E’ una storia di passione. Per il mondo del vino, certo. Ma anche per l’agricoltura in generale. Ecco come nasce l’azienda Il Moro di San Giovanni, situata nell’area di San Giovanni d’Asso, Montalcino e Monticchiello, in Toscana. Una storia di una famiglia, i Cameli, che con il vino c’entrava poco (erano armatori), ma che hanno iniziato a lavorare nel “mondo di Bacco” proprio per la loro passione per il mondo enologico. Loro, i Cameli, appunto, negli anni ’60, si dedicavano già alla produzione di vino, sia in Toscana che Piemonte. In particolare, nel primo caso il ramo piemontese si distingueva per il Bianco Mimosa, una bella interpretazione del Viognier in un’area dominata dal Barbera. Parallelamente, il ramo toscano imbottigliava una Vernaccia di Pietrafitta di ottima qualità. “Per anni il vino è stato una presenza discreta e costante nella storia della nostra famiglia, una passione che abbiamo sempre apprezzato e di cui abbiamo goduto di riflesso, grazie all’intraprendenza e alla tenacia di persone a noi molto vicine”, dice Coca P.K. Cameli, proprietaria dell’azienda con il figlio Francesco. Il ramo piemontese dell’azienda passò di proprietà, ma come spiega Coca P.K. Cameli, “mio marito e io scoprimmo che era difficile accettare di staccarsi da quell’attività che sapeva anche di storia, tradizione e convivialità. Talmente difficile che anni dopo nessuno dei due ebbe la minima esitazione a rituffarsi nella stessa avventura. E galeotta fu la Toscana”.
Il podere Il Moro si trovava, come racconta Coca Cameli, “in un deserto bizzarro di argilla e rivoli d’erba, adagiato nel cuore delle crete senesi e ci innamorammo del posto al punto che per entrambi il riflesso immediato fu quello di fare un rapido calcolo: ettari di terreno circostante che sarebbero bastati per piantare nuovi filari di viti e tornare insieme a produrre vino, a condividere quell’avventura che aveva accomunato le nostre famiglie. Impossibile resistere, pochi giorni dopo il Moro era nostro e la nuova sfida fu quella di orientarsi non su vitigni autoctoni, ma internazionali”. Siamo nel 2002 quando rinasce Il Moro. A guidare il nuovo progetto viene chiamato nel 2003 l’amico Andrea Franchetti, che consiglia di impiantare vitigni internazionali come Cabernet e Petit Verdot su una superficie iniziale di 5 ettari. L’anno successivo viene aggiunto un ettaro di quest’ultimo vitigno nella zona di Monticchiello, caratterizzata da un microclima particolarmente adatto. Nel 2006 ha luogo la prima vendemmia, mentre nel 2010 entrano nel team l’enologo Mauro Monicchi e l’agronomo Donato Bagnulo. In cantina Luca Noferi, segue i vini fino alla maturazione.
L’azienda ha una grandissima attenzione alla sostenibilità ambientale e al rispetto della natura in tutte le fasi della produzione, al fine di ottenere piccole quantità di vini d’eccellenza. Per la gestione del suolo vengono messe in atto pratiche di inerbimento spontaneo alternato a sovesci calibrati, i continui monitoraggi di campo e l’utilizzo di biologicals e microbials consentono di ridurre al massimo prodotti di sintesi e/o rame e zolfo. Oggi l’azienda, oltre alla produzione vitivinicola, offre anche ospitalità nelle dimore storiche della tenuta, restaurate nel pieno rispetto dell’ambiente circostante e al fine di garantire una piena esperienza conviviale e culturale ai propri ospiti. “C’è chi dice che essere circondati dalla bellezza influisca sui pensieri, i desideri, la vita, sono d’accordo – aggiunge Coca P.K. Cameli – La passione per l’arte, il vino e la musica mi accompagna da tanto tempo, ma la scintilla che ha portato con sé nuove idee e nuovi progetti è scaturita dai luoghi in cui li ho realizzati, luoghi magici con una pura energia positiva”. Abbiamo assaggiato le tre referenze dell’azienda: il Moro di Sangiovanni 2021 che ha anche conquistato la Medaglia d’argento a questa edizione del Concours Mondial de Bruxelles; poi Fiore di Sangiovanni e il Malafiore.