Dopo aver resistito a varie ondate di salutismo che negli ultimi anni hanno preso di mira alcuni degli ingredienti imprescindibili della sua ricetta (un po’ contro gli zuccheri, un po’ contro l’olio di palma), Nutella ha ceduto. La Nutella vegana è senza latte: al suo posto, farina di ceci e sciroppo di riso. Così, chi sceglie una dieta senza cibi di origine animale (come anche chi è intollerante al lattosio) potrà mangiarla. Quando alcuni anni fa era scoppiata la guerra all’olio di palma, Nutella aveva resistito: necessario per la cremosità del prodotto, l’olio di palma non poteva essere eliminato. E così Nutella aveva fatto persino alcuni spot ad hoc in cui si spiegava come l’olio di palma di Ferrero provenisse da fonti ecosostenibili e fosse sicuro per la salute. Mentre molti marchi dell’industria alimentare producevano e gridavano a gran voce sui loro packaging di aver eliminato l’olio di palma, divenuto improvvisamente un nemico numero uno dell’ambiente e della salute, Nutella non aveva battuto ciglio.
Segno che quella dell’alimentazione plant-based è più di una moda (che solitamente comanda con la stessa velocità con cui scompare), è un cambiamento più importante dei consumi e dei gusti, direi strutturale, che tende verso il futuro. Ormai tante categorie di prodotto e tanti brand tengono conto di diete vegetali e hanno creato linee ad hoc: creme, biscotti, gelati, ma anche cosmetici, abbigliamento, accessori e scarpe. Le diete infatti, soprattutto quando non sono solo dimagranti ma si fondano su scelte etiche e sociali più ampie, implicano un cambiamento delle scelte a tutto tondo.
C’è da dire inoltre che il costo di un barattolo di Nutella vegana sembra sia piuttosto alto, ma, si sa, il prezzo è valore e soprattutto è esso stesso mezzo di comunicazione. Si dice anche che il sapore non sia lo stesso (noi l’abbiamo assaggiata, leggi questo articolo>) e che a cambiare siano stati anche alcuni aromi, dunque che si tratti prevalentemente di una imitazione (nutella che imita se stessa pur essendo la crema alle nocciole più copiata al mondo). È un tema che ritorna sui cibi vegetali, ovvero che siano copie di quelli di origine animali (carni, hamburger, formaggi vegetali etc.) che sarebbero il “vero” sapore. Più che altro, a ben pensarci, si tratta di un “altro” sapore, combinazione di ingredienti differenti, sapori a cui siamo meno avvezzi, ma a cui non è detto che non ci si abituerà. Il costo è dunque legato al valore della possibilità futura che la Nutella vegana (o altri simili) offre.
Nutella nel frattempo è diventata anche un marchio ombrello con tanti prodotti al suo interno (anche per contrastare concorrenti): il gelato, le merendine, gli snack, i biscotti ripieni… Nutella vegan non sembra essere qualcosa di simile, una declinazione della crema, una sua trasformazione in qualcos’altro di godurioso (dentro un biscotto, un pancake, una cialda di pane come il B-read). È la traduzione di tutto quello che si può fare con Nutella, ma in un’altra versione: l’importante è poter sempre affondare il cucchiaio nel barattolo…
E infine il tappo, verde ovviamente. Verde simbolo di naturalità, utilizzato da tutti i brand mainstream per le proprie linee bio e vegan, è passato dall’essere segno di pochi (quando ancora i negozi bio erano piccole botteghe costosissime e allestite alla bell’e meglio) a segno comune, stereotipo di biologicità su tutte le linee organic e vegan (mescolando le due cose che sono completamente diverse). Non cambia solo il tappo, ma anche il colore dell’etichetta: non più bianca ma beige, che imita la carta grezza, la iuta, l’imperfezione dei tessuti naturali. Una strategia visiva già vista moltissime volte in tanti altri prodotti percepiti come più vicini alla natura. Nessuna creatività comunicativa, forse, ma sugli scaffali del supermercato, tra le altre creme alla nocciola imitatrici, quel verde così acceso, poco naturale e molto artificiale, spiccherà senz’altro.