Savogno: 2.886 gradini nella montagna verso la Svizzera
Piccolo centro abitato del comune di Piuro, è raggiungibile solo a piedi grazie ad una storica e bellissima mulattiera di 2886 gradini. Il paese fu abitato sino agli anni ’60, in quanto importante punto di transito verso la Val di Lei, ma con il progressivo esodo verso i paesi della valle, divenne quasi disabitato. Attualmente solo qualche famiglia torna di tanto in tanto alla propria dimora originaria. Appare come un villaggio umilissimo che si aggrappa agli scogli del monte, entro una valle ripida che guida al vertice del monte Stella, il più alto culmine in Italia dopo il Monte Rosa.
Sensi coinvolti: l’udito con il rumore della acqua delle vicine Cascate dell’AcquaFraggia, la vista con il grigioverde colore del serpentino che pavimenta la mulattiera e ne delimita il tracciato, il tatto con gli elementi in legno della tipica architettura alpina ruarle.
Valchiavenna: I Crotti e il misterioso soffio del Sorel
Vere e proprie cantine naturali ricavate sotto a massi portati da antiche frane, i Crotti si trasformano in luoghi in cui gustare la cucina tipica, ma che conservano il proprio uso naturale, ovvero quello della stagionatura di salumi, formaggi e di maturazione del vino. Si tratta di vere prosecuzioni della roccia e, dunque, non ricavati esclusivamente sottoterra. In queste case perfettamente integrate nella natura spira il Sorel, ovvero una corrente d’aria che attraversa la roccia, soffiando a 8° costanti, in ogni stagione. Sono 3 gli elementi che lo distinguono: la sala, in cui si mangia e si beve, magari intorno ad un camino; il crotto vero e proprio, dove i prodotti vengono lasciati a maturare; l’area esterna con i tavoli di pietra, dove godere del fresco in estate. Sensi coinvolti: l’olfatto nel profumo minerale delle pareti rocciose, il profumo degli insaccati e dei formaggi costuditi al suo interno, l’udito stimolato della musica e del vociare delle persone, il tatto sollecitato dal dolce soffio del Sorel.
Novate Mezzola: Il tempietto di San Fedelino, un gioiello sulle rive del lago
È uno tra i luoghi più suggestivi e affascinanti di tutta la provincia di Sondrio, una della più preziose testimonianze dell’arte romanica in Lombardia, il monumento più antico della zona. Se ne sta là, silenzioso e solitario da oltre mille anni. Gli studiosi ne collocano la costruzione all’ultimo quarto del X° secolo e i suoi caratteri risultano straordinariamente anticipatori sia dei metodi costruttivi, sia decorativi. L´interno conserva i suoi preziosi affreschi solo nel semicatino absidale. Frammenti di colore, tuttavia, si trovano su tutte le pareti interne ed è lecito supporre che in origine fosse interamente decorato da un programma pittorico dai vivaci toni cromatici. Sensi coinvolti: la vista nella lettura dell’affresco, nel cercare di ricostruire con la fantasia le parti pittoriche mancanti dell’affresco; l’udito nella silenziosità del luogo; il tatto nello sdraiarsi sul manto erboso che circonda il tempietto e ammirare, con il naso all’insù, il procedere delle nuvole o l’arrivo, con le tenebre, di una costellazione in cielo.
La riserva naturale Pian di Spagna e lago di Mezzola: Una culla della biodiversità in Valtellina
Colico Pian di Spagna è la piccola pianura, area naturale protetta, estesa poco meno di 1600 ettari, posta alla confluenza della Valtellina e della Valchiavenna, tra il Lago di Mezzola e la porzione più settentrionale del Lago di Como. Area del tutto pianeggiante, è posta a circa 200 metri sul livello del mare. Nell’area del Pian di Spagna hanno origine tre gruppi montuosi dalle caratteristiche differenti: a nord-ovest le Alpi Lepontine, a nord-est le Alpi Retiche e a sud la lunga catena delle Alpi Orobie. Il paesaggio vegetale è dominato da canneti a cannuccia di palude, oltre a boschi misti di latifoglie, ampie zone agricole adibite a pascolo o appezzamenti a mais. Il vero patrimonio della Riserva è, però, costituito dagli uccelli, sia nidificanti sia, soprattutto, migratori, per un totale di 200 specie diverse. Sensi coinvolti: l’olfatto nel cogliere gli odori della vegetazione, della terra umida e del fieno che viene fatto essiccare per dare nutrimento agli animali in inverno. L’udito nei versi delle varie specie di uccelli e coglierne le diversità di linguaggio.
Valgerola: La Casa dell’Homo Selvadego, la leggenda è passata di qui
Nella Casa dell’Homo Selvadego si trova l’affresco di questo essere antropomorfo variamente raffigurato in diverse zone delle Alpi che risponde ad un mito dai retaggi celtici: le sue radici sono riconducibili alla preistoria indoeuropea. Rappresenta una metafora della natura, della vegetazione che nasce e che muore, degli animali che vanno in letargo e si risvegliano, che si ritrova anche nella rappresentazione del suo aspetto: un uomo ricoperto di peli, con capelli e barba lunghi vestito da foglie, corteccia d’albero o muschio o da pelli di animali con un bastone utile per difendersi e procurarsi cibo. Nelle rappresentazioni più antiche, è spesso raffigurato anche con corna di animali. Sensi coinvolti: l’udito nel voler cogliere nella memoria dei tempi il bisbiglio dell’Homo Selvadego, la vista nel trovarsi ad ammirare uno delle più belle rappresentazioni di questa figura misteriosa che è facile ritrovare in molti affreschi parietali in tutta la provincia di Sondrio ma non di egual bellezza come questa di Sacco.
Caiolo: Il volto nascosto della Valtellina
Le Alpi Orobiche nascondono una gemma incastonata tra i boschi, andarla a cercare sarà l’opportunità per scoprire il volto nascosto di queste montagne. Per via della sua caratteristica conformazione, infatti, il lato orobico della Valtellina per molti mesi l’anno resta escluso dal favore del sole, non troverai dunque i campi coltivati che altrove la Valle ti ha mostrato. La natura qui è un trionfo di boschi fitti e macchie di verde intenso su cui si erge, da un promontorio roccioso a picco sul torrente Livrio, la Chiesa di San Vittore. Non lasciarti intimorire, percorrendo una comoda mulattiera è possibile raggiungerla e visitarla. Ricorda che spesso l’apparenza inganna, per quanto si mostri all’esterno disadorna, questa chiesa conserva all’interno stucchi, dipinti e altari che ti sorprenderanno. Sensi coinvolti: L’udito nello scorrere impetuoso dell’acqua del torrente Livrio, che contrasta con il pacifico silenzio del luogo di culto e nel sibilo del dolce planare degli alianti che volano verso il piccolo eliporto di Caiolo; la vista con lo scorcio sui muretti a secco che attraversano la Valtellina costruiti con arte, patrimonio immateriale dell’umanità. Il tatto nello sfiorare le pareti rocciose e nell’accarezzare le foglie dei castagni nei cui ricci stanno germogliando i preziosi frutti autunnali.
Sondrio: Una città da guardare a passo lento
La via dei Palazzi si snoda lungo l’antico tracciato della Valeriana, la “Via di valle”, che attraversava Sondrio passando dal quartiere di Cantone, Vie Longoni, Angelo Custode e Lavizzari fino ad arrivare in Piazza Quadrivio. Lungo questo percorso si possono ammirare antiche case nobiliari con portali barocchi, androni voltati, balconcini in ferro battuto. Su Piazzetta Carbonera si affaccia l’omonimo palazzo, caratteristica dimora rinascimentale con porticato e loggiato su due ordini e facciata a losanghe graffite. In via Romegialli si possono ammirare l’ex Casa Romegialli, Casa Rajna, l’affresco di Pietro Ligari “L’incoronazione della Vergine” e le figure a fresco dei Santi Gervasio e Protasio, in prossimità del ponte sul Mallero. Sensi coinvolti: la vista nel cogliere la continuità architettonica dei palazzi come un lungo cordone che unisce l’intero impianto urbanistico. Il tatto nello sfiorare i muri perimetrali e cogliere la ruvidezza della pietra e la levigatezza degli intonaci. L’olfatto nell’annusare l’aria satura del profumo dei glicini in fiore che fanno capolino in fondo a qualche alla corte d’ingresso di una nobiliare palazzo. L’udito nell’immaginare l’antico rumore prodotto dalle ruote dei carri lungo il selciato, il cigolio dei portoni, il vociare della gente al mercato e delle donne al lavatoio.
Valmalenco: La miniera museo della Bagnada
Il museo ha riportato alla luce l’attività di miniera, un patrimonio che stava scomparendo, un’attività che è stata per lungo tempo protagonista della cultura delle “comunità malenche”. Si sviluppa su nove livelli, di cui quattro visitabili. Si possono osservare diverse tipologie di gallerie: filoni coltivati, discenderie, gallerie di servizio, camminamenti. C’è la riservetta, il locale che serviva per la conservazione degli esplosivi e per la preparazione delle cariche; al livello inferiore si ammira il Camerone il quale, grazie alla particolare acustica delle sue alte volte, ospita concerti e altri appuntamenti musicali. Sono visibili diverse attrezzature utilizzate nel lavoro di miniera e si assiste all’accensione delle lampade ad acetilene, la cui suggestiva luce accompagna i visitatori fino all’uscita. Sensi coinvolti: la vista nei giochi di luce artificiali, il tatto nello sfiorare le pareti rocciose, l’udito nel mettere alla prova la particolare acustica del Camerone.
Montagna in Valtellina. Il Castello di Mancapane nascosto dai boschi
Torre di Mancapane, si trova in posizione dominante a Montagna in Valtellina, ed è completamente immerso nella vegetazione, in prossimità del torrente Davaglione. Alta circa 21 metri, la torre, che probabilmente in origine aveva compiti di guardia e di segnalazione, presenta il muro nord addossato al lato verso monte del recinto, un modo per rinforzare il fronte più vulnerabile in caso di attacco e vegliare sul vicino Castel Grumello. Sempre per ragioni di difesa tanto l’accesso al recinto quanto quello alla torre risultano sopraelevati rispetto al terreno circostante ed erano raggiungibili tramite scale retraibili o piani ribaltabili. Il suo smantellamento fu ordinato dai Grigioni nel 1526.lo si raggiunge con una semplice passeggiata che permette di riconciliarsi con la natura. Sensi coinvolti: tutti, sia nella passeggiata di avvicinamento che nel sostare sul prato circostante e tramite la “la pace dei sensi” raggiungere uno stato di quiete.
Ponte in Valtellina. Cultura e universo in un solo abbraccio
Sin dai primi passi lungo l’antico acciottolato che pavimenta le strette vie di questo borgo si percepisce che i suoi abitanti e chi lo amministra vivono, da generazioni, la consapevolezza di trovarsi in una delle più belle realtà abitative della Valtellina, dove è persino possibile visitare su prenotazione un osservatorio astronomico, costruito qui in omaggio all’astronomo pontasco di fine settecento Giuseppe Piazzi. Il borgo si distingue per una particolare vivacità culturale, eredità dei Gesuiti giunti qui durante il dominio dei Protestanti Grigioni. Questa sensibilità culturale porta oggi gli abitanti a curarsi con orgoglio delle bellezze artistiche e architettoniche provenienti da una ricca e storica economia vitivinicola, la stessa che ha reso famoso il vicino borgo di Chiuro, riconosciuto come città del vino. Chiuro è raggiungibile percorrendo strette strade acciottolate di campagna, che un tempo venivano utilizzate per liberare i paesi dalle abbondanti acque temporalesche. Sensi coinvolti: l’olfatto, Nella bella stagione senti l’aria satura del profumo del fieno e delle fioriture. Addentrandoti in una delle storiche cantine, dove riposa solenne il nebbiolo di Valtellina, annusa il sentore dei legni delle botti e il profumo del vino in affinamento nel silenzio laborioso del tempo, vista: Osserva le stelle, dall’osservatorio astronomico o all’aperto sotto il cielo notturno, e fatti togliere il fiato dalla bellezza dell’universo e dal brillio delle stelle che risplendono sulle vette alpine, sugli alpeggi e i prati in fiore; udito: Ascolta il rintocco delle campane della chiesa Parrocchiale di San Maurizio che ogni ora scandisce con familiare rintocco il trascorrere del tempo
Teglio. Il Cristo Pantocatore dentro la Chiesa di San Pietro
La chiesa di San Pietro, costruita nell’XI secolo, si trova a pochi passi dal centro di Teglio. Presenta un’architettura romanica di stampo comasco-ticinese, in blocchi squadrati di pietra e sassi di fiume in letti di malta. La navata unica termina con un’abside a lesene e archetti pensili mentre il campanile è caratterizzato da tre ordini di bifore. Nel 1537 la chiesa passò ai protestanti che per ragioni di culto cancellarono con calce e intonaco tutte le decorazioni pittoriche, riscoperte e restaurate solo negli anni Ottanta. L’interno, sebbene molto spoglio, conserva, infatti, nella conca absidale affreschi tardo trecenteschi in cui domina la figura del Cristo Pantocratore, attorniato dai simboli degli evangelisti e dalle figure degli apostoli. Sensi coinvolti: la vista nel godere degli affreschi che sanno di storia, l’udito per il suono emesso dal campanile, l’olfatto nel respirare l’energia di un posto magico, il tatto nel toccare i blocchi di pietra e i sassi di fiume.
Tirano. Gli antichi sentieri del contrabbando
Questo itinerario ha fatto la storia: percorrendo, infatti, il versante retico della Valtellina tra i meravigliosi vigneti e le numerose frazioni e borghi si possono rivivere e attraversare gli antichi sentieri “del contrabbando”. Ricchi di storia e testimonianze, in passato furono percorsi da numerosi “tiranesi” costretti a portare a spalla da una parte all’altra del confine le merci che, secondo le varie epoche, erano convenienti da “contrabbandare” (perlopiù caffè e tabacco lavorato). In questo modo, si permetteva la sopravvivenza dell’economia della Media Valle e si cercava di porre un freno all’emigrazione dei residenti locali nelle varie parti del mondo. Sensi coinvolti: il tatto nel toccare le antiche pietre, la vista nell’osservare il ciclo di affreschi interni, l’udito nel cogliere il ronzio lontano della cittadina di Tirano, il brulicare dei visitatori sulla piazza del Santuario.
Grosio. Le donne e il loro costume tipico
Grosio è un antico borgo nel quale sono presenti diverse testimoniane artistiche, storiche ed archeologiche tra le più interessanti a livello provinciale, qui le tradizioni continuano a vivere grazie agli abitanti: gli abiti tradizionali e non solo, lo rendono una realtà a se nell’ambito valtellinese. L’origine del costume risale al secolo XVII, quando, per ragioni di lavoro, un gruppo di grosini emigrò verso Venezia, miscuglio di etnie diverse. Secondo la tradizione, una volta terminata la spedizione verso San Marco, gli abitanti ritornarono in patria, accompagnati da delle schiave armene, le quali servivano per ripopolare Grosio, devastata dalle scorrerie e dalla peste. Proprio in questo periodo, il povero costume grosino iniziò ad arricchirsi e a differenziarsi dagli altri dalla cura della lavorazione e dallo splendido gioco di colori. Le donne si vestivano con gonne finemente pieghettate, grembiuli di seta, cappelli di feltro ornati con piume di struzzo, orecchini ed anelli in oro e la croce, simbolo del cristianesimo. Sensi coinvolti: la vista è più volte sollecitata dai colori dei costumi, dagli affreschi che decorano la preziosa chiesa, l’olfatto nel cogliere il profumo della preparazione della pesteda, un insaporitore aromatico costituito da un battuto a base di aglio, sale, pepe, foglie di achillea nana e timo serpillo raccolto in Valgrosina e preparato secondo l’antica tradizione che viene tramandata, e segretamente custodita, di generazione in generazione.
Passo dello Stelvio. Le trincee della Guerra Bianca
Una fitta rete di strade, mulattiere e sentieri, per raggiungere gli avamposti, le trincee, le fortificazioni, nei luoghi più impervi dell’Adamello. Siamo ad oltre 3000 metri di quota, fra le vette dove si combatté la Guerra Bianca fra le truppe del Regno d’Italia e quelle dell’Impero austro-ungarico. Una guerra cruenta, combattuta sotto la neve, durata oltre tre anni e mezzo, durante i quali i soldati dovettero sopravvivere in condizioni ambientali estreme. Sensi coinvolti: qui i sensi concorrono per creare un’esperienza naturalistica ma anche una esperienza “umanitaria” nel provare ad immaginare la vita di lotta e di sacrificio dei soldati di trincea, di entrambi le fazioni, che con senso nazionalistico resistevano a condizioni, soprattutto invernali, proibitive.
Dighe di Cancano. La Chiesa errante di Sant’Erasmo
La Chiesa di S. Erasmo fu realizzata negli anni Trenta dagli operai che costruirono la diga di Cancano e faceva parte del piccolo villaggio realizzato per ospitare durante il periodo estivo la direzione dell’allora azienda elettrica di Milano. Con la realizzazione della nuova diga negli anni Sessanta, e con il conseguente innalzamento della quota d’invaso, la chiesetta fu accuratamente smantellata dal personale operativo, i mattoni furono numerati ad uno ad uno e il tutto fu ricostruito nella attuale posizione, che domina ancora oggi l’intera vallata. Sensi coinvolti: la vista nel godere del paesaggio naturalistico e nll’osservare la grande opera ingegneristica delle dighe, l’udito nel cogliere il vento che increspa, in particolari giornate, l’acqua in superficie, e nell’ascoltare lo stridio delle aquile; l’olfatto nella fioritura dei fiori d’alta montagna.