Come nel libro biblico che racconta la creazione del mondo, nella “genesi del gusto”, c’è il Dna del loro universo. Che ruota tutto attorno, e comincia, e arriva, a un unico luogo: Catania. È il “liotru” – simbolo della città, alfa e omega della loro parabola professionale – a ispirare le loro ricette, sempre più sofisticate ma servite con la semplicità delle putìe in via d’estinzione del centro storico. Ma è la febbre della sperimentazione – con la ricerca spinta a parossismi da laboratorio molecolare – a portarli oltre, oltre la ripetitività rassicurante di una pizza o di una perfetta pasta alla norma da trattoria. Lele Scandurra e Manuel Tropea: una antica amicizia che ogni tanto diventa effetto speciale di eventi gastronomici a quattro mani, cioè quando il creativo degli impasti, patron di L’evoluzione Pizza fa coppia con lo chef del fine dining Concezione. L’ultimo show, C351 – indovinate perché lo hanno chiamato così? – è stato l’altra sera a Catania, sotto le luci a campana di L’Evoluzione, in via Quintino Sella 14, con un menù che si è snodato tra gli impasti e le pluricotture di Lele e i piatti signature di Manuel. “Due giovani talenti che scommettono sul futuro di Catania – c’è scritto sul menù poggiato su ogni tavolo – condividendo la loro visione attraverso piatti che raccontano storie di amicizia, tradizione e innovazione. Un omaggio a Catania, realizzato da catanesi, per i catanesi”.
E i due hanno osato e sparigliato, tra forno e cucina – non curanti di qualche perplesso commensale – mixando le specialità di ciascuno in una proposta menù che più rossoazzurra non si può. Lele – ex fattorino per le pizzerie d’asporto di Librino, uno dei quartieri difficili di Catania, oggi titolare pure della fortunata Friggitoria popolare, hub dello street food nella Pescheria – con le farine, i lieviti, gli impasti che crescono come la sua tenacia, e Manuel – che da un altro quartiere popolare, Picanello, con una enorme Catania tatuata sul petto, ha dato la scalata alle menzioni Michelin, usando il micrometro come ordine di misura nei condimenti poveri ma identitari che utilizza nei suoi piatti della tradizione. La “Chiacchiera salata con capuliato di pomodoro secco e maionese di tenerumi”, come entree, poi la “Pizzetta in tripla cottura & good morning in Catania” dove il buongiorno sta per: “battuto di fichi, gelatina di fichi d’India, polvere di fico pala, vongole, acqua di vongole glassata, cedro candito, glassa di pomodoro datterino, cagliata di mandorle amare e polvere di bucce di melanzana”. Non da meno la “Contemporanea norma alla brace” ma mai come il vero volo pindarico del “Doppio crunch che sognava di essere una cipollina”, con la riduzione dei sapori tipici del più succulento pezzo di rosticceria tipica catanese magistralmente ottenuta da Manuel Tropea a guarnire uno dei più riusciti impasti di Lele Scandurra. Probabilmente troppo ardito per essere apprezzato pienamente, l’accoppiamento estremo del “Crumble di pane al farro e sale di Trapani , olio al peperoncino & gelato con susine e cavolo viola” che ha aperto il dibattito sul “famolo strano in cucina” tra i diversi ospiti nel ristorante sold out, poi placato da un più rassicurante – anche per il richiamo ancestrale del piatto – “Pane e minnullata”, gran finale di menù con la suprema fragranza del pane al cioccolato e l’amalgama inedito quanto semplicissimo di Pizzuta di Avola e acqua. Menzione speciale per il sommelier Massimo che ha retto perfettamente la prova di abbinamenti tanto estremi e fantasiosi con la sua carta dei vini e delle birre sempre prodiga di novità.
A fine cena, resta però da chiarire l’arcano del titolo, quel C351 scelto come egida unificatrice dei due talenti “marca liotru”. A ben pensarci, era facile: C351, come il finale del codice fiscale di chiunque sia catanese doc come loro.