“Vent’anni fa era impensabile anche solo pensarlo”. E’ alla longevità dei vini campani alla quale Daniele Cernilli si riferisce e in una masterclass che apre la prima giornata di Taormina gourmet on tour a Palermo, l’impossibile diventa incredibile in una verticale storica di Pietracupa tra Fiano e Greco che mostra quanto la Campania bianca del vino sappia viaggiare in un tempo e in uno spazio sconosciuto ai più. È la storia di Sabino Loffredo, piccolo viticoltore irpino che attraverso una cesellata e certosina produzione porta un “soffio bianco campano” che al pari di un canto di una sirena diventa impossibile da resistere.
La sua non è la solita storia di famiglia, di una tradizione secolare perpetrata nel tempo da padre e figlio, ma è “solo” quella di un uomo che ha deciso di ascoltare il suo istinto “non sono neanche enologo, faccio i vini seguendo il mio gusto” dice Sabino. Eppure, dal 2006, primo anno della sua produzione, i suoi vini si connotano sempre di profonda e incisiva personalità, smuovono le anime prima ancora di un’asettica scheda di degustazione e tutto questo forse succede perché i suoi vini si staccano dall’essere “solo” un Greco o un Fiano di Avellino, diventando espressione di una zona, di quella piccola collina irpina chiamata Montefredane e di chi la vive, di lui, con le sue mani e i suoi pensieri. Non è facile ammette Sabino. “Fino a 25 anni fa andavo in giro mi dicevano ma perché in Campania fate pure i vini bianchi?” Eppure, lui ai preconcetti non c’è mai stato “A mezz’ora da Avellino c’è una stazione sciistica, a mezz’ora pure il mare”. Presupposti pedoclimatici che uniti alla voglia di fare e di saper fare bene fanno presagire alla produzione di vini bianchi da lungo affinamento.