Leggerezza e pesantezza sono entrambe legate ad una filosofia di vita. Bisogna però fare una scelta. Fin troppo spesso ci dimentichiamo l’importanza di alleggerirci le spalle dai pesi che ci trasciniamo, come fagotti che finiscono, a lungo andare, per essere percepiti come confortevoli, tanto da opporre resistenza al loro rilascio. Starete pensando cosa tutto ciò abbia a che vedere col vino. Vi rassicuriamo: siamo un giornale di enogastronomia e non stiamo facendo una lezione di psicologia (non è un ambito che ci riguarda), ma il concetto del radicamento a ciò che per anni è stato considerato “importante”, tanto da faticare al cambiamento di rotta, è assimilabile ad un modo di fare il vino che è ancora presente.
Esistono più scuole di pensiero. Ci sono i fan del “potente e ricco”, figli di un’opulenza legata al passato, e quelli della leggerezza, abbinata all’eleganza, che in gran parte è più al passo con le tendenze di consumo del mercato attuale. Parliamo, in particolare, dei vini del Sud Italia che in alcuni paesi europei sono ancora percepiti come “too much” (troppo, dunque pesanti). Uno di questi Paesi è la Norvegia. Ne abbiamo parlato con Eirik Sand Johnsen, redattore della rivista Vinforum, la principale rivista sul vino dello stato europeo più settentrionale, che forse è per tanti versi distante dal Sud Italia, ma che rappresenta un mercato da tenere in grande considerazione.
Eirik, 41 anni, è originario di Oslo. È entrato nel mondo del vino come scrittore circa 20 anni fa, durante gli studi WSET. Ha lavorato nell’importazione di vini pregiati dalle regioni europee classiche prima di diventare redattore. Scrive e parla di vino, viaggia molto, incontra coltivatori e viticoltori e recensisce migliaia di vini ogni anno; trascorre buona parte dell’anno nel nostro paese sia per lavoro che per piacere. Un attento e sensibile osservatore, come rivelano le sue fotografie, così dettagliate e dense.
Il Sud del bel Paese, per lui, è pieno di carattere, amabile per il patrimonio culturale, paesaggistico, per il calore delle persone, per il buon cibo, per il vino e per l’atmosfera. Ma quando si parla dei vini e della percezione del vino italiano nel suo Paese, Eirik è diretto e sincero: “In Norvegia il vino italiano ha personalità, tanto quanto quello francese. C’è molto interesse. Certamente ce n’è per il Piemonte e per il Veneto, le regioni più presenti. In generale, l’impatto del vino italiano sul mercato è dunque forte. Non ci sono problemi in termini di attenzione e di rispetto. E le persone hanno conoscenza delle diverse regioni italiane del vino”. E fin qui siamo compiaciuti, ma un discorso a parte, riguarda il Sud Italia. “Se parli con sommelier e professionisti ti dicono che la Sicilia è una grande regione vinicola, ma più in generale il Sud Italia ha qualche problema a penetrare il mercato norvegese a causa dello stile dei vini. Per esempio, i vini calabresi e quelli pugliesi faticano perché sono ancora oggi più impostati sulla potenza, sulla ricchezza, con gradazioni alcoliche elevate. La Sicilia è la regione del Sud Italia preferita, ma soprattutto l’Etna, per una ragione stilistica, a prova del fatto che bisogna cercare di più l’eleganza e la leggerezza per accedere al mercato norvegese e nordeuropeo”.
Possiamo considerare il suo punto di vista, come un invito a scegliere una specifica direzione, dato che il giornalista tesse anche le lodi dell’Italia del Sud per l’estrema varietà dei vitigni e dei suoli. “Ci troviamo davanti a vini che nascono in zone calde, ma molto cool e di forte personalità. Penso che quello che è accaduto sull’Etna sia speciale; a giocare un ruolo determinante è stato il mix dato dalla natura, dalla qualità prodotta, dall’approccio culturale che ha permesso di inserire i vini etnei sul mercato dell’alta qualità mondiale”.
Che piaccia o no, l’Etna dunque continua a giocare un ruolo da leader nel campionato mondiale dei vini. Un apprezzamento particolare però va ai bianchi del Sud Italia. “Il concorso vinicolo Sud Top Wine di Cronache di Gusto – dice il giornalista – è stato interessante perché ci ha permesso di degustare moltissimi vini, di imparare di più. Ciò che è emerso, secondo me, è che oggettivamente stiamo parlando di aree vinicole calde, ma trovo che in questo momento i bianchi siano più in forma. Vi ho trovato un maggiore feeling”.
Su eventuali consigli da dare ai vignaioli, Eirik non si dilunga molto: “Non penso di essere nella posizione di dare consigli oggettivi, ma credo che si debba continuare a lavorare per proteggere le specifiche qualità delle varietà, dei territori e per cercare l’eleganza nei vini, lasciando andare la potenza, l’alcol, la dolcezza; credo che si debba tornare alla purezza delle origini delle specifiche varietà, ma con stili più contemporanei. Il modo di fare alcuni vini spesso non si allinea con la domanda del mercato. Lasciamo perdere anche le bottiglie pesanti”.