’uovo è di quaglia e non proprio sodo.
Scottish eggs e caponatina
Altro amuse un consommé freddo di pomodoro con gamberi, caviale, favette e piselli.
Consommé freddo di pomodoro con gamberi, caviale, favette e piselli
Ti aspetteresti un bel colore rosso, invece sembra un brodino. Al palato sprigiona un delicato ma persistente gusto di pomodoro, per cui viene da chiedersi come diavolo abbiano fatto a sbiancarlo. Come noterete in realtà le portate non sono sette bensì undici. Per il pane, rigorosamente fatto in casa, si può scegliere tra bianco, integrale, con miele e patate, con rosmarino, con olive nere.
Con tutti questi stuzzichini non abbiamo il tempo di annoiarci e di smaniare per l’attesa, che comunque non è stata lunga quando ci hanno servito i primi piatti: per lo scrivente sgaloppine di pesce dell’isola di Skye, con piselli e fave interi e in vellutata, uovo di quaglia e pancetta tanto croccante da spezzarsi in briciole, a cui è stato abbinato un Viognier Marsanne 2008 della cantina Torbreck nella Barossa Valley in Australia.
Sgaloppine di pesce
Un vino a fermentazione naturale, affinato otto mesi in barriques nuove, dai sentori agrumati e di frutta gialla, potente, dalla mineralità spiccata e una lieve nota di affumicato.
Per la consorte mattonella di foie gras, ricoperta da una gelatina pepata al madeira, anatra affumicata, pesca caramellata e una specie di torroncino alle mandorle.
Mattonella di foie gras
Secondo piatto un raviolo ripieno di aragosta, scampi e salmone servito con un ridotto di aragosta e una vellutata di citronella e cerfoglio. Piatto storico, in menu da 12 anni, forse il più famoso di Ramsay.
Raviolo di astice, scampi e salmone
Lo accompagna un bicchiere di Bordeaux Blanc del 2010 di Chateau Bauduc, un sauvignon vivace al naso, dai profumi di agrumi e pera e dal finale secco.
Terzo piatto un filetto grigliato di rombo pescato a lenza, con asparagi, funghi morchelle e una salsa delicatamente profumata all’aglio con un bicchiere di Meursault 2006 della Domaine Matrot, uno chardonnay di Bourgogne fermentato in fusti di rovere per circa 9 settimane e giacente per undici mesi nei suoi lieviti naturali, effettua una malolattica completa e il batonnage secondo le annate;
Filetto di rombo
dopo il travaso invecchia in bottiglia da tre a cinque anni per consentire di sviluppare i suoi aromi. Corpo e struttura eccezionali e giustamente servito ad una temperatura meno fredda.
Quarta portata filetto di agnello accompagnato da un suo confit a base di petto e stinco, i suoi succhi ridotti ed ortaggi cotti separatamente.
Un calice di Vilosell 2008 di Tomas Cusiné, uno spagnolo blend di soli tempranillo, cabernet, syrah, merlot, samsò e garnatsxa con un affinamento di nove mesi in barriques. Vino di ampio spettro aromatico dai piccoli frutti rossi alle spezie, intenso e morbido.
Cominciano i dessert: Una creme brulé alle prugne e un succo di mela Grammy Smith, poi un succo concentrato di mango, gelsomino, frutto della passione e ricoperto da una spuma di yogurt, infine una macedonia di fragoline, gelato di fragola, panna e meringa al limone con uno speciale wafer ripieno di gelato vaniglia.
Creme brulé alle prugne e succo di mela Grammy Smith
Macedonia con gelato e fragole
In abbinamento un austriaco Eiswein 2008 di Helmut Lang, dai vigneti attorno al lago Neusiedlersee, e dove i frutti esotici, l’albicocca, la mandorla e la botrytis si avvertono spiccatamente.
A questo punto si riprende l’amuse bouche con una profumatissima gelatina al gelsomino, un alberello di praline e infine palline di gelato di fragola ricoperte da cioccolato bianco in una coreografica ciotola di fumante azoto liquido.
Albero di cioccolato
Gelato in azoto liquido
Così le portate diventano ben 14!
Non ci soffermiamo a dare sfoggio di giudizi ed aggettivi ai singoli piatti; semplicemente diciamo che, come si è potuto leggere, la cucina del Ramsay è fatta di piatti abbastanza semplici, senza arditi accostamenti e voli culinari. Però tutto è perfetto, i sapori si avvertono, le cotture a puntino, i piatti senza alcuna sbavatura, la giusta sapidità, l’assenza di grassi. La portata che più c’è piaciuta: il raviolo ripieno, assolutamente ineguagliabile. Quello che ci è piaciuto meno: alcuni dessert, un poco banali data la classe della cucina.
Il tutto accompagnato da un servizio ineccepibile, cortese, attento, facile al dialogo col cliente.
Il maitre Jean Claud Breton, un francese che lo accompagna dal ’93, contribuisce ad instaurare un’atmosfera di cordialità, intrattenendosi piacevolmente coi clienti curiosi. In cucina dal 2007 la giovane chef Clare Smyth.
Arriviamo così al momento del conto: euro 141 il menu, 76 i vini, 27 il servizio, totale 244 euro per una persona, che per un’esperienza appagante ed esclusiva si potrebbero assolutamente spendere.
…..to be continued.
RESTAURANT GORDON RAMSAY
68 Royal Hospital Road, London SW3 4HP
email: royalhospitalroad@gordonramsay.com>
aperto dal lunedi al venerdi, pranzo e cena
prenotare con larghissimo anticipo