Il mondo del vino ha paura del futuro, vive in cronorifugi>, esalta passati più o meno utopici, narrazioni primitiviste, il futuro è un tabù se ne parla poco e potendo non se ne parla affatto.
Questo per dire che ci vuole coraggio, competenza e molta voglia di mettersi in gioco per dedicare, come ha fatto il Master of Wine Pietro Russo, una delle masterclass organizzate da Cronache di Gusto a Villa Neri ai Vini Rossi del futuro, essendo i rossi, di tutto il panorama enoico forse quelli che di futuro sembrano averne di meno.
Parte dalla crisi climatica la masterclass, senza ideologie e allarmismi, semplicemente partendo da un fatto, attestato che continuando su questa china, i vini del futuro probabilmente non ci saranno perché molta parte del vigneto europeo e mondiale sarà destinato a scomparire, forse se ne dovrebbe incominciare a parlare più spesso, sempre quando si parla di vino.
Parte dalla storia Pietro, dal Parker effect degli anni ’90 del secolo scorso, i vini Blockbuster, tutti estrazione grado alcolico e potenza, i vini da boomer, li chiama lui impeccabilmente, dove la tecnica prevaleva sul terroir, e favorendo in critica e consumatori, i vini opulenti e muscolosi.
Questa la parte sul passato, non esaltato e neppure rinnegato, semplicemente superato, dagli eventi e dal gusto, del futuro, appunto.
Le slide successive ci accompagnano nel gusto che dagli anni 10 in poi, (l’era post aughts potremmo dire), in cui cambiamenti climatici e cambiamenti nel sentire del pubblico hanno visto emergere le tendenze che ora dominano il mercato, dall’emergere della così detta “scena naturale”, al movimento anything but chardonnay, e l’enfatizzazione delle storia, e degli areali “classici”.
Come sono quindi i rossi del futuro, e in parte, del presente, secondo Pietro Russo MW?
Più scarichi nella dimensione visiva e aromatici all’olfatto, di gradazione alcolica abbastanza bassa, privilegiano il singolo cultivar rispetto ai blend sono fortemente connotati dal luogo di origine.
Queste tassonomie stilistiche hanno portato alla ribalta, in tutto il mondo vitigni un tempo considerati, “minori”, e relegati alla categoria umiliante di vitigni “uve da taglio”, il Grenache in Spagna, il Cabernet Franc nella Loira, il Trousseau in Jura, passando per il Cinsault in Sud Africa.
E l’Italia? Quali sono i vini del futuro del vigneto italiano?
La batteria dei vini proposti non lascia dubbi, l’Italia ha tante carte da giocarsi negli scenari futuri del mondo enologico, sempre che ci sia ancora un mondo enologico nel futuro.