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L'azienda

Il limoncello… sott’acqua: a Napoli l’Antica distilleria Petrone “affonda” 450 bottiglie del suo liquore

30 Settembre 2024
Andrea Petrone Andrea Petrone

Se leggenda vuole che il più famoso castello di Napoli sia retto da un solo uovo, oggi a fargli compagnia in quei fondali del golfo partenopeo anche 450 bottiglie di limoncello prodotte dall’Antica distilleria Petrone. Azienda del basso Lazio che, tra Sessa Aurunca e Mondragone, dal 1858 distilla i prodotti della sua terra tra liquori di mela, limoni, liquirizia, noci per arrivare anche alla distillazione del latte di bufala e di amari ottenuti dall’infusione di erbe coltivate nel Real Giardino Inglese della Reggia di Caserta. “E’ una sfida underwater per il nostro limoncello” dice Andrea Petrone, Ceo dell’azienda, che porta così i suoi limoni dalle pendici montuosi della riviera domizia agli abissi marini del Golfo di Napoli. Così è stata sommersa, tra terra e mare, una cassa di 450 bottiglie nei fondali antistanti l’antico borgo di Santa Lucia. Il tutto reso possibile grazie alla collaborazione del Comune di Napoli, della Guardia Costiera e della Marina Militare.

“Resterà per circa un anno ad una profondità di 15 metri” questo il progetto di cantinamento sottomarino del quale Petrone sembra molto fiducioso, forte di un primo, già riuscito esperimento con l’amaro Elixir Falernum riportato da pochi mesi in superficie dopo un anno di affinamento nelle acque sommerse al largo di Mondragone. “Ha sviluppato una maggiore consistenza e densità, arricchendosi di sfumature inedite rispetto ai campioni che hanno subito un affinamento per così dire tradizionale”. Pur non essendoci evidenze del tutto certe, sembra, infatti, che le correnti marine tenendo al riparo le bottiglie dalla luce, dall’ossigeno, ma anche dai movimenti dettati dalle fasi lunari, siano in grado di assicurare una temperatura ideale per i liquidi in affinamento. Ipotesi in attesa di conferme e “proprio per questo è stato avviato un programma di ricerca in collaborazione con il dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II con l’obiettivo di evidenziare gli effetti specifici della pressione, del buio totale, dell’assenza di suoni e della temperatura costante sui liquidi”.

Il progetto ha, però, quel qualcosa in più che lo rende ancor più speciale, a coadiuvare le operazioni di sbancamento sul fondale marino sono stati infatti i ragazzi dell’Area Penale di Napoli. “Sono giovani che fanno parte del programma Bust Busters MareNostrum, promosso dal Dipartimento di Giustizia Minorile della Campania insieme all’Associazione Archeoclub d’Italia, con lo scopo di offrire loro una conoscenza sul patrimonio geologico, ambientale e storico dei fondali” dichiara Rosario Santonastasio, presidente Archeoclub d’Italia. E ad Umberto, uno dei giovani detenuti, poco più che maggiorenne, il mare gli piace molto e sta studiando per prendere il brevetto di subacquea e “poi andrò a Roma, perché ho vinto una borsa di studio nell’ambito del progetto per diventare operatore tecnico subacqueo”.