Tre giorni nella patria del compianto Santi Santamarina e della chefstar Ferran Adrià.
Tre giorni in cui abbiamo solo sfiorato la cultura e la cucina catalana. Una carezza ruvida però, perché in quasi tutti i piatti assaggiati c’è un tratto vigoroso, forte. Sono gustose le ricette di questa terra, forse anche troppo, almeno in molte di quelle provate da noi. C’è da lavorare e soprattutto da levigare. I luoghi, invece, quelli di questo press trip organizzato dalla Catalan Tourist Board, l’agenzia catalana del turismo, toccano il cuore. Soprattutto alcuni. Ma vi diremo tutto in questo racconto di viaggio.
SITGES
Dopo aver volato con Vueling, compagnia partner della Catalan Tourist Board, che dal 2009 ha istituito il Palermo-Barcellona, atterriamo a El Prat. Una quarantina di chilometri in pulmino e siamo a Sitges, cittadina di 28 mila abitanti, che si quadruplicano in estate. Sì, perché la località è deliziosa, sul mare, con un centro particolarmente curato. In alcuni scorci ricorda Taormina, ma con le dovute proporzioni. Il tempo di vedere l’imponente chiesa di San Bartolomeo e Santa Tecla e siamo già dentro Casa Bacardi.
Uno scorcio di casa Bacardi
È un piccolissimo museo per ricordare uno dei cittadini illustri di Sitges: Facundo Bacardi, il fondatore della famosa casa che produsse rum a Santiago de Cuba. Visita rapida, snella, poche ma interessanti tappe per spiegare come è stato creato l’impero di quella che ora è una multinazionale. E alla fine Mojito e Cuba libre per tutti. Prima preparati dai barman, poi dai visitatori. Divertente.
Mojito, servito!
Di sera, a cena, si va al Fragata. Carrellata di antipasti che inizia col pane e pomodoro. Simile alla bruschetta, è una tipicità che ci propineranno quasi ovunque. Poi carpaccio di tonno, acciughe su un biscotto dolce e salato, calamari alla griglia, gamberi panati con salsa alioli (altra costante), una specie di maionese meno densa preparata con aglio e olio.
Gamberoni panati con peperoncini verdi al ristorante Fragata
La portata successiva è una capesanta grigliata con asparagi e prosciutto. Poi un quadrato di agnello con salsa di mosto, carciofi e crema di patate. Infine il dessert: una palla di gelato alla vaniglia con granella e salsa di frutti di bosco. Da bere il Verdejo 2013 di Palacio de Bornos, cantina di Rueda, vicino Valladolid. Un bianco che non lascia il segno. Un po’ meglio il PradoRey Roble 2011, un rosso ottenuto da tempranillo nell’importante regione vinicola Ribera del Duero. Tutto sommato la cena si rivela discreta, anche perché il servizio è puntuale, i tempi sono giusti e il ristorante ha luci e location d’effetto.
Pernottamento al Melia, hotel moderno con camere confortevoli e servizi di livello nella zona del porto Aiguadolc. L’indomani visita guidata del paesino di Sitges dove, in mezzo alle case bianche azzurre tipiche, spiccano le costruzioni in stile modernista. Ovvero edifici non troppo alti, costruiti da Los Americanos, abitanti del luogo che andarono a far fortuna dall’altra parte del mondo, dopo che una malattia, la fillossera, aveva sterminato i vigneti del luogo a fine Ottocento.
Il vino di Sitges è la Malvasia. Se ne producono circa 10 mila bottiglie all’anno nei terreni donati all’Ospedale di San Giovan Battista da Manuel Llopis, alla sua morte, nel 1935, a patto che si continuasse a vinificare e a imbottigliare Malvasia. Promessa mantenuta. Lo sorseggiamo nel delizioso bar con vista sulla piscina dell’Hotel Medium Sitges Park, ricavato in una delle costruzioni moderniste.
La Malvasia è diversa da quella delle Lipari, più pastosa, meno profumata. Lasciamo Sitges, dopo aver ammirato dall’esterno Palau Maricel e il Museu Cau Ferrat, quest’ultimo fu residenza di Santiago Rusiñol, artista, scrittore, ma soprattutto mecenate che fece proliferare la cultura a Sitges a cavallo fra Ottocento e Novecento.
CANTINA TORRES (Vilafranca del Penedès)
La seconda tappa del tour è la visita a Torres, una delle cantine più importanti di Spagna. Rimaniamo impressionati dal numero di visitatori in un sabato mattina. Un filmato di un quarto d’ora spiega la storia di questa famiglia che negli anni ha comprato e produce anche in Cile e California. Poi con un trenino alimentato con energia solare si fa il giro di tutta la tenuta e dell’impianto. Finale con degustazione di tre etichette.
Impatto positivo con lo Chardonnay 2013 della linea Jean Leon. Leggero, floreale, aromatico. Leon fu un ristoratore spagnolo, amico delle star di Hollywood, negli anni Cinquanta. Vendette i suoi vigneti acquistati nel Penedès a Torres dopo essersi ammalato di cancro. Nella media il Cabernet Sauvignon 2010 Gran Coronas. Deludente il Pinot Noir 2009 di Marimar Estate, prodotto nella contea di Sonoma in California, da Marimar Torres, la sorella di Miguel, attuale presidente di Bodegas Torres.
POBLET
Nel pomeriggio di sabato arriva il momento forse più emozionante del press trip, la visita al monastero di Santa Maria di Poblet. Prima però un po’ di ristoro all’Hostatgeria de Poblet.
Il monastero di Poblet
E' il nome del complesso che comprende hotel e ristorante proprio di fronte allo straordinario tesoro cistercense. Ci servono una empanada con spinaci (peccato per il sapore troppo intenso dell’aglio) e un’orata al forno con patate. Sufficiente. Anche se non ci saremmo aspettati un pesce in un luogo che seppur non lontano dal mare (una cinquantina di chilometri) ispira comunque ricette a base di carne. Ci rifacciamo ampiamente con lo “spettacolare” (lo dicono spesso i catalani che traducono in italiano) giro del monastero che fa parte del patrimonio Unesco. A condurci alla scoperta di questo imponente monumento che ha radici nel XII secolo è il priore Lluc Torcal. Ogni ambiente ha una sua storia, padre Lluc racconta aneddoti su aneddoti, anche perché il monastero ha anche un pantheon dove sono conservate le spoglie di otto sovrani di Catalogna e sei regine. Negli occhi rimangono le immagini del chiostro, della chiesa, dei campanili ognuno con stile diverso (romanico, gotico, rinascimentale e barocco). Un incanto per lo spirito.
TARRAGONA
Nel tardo pomeriggio si parte alla volta di Tarragona. O Tarraco, per usare il nome romano. Sì perché il capoluogo dell’omonima provincia situata nella Costa Daurada fu la porta d’ingresso alla Spagna dei Romani.
Anfiteatro romano di Tarragona
Evidenti sono pertanto le tracce lasciate da una delle più grandi civiltà della storia, tra cui anche la via Augusta che risalendo tutta la costa verso Barcellona e poi verso Marsiglia conduce verso l’Italia e la città eterna. All’arrivo, comunque, c’è spazio soltanto per la sistemazione (hotel Astari) e una cena. Si va da El Llagut, una “taverna marinera”.
Menu
Anche qui arriva il pan amb tomaquet (la bruschetta catalana). Interessante il preludio: ostrica marinata con zenzero, miele e gin tonic; zuppa di crescione (erba selvatica) e anguilla di palude affumicata. Il primo è una deviazione verso la cucina di campagna: cannellone di gallina biologica con salsa di cipolle e tartufo nero. Poi due secondi un po’ arditi: un tentacolo di polpo con patate aromatizzate al cumino e uno spezzatino di lucciola di mare, testa e gamba di vitello e fagioli. Il dessert è una mousse di cioccolato bianco con agrumi. Il tutto è accompagnato da una birra artigianale prodotta a Montferri, a una cinquantina di chilometri da Tarragona. Si chiama Farigola ed è una ambrata leggera (4,5% di grado alcolico), beverina, aromatizzata con una punta di timo, in catalano appunto Farigola. Complimenti ai produttori, Les Clandestines. Materie prime bio, chilometro zero (o quasi), tradizioni rivisitate. El Llagut è il ristorante più sincero nel quale siamo stati, anche se qualche piatto s’è rivelato difficile per il nostro palato.
Ostrica con zenzero e gin tonic
Cattedrale di Santa Maria
Domenica mattina, primo giorno di ora legale, Tarragona si risveglia sotto una fitta pioggerellina. Non è l’ideale per addentrarsi nei meandri archeologici romani, anche questi riconosciuti dall’Unesco. Tuttavia la passeggiata con la guida del posto si rivela sorprendente. L’anfiteatro che dà sul mare ben conservato, i resti del Circo, le antiche mura, la Cattedrale di Santa Maria e le poetiche viuzze ci fanno quasi dimenticare il cielo grigio sopra di noi.
BARCELLONA
Centodieci chilometri e si arriva all’ultima fermata. È il capoluogo (o la capitale, visto che i catalani si sentono in uno Stato a parte). Barcellona viene lasciata per ultima per motivi logistici (vicina all’aeroporto di El Prat dal quale ritornare a Palermo) e comunicativi. All’agenzia del turismo della Catalogna, infatti, premeva promuovere quello che c’è oltre la città principale, ormai una delle mete più battute d’Europa. Check-in all’hotel Vueling BCN. L’albergo è il primo aperto dalla compagnia aerea. Si rivela una sistemazione felice. In pieno centro, a un tiro di schioppo da Plaza Catalunya. Camera in stile minimal, con tantissimi faretti, molti i confort. Sistemati i bagagli si fa rotta per il pranzo. Sono già le 15, qui è normale mangiare a quest’ora. Il ristorante La Gavina, a Barceloneta, infatti è pieno. Raffica di antipasti: acciughe con cipolle novelle e pomodori secchi, carpaccio di tonno con riduzione di zenzero, lime e verdurine, prosciutto crudo Bellota e l’immancabile ciabatta con pomodoro. Tutto abbastanza buono, ma senza sussulti. Peccato per il prosciutto affettato troppo finemente, con un po’ di spessore in più sarebbe stato un’altra cosa. Ma a queste latitudini pare che il celebre jamon si serva così. Il secondo round prevede altre portate che sembrano un continuum dell’antipasto: crocchette di frutti di mare, cannolicchi ai ferri, gamberetti in tempura, cozze alla marinara. Top: i cannolicchi. Flop: le cozze. Non per nulla quando a Palermo le cozze non convincono c’è puntualmente un commensale che esclama “Saranno spagnole”. Ok, queste di Barcellona erano catalane.
Paella rivisitata
Dopo tutti i manicaretti viene servita un’insolita paella di calamaretti: non col riso, ma con gli spaghettini. A parte la salsa alioli che arricchisce ma allo stesso tempo appesantisce un piatto apparso un po’ monco. Finale con un’ottima crema catalana.
Crema catalana
Nei calici uno Xarel-lo 2012 della cantina Gramona, bianco prodotto nella Do del Penedès. Anche questo senza infamia e senza lode come il pranzo nella sua totalità. Non abbiamo affatto mangiato male, ma ci saremmo aspettati qualcosa di meno turistico. Anche perché turisti siamo costretti a diventarci subito dopo, quando ci “imbarchiamo” sul bus che fa il giro dei monumenti della città. Abbiamo poco tempo e vogliamo avere un’infarinatura. C’è spazio solo per una sosta alla Sagrada Familia che riusciamo però ad ammirare soltanto da fuori. Notevole e incompleta (come dal 1882 anno di inizio della costruzione). D’altronde Gaudì a chi gli chiedeva quanto occorresse per realizzarla rispondeva “Non preoccupatevi, Dio ha tutto il tempo del mondo”. C'è tempo anche per affinarsi in cucina, magari prendendo spunto dal lavoro fatto per valorizzare i monumenti. Lì i catalani sono stati bravissimi.
Francesco Sicilia
INDIRIZZI UTILI
Casa Bacardi
Plaça de l’Ajuntament 11
www.casabacardi.es
Sitges
Restaurante Fragata
Paseo Ribera 1
www.restaurantefregata.com
Sitges
Hotel Melia Sitges
Calle Joan Salvat Papasseit, 38
www.melia-sitges.com
Sitges
Hotel Medium Sitges Park
Carrer de Jesús, 16
www.mediumhoteles.com/it/spagna/sitges/centro/hotel-medium-sitges-park
Sitges
Torres
Carrer de Miquel Torres Carbó, 6
www.torres.es
Vilafranca del Penedès
Hostatgeria de Poblet
Plaça Corona d'Aragó, 11
www.hostatgeriadepoblet.cat
Poblet
Restaurante El Llagut
Carrer de Natzaret, 10
Tarragona
Hotel Astari
Via Augusta, 95
www.hotelastari.com
Tarragona
Hotel Vueling BCN
Gran Via de les Corts Catalanes, 550
www.hotelvuelingbyhc.com
Barcellona
La Gavina
Plaça Pau Vila, 1
www.lagavina.es
Barcellona