Con la Cantina Marisa Cuomo la viticoltura estrema diventa la grande attrazione del padiglione Campania. Presentate le nuove annate delle Doc Coste d’Amalfi firmate dai titolari
Se non fosse stato per il progetto avviato dalla cantina Marisa Cuomo la tradizione vitivinicola di Furore, piccolo borgo di 600 anime abbarbicato sulla costiera amalfitana, si sarebbe consegnata all’oblìo,
oggi invece, a poche ore dall’apertura dei cancelli di Verona Fiere, è il territorio che nel padiglione Campania richiama più visitatori. Il titolare Andrea Ferraioli assieme alla moglie Marisa, paladini di una rinascita strappata ad irti costoni di roccia dolomitica, sotto i riflettori della fiera hanno presentato le nuove annate delle loro Doc Costa D’Amalfi tra cui il Fiorduva tanto apprezzato da Luigi Veronelli definito “vino appassionato che sa di roccia e di mare”. Descrizione che effettivamente non fa pesare ad altro quando si porta al naso questo blend di Fenile, Ginestra e Ripoli. Una fotografia gustativa dei pergolati che prendono vita orizzontalmente dai muretti a secco orientati verso il Mar Tirreno, coltivati da uomini, tra cui il più anziano ha 93 anni, addestrati dalla vite stessa a trarre il meglio da uno degli habitat più ostili del territorio italiano. La dimensione esigua dello stand a stento riesce a contenere il successo di questo angolo impervio così piccolo in termini di ettari, solo tre quelli di proprietà della cantina più undici coltivati dai conferitori, quanto grande in termini di obiettivi, dato che la cantina rappresenta un rarissimo caso che sfata l’individualismo del sud, riunendo sotto lo stessa passione 40 contadini. “Ho deciso di sostenerli per farli progredire, pur di non far perdere questo patrimonio, che comunque ad oggi conta in tutto 50 ettari, dando loro gratis assistenza agronomica e tutto il necessario per gestire il vigneto.
Vigne strappate alla roccia
Qui la viticoltura non avrebbe motivo ancora oggi di esistere se pensiamo che il prezzo dell’uva si aggira intorno ai 280 euro al quintale quando la media nazionale è sui 100 euro. A chi converrebbe invertire? Si tratta di una scommessa che renderebbe impensabile qualsiasi investimento imprenditoriale”, spiega Ferraioli. Viticoltura estrema che porta in sé il prototipo del vino di territorio, dall’etichetta che riporta riproduzioni di artisti di strada di fine 800 raffiguranti panorami mozzafiato alla bottaia, dove i vini si affinano in un corridoio di 84 metri scavato nella roccia. Nel complesso olfattivo e aromatico si ritrova poi la summa di un lavoro che costa così tanta fatica, condotto con maestria tra un terrazzo e l’altro rigorosamente a mano, in bilico su scalette di pietra. La carta di identità del territorio rimangono le cultivar stesse, come sostiene il produttore: “Possiamo parlare nel nostro caso di un vero e proprio restauro delle vigne – ribadisce il titolare -. Tutti vitigni storici, di cui solo alcuni riconosciuti nel registro nazionale. Di cui non abbiamo, di proposito, voluto modificare l’impianto che abbiamo ereditato da chi ha coltivato prima di noi”. Una garanzia attestata dalla coesistenza nello stesso pergolato di varietà diverse che colorano con tantissime sfumature il tetto di foglie. Nove in tutto sono le etichette di Marisa Cuomo che portano avanti questo patrimonio, suddivise oggi in una produzione di 103.000 bottiglie.
Manuela Laiacona