Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
L'intervista

Chiara Soldati: “Mio padre il primo a credere nel Cortese. Gli diedero del folle, ma…”

24 Ottobre 2024
Chiara Soldati Chiara Soldati

Abbiamo avuto occasione di scambiare alcune impressioni sulla situazione attuale e futura del mondo del vino e di parlare dell’Azienda La Scolca con Chiara Soldati.

Come sappiamo il mondo del vino ha una preponderanza di proprietà a guida e la presenza femminile non è stata sempre facilitata, ci vuole raccontare la sua esperienza? Ci sono stati solo ostacoli? E ha trovato differenze nel modo di porsi in Italia ed anche all’estero?
“Ho cominciato 30 anni fa ed allora la presenza era sicuramente sbilanciata verso il genere maschile, ma essendo figlia unica, ho sempre fatto quello che avrebbe fatto un figlio maschio per la sua azienda. Nella mia squadra la presenza femminile è al 50% ed il mio metro di giudizio rimane il merito. Fu un effetto sorpresa all’inizio negli Usa, dove sono molto tradizionalisti, ma ho sempre presentato con rigore il mio profilo professionale”.

Come vede e spiega il suo successo all’estero?
“Sono anni dove non vale più l’improvvisazione. Il segreto del nostro successo, è che in momenti molto complessi si effettua una profonda analisi dei dati economica e geopolitici di tendenze future con selezione dei paesi con i dati micro e macroeconomici”.

Gli scenari politici internazionali stanno evolvendo verso conflitti che di sicuro non aiutano le aziende all’export, come stanno virando le vostre strategie commerciali?
“Questo momento crea un’incertezza, sia politica che nei mercati finanziari, in cui vediamo una grande volatilità, oltre che una grande apprensione per quello che sta succedendo. Quello che io vedo, è che i buyer prediligono il marchio riconosciuto che dà la sicurezza”.

Suo papà ha creato la Doc nel 1974 e ha voluto la Docg nel 1998. Qual è il suo punto di vista sulla gestione della denominazione Cortese di Gavi Docg?
“Ricordo sempre con orgoglio quello che papà ha fatto per il Gavi. Rimane una denominazione moderna che può dare grandi risposte al mercato con tutte le anime che ha al suo interno, noi continuiamo a crederci. Lui, d’altronde, fu il primo, negli anni ’70 a produrre spumanti Metodo classico con il Cortese”.

Alla luce di quanto avviene in Francia dove si incentivano gli espianti per far fronte alla sovrapproduzione e alle mancate vendite, e alla diminuzione dei consumi, in Italia si sopperisce con la distillazione obbligatoria, cosa pensa della produzione dei vini senza alcol o di quelli low alcol?
“Ritengo che l’espianto sia una extrema ratio a cui non bisognerebbe arrivare innanzi tutto perché il rischio dell’espianto è quello di creare l’abbandono delle zone rurali, e questo crea un grosso problema sociale. Poi abbiamo il discorso purtroppo di alcune realtà che hanno problemi di eccedenza. La risposta può essere quella dei dealcolati e dei low alcol in cui io credo, avendo un low alcol, con 9,5%. È nuovo segmento in cui vedo delle grosse prospettive. Il mondo del vino si deve anche adeguare ai cambiamenti, il mondo non è stato sempre monolitico, esiste un progresso che può piacere o no”.

Quattro generazioni, 105 anni di storia, ma che già si proietta nel futuro con la quinta generazione con suo figlio il giovanissimo Ferdinando Caracciolo di Vietri, che è già attivo in azienda.
“Ferdinando è già entrato alcuni anni fa cominciando nel periodo estivo ancora liceale a lavorare in cantina. Ha già fatto due vendemmie compatibilmente con i suoi studi, ora sta terminando con la facoltà di economia e commercio business administration, per dare un senso e applicazione a quelli che sono i suoi studi. Io mi rivedo in lui dopo queste mie 30 vendemmie in un percorso di crescita di ascolto, con gli spunti molto interessanti che vengono da una generazione contemporanea che capisce anche quella parte di mercato sulla quale tutti si interrogano e che è importantissima, ecco quindi avere nella squadra un under 25 che interpreta e raccoglie anche gli stimoli di questa nuova generazione del presente e dei futuri consumatori è molto interessante”.

In una regione nota principalmente per i vini rossi, investire in vini bianchi, all’epoca era considerato quasi un sacrilegio, come in tante altre storie italiane, il tempo però ha reso giustizia a chi allora ha fatto questa scelta, ed ha creato una tendenza che ha poi trascinato tutto il territorio, possiamo dire che la lungimiranza è un po’ nel sangue della famiglia Soldati?
“La nostra famiglia è stata sempre anticonvenzionale e lungimirante, c’è stata questa visione di riconoscere in questo territorio argilloso di marne, di tufo un territorio adatto a creare uno stile come i grandi bianchi francesi, e così è stato. Abbiamo scelto questo territorio credendo ed investendo in questa utopia, in questo sogno ed è quello che ha attraversato tutte le generazioni che si sono succedute in questi 105 anni, papà negli anni ’70 ha iniziato a produrre 100% Cortese. Passati poi ai lunghi invecchiamenti, scelte coraggiose controcorrente sempre un passo prima degli altri, e questo rimane nel nostro Dna”.

A proposito di lungimiranza il nome La Scolca trae ispirazione dall’antico toponimo “Sfurca”, che significa “guardare lontano”.
“È vero la cascina sorgeva in passato in questo luogo che era una postazione di vedetta, in questo nomen omen ci ha accompagnato ed è stato benaugurale”.

I vini bianchi, bollicine comprese, soffrono della richiesta di consumo immediato del vino appena imbottigliato, negli ultimi tempi però molti stanno virando verso vini con qualche anno sulle spalle apprezzando il gran potenziale d’invecchiamento. Il Cortese è uno di questi.
“In Piemonte siamo stati gli apripista del vitigno Cortese da invecchiamento, come oggi abbiamo nel nostro listino un 2011 vino fermo ed un 2012 spumante, questo trend ha incuriosito altri, ma rimaniamo gli antesignani di questa scoperta, e fa piacere di vedere che poi si suscita interesse e curiosità”.

La Scolca ha avuto sempre un occhio di riguardo al rispetto dell’ambiente e alla tutela del territorio, nonché all’impatto ambientale e alla valorizzazione delle risorse naturali, quali sono le azioni che l’Azienda introduce per l’innovazione e la sostenibilità?
“Siamo certificati sostenibili da due anni, abbiamo quasi raggiunto l’indipendenza energetica con il fotovoltaico, abbiamo realizzato un impianto di recupero delle acque già due anni fa con una tecnologia molto sofisticata per ridurre al massimo il consumo delle acque, e c’è un’attenzione nella scelta dei materiali di consumo e confezionamento. Abbiamo anche adottato l’alleggerimento delle bottiglie per contenere l’emissione degli idrocarburi nel momento delle spedizioni. Non usiamo prodotti chimici nel vigneto, usiamo concimi naturali, tutta una serie di accorgimenti importanti.

Come vede nel futuro, non per la sua azienda in particolare, la tendenza del vino?
“Vedo tre grandi sfide: cambiamenti geopolitici, climatici e una demonizzazione crescente del vino, vedremo l’anno prossimo a settembre quando ci sarà l’Assemblea plenaria dell’Onu si andrà un po’ a decidere sul futuro dell’agroalimentare mondiale. Credo che il vino non debba essere visto solo come una bevanda. Non sarà una partita facile, ma una partita possibile, nella quale dovremo difendere e costudire e guardare al futuro”.

Cosa ne pensa della proposta della Uiv sulla possibilità di accedere ai fondi inutilizzati l’anno precedente e trasferirli all’anno successivo e l’estensione delle politiche di Promozione anche in ambito comunitario e non più solo sui mercati terzi, oltre a una maggior semplificazione delle regole del gioco?
“Sicuramente l’Europa ed il Governo devono essere attenzionati sui problemi dell’Ocm e della nostra filiera. L’Ocm è un tema di grande attualità, e se ci fossero delle aperture ben vengano comprese quelle di semplificazione. La questione dell’allargamento oltre che sui Paesi terzi anche in ambito Comunitario potrebbe essere un’ottima opportunità, guardando anche alla nuova geopolitica adeguandosi ai nuovi scenari”.

È passato quasi un anno e mezzo da quando è stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Mattarella come stai assaporando questa nomina?
“L’impegno è ancora maggiorato perché mi sento ancor più responsabile di essere testimonial ambasciatrice non solo del mio marchio ma in generale del comparto, ed in generale di quello che sono le sfide all’ordine del giorno”.

I suoi progetti futuri, ha già qualche novità nel cassetto pronto da realizzare, sia per quello che riguarda l’Azienda che di quello personale?
“A livello aziendale stiamo sviluppando molto bene la parte relativa all’incoming, al wine experience, con il nuovo hospitality manager con il quale stiamo facendo un bellissimo lavoro. C’è anche un progetto che non è ancora ufficiale, ma lo sarà presto relativo ai cento anni dalla morte di Mario Soldati, un progetto che sto seguendo con la famiglia di Mario e quindi presto ci saranno diversi e tanti spunti per ricordare quello che ha fatto per il mondo del vino ed in generale per l’enogastronomia”.