di Massimiliano Montes
Non tutti gli aromi del vino ci fanno sognare. Alcuni sono un vero e proprio incubo. Stappare una bottiglia amorevolmente conservata per anni e percepire il famigerato odore di tappo, oppure ordinare a ristorante una bottiglia tanto famosa quanto costosa e sentire odore di gomma bruciata è un duro colpo per il nostro sistema olfattivo, per la nostra immaginazione ed anche per il nostro cuore (inteso come sentimento, i cattivi odori ancora non sono causa di infarto).
L’odore di tappo. Fino a qualche anno fa si credeva che fosse causato da un’infestazione della corteccia, usata per produrre i tappi, da parte di un fungo, l’Armillaria Mellea. Oggi si sa che praticamente qualsiasi fungo e molti batteri, come Bacillus, Rhodococcus, Streptomyces, possono attaccare il sughero e degradare la “lignina” che lo compone. Le molecole prodotte da queste infestazioni non sono altro che i fisiologici metaboliti dei microorganismi, ed appartengono principalmente alla famiglia del tricloroanisolo e del guaiacolo. Il tricloroanisolo conferisce al vino un aroma di muffa e cartone bagnato. Il guaiacolo aromi di affumicato e farmaceutico. Anche quando non raggiunge la soglia di percezione, l’ “odore di tappo” causa un affievolimento di tutte le altre componenti aromatiche del vino, ad iniziare da quella fruttata. In questi casi il vino sembrerà piatto, spento, con componenti olfattive poco gradevoli e non molto percepibili.
Altri difetti causati dal tappo possono essere dovuti alla scarsa igiene nei luoghi di produzione e nelle cantine, o all’uso di prodotti disinfettanti a base di cloro che impregnano il sughero e i contenitori utilizzati per stoccarlo.
L’odore di ridotto. Con questo termine si definisce il classico odore di zolfo, gomma, gomma bruciata, o, nel peggiore dei casi, uova marce, causato da composti solforati. Il principale responsabile è l’acido solfidrico, prodotto del metabolismo batterico e dei lieviti. La fermentazione alcolica produce quantità molto piccole di acido solfidrico, al di sotto della soglia di percezione. La contaminazione del mosto da parte di altre specie di lieviti e di batteri, dovuta ad una scarsa igiene in cantina o ad un ritardo tra la vendemmia e la mostificazione, determina un’incremento della componente solfidrica al di sopra della soglia di percezione. L’acido solfidrico che permane per molto tempo a contatto con le fecce, i residui cellulari dei lieviti della fermentazione, può combinarsi con l’etanolo e con amminoacidi e produrre mercaptani, responsabili di un aroma “agliaceo” o di “cipolla”. Questi composti solforati determinano un grave difetto aromatico del vino, irreversibile e soltanto parzialmente correggibile con l’uso di rame o azoto gassoso.
Altra cosa è l’aroma conferito al vino dall’anidride solforosa, usualmente addizionata al vino per le sue proprietà antisettiche ed antiossidanti. La solforosa determina irritazione delle mucose ed un caratteristico odore di “pietra focaia” assimilabile all’odore che si sprigiona da un fiammifero appena acceso.
L’odore acetico (o “acescente”). E’ il tipico odore del vino del contadino, o del vino sfuso che negli anni passati era comune sulle tavole della gente. Gli aromi acetici sono causati da due molecole, l’acido acetico e l’acetato di etile. Sono il naturale prodotto della fermentazione. Al termine della fermentazione alcolica da parte dei saccaromiceti, che trasformano lo zucchero in alcol etilico, alcune famiglie di batteri “acetici” (acetobacter e gluconobacter) trasformano l’alcol etilico in acido acetico ed acetato di etile. L’acido acetico costituisce normalmente il 95-98% dell’ “acidità volatile” di un vino finito. Tutti i vini contengono una percentuale di acido acetico, ma questa deve rimanere sempre al di sotto dei 0,90 g/L per i rossi e di 0,65 g/L per i bianchi.
L’acido acetico determina difetti nel gusto del vino, causando sapori acri ed aciduli, e nella componente olfattiva, con il suo caratteristico corredo. L’acetato di etile invece conferisce al vino un aroma a metà strada tra l’acetone e lo smalto per le unghie. In genere i laboratori non dosano questa componente volatile, per cui un vino che formalmente ha valori di acidità volatile entro i limiti, potrebbe avere un’elevata componente etilacetica non dosata.
Brett. Dietro questo nomignolo ci sta’ quello che forse è il più insidioso, e meno conosciuto, difetto del vino. Il diminutivo deriva dal nome di un lievito parassita, il Brettanomyces, responsabile degli aromi Brett nel vino. La fermentazione ad opera del Brettanomyces avviene dopo 5-8 mesi dalla conclusione della fermentazione alcolica, perché questo lievito riesce a crescere sugli zuccheri che Saccharomyces non è in grado di fermentare. Può anche attivarsi anticipatamente in seguito ad anomali arresti della fermentazione alcolica. Le molecole responsabili dei difetti appartengono prevalentemente a due famiglie: etilfenoli e vinilfenoli.
Gli etilfenoli conferiscono al vino un caratteristico aroma di “stallatico”, che i manuali del sommelier definiscono come “sudore di cavallo” (anche se è difficile sapere che odore abbia un cavallo sudato).
I vinilfenoli (ma anche il 4-etilguaiacolo che è un etilfenole) un aroma farmaceutico e medicinale. La miscellanea dei due aromi è il tipico aroma Brett, che assomiglia all’odore di una benda o una garza usata.
Purtroppo questo difetto è poco conosciuto, ed a volte viene descritto come una caratteristica aromatica del vino anche da addetti ai lavori o da giornalisti enogastronomici.
La causa della crescita di Brettanomyces è da ricercare nella scarsa igiene in cantina. Questo lievito cresce tra le doghe di legno di botti e barriques in ambienti con scadenti livelli di igiene. I produttori convenzionali sopperiscono alla scarsa igiene con elevate dosi di solforosa, che ha un’azione antisettica e disinfettante, ma che conferisce aromi anomali al vino, ed ha un profilo di tossicità non indifferente. I produttori naturali, che per scelta non usano solforosa aggiunta, sono le prime vittime del Brettanomyces. In questi casi sarebbe auspicabile la massima igiene in cantina e lo smaltimento e la sostituzione di tutti i legni contaminati.
Ossidato o Sherry. L’aroma ossidato assomiglia all’aroma dei vini liquorosi, Sherry o Marsala. Compare a causa del prolungato contatto con l’ossigeno che determina un incremento di acetaldeide nel vino. La concentrazione di acetaldeide non dovrebbe mai superare i 90 mg/l. Di solito questo difetto aromatico si accompagna ad un mutamento del colore, che diventa più scuro e meno penetrabile. E’ facile riscontrarlo in bottiglie semiconsumate o lasciate aperte e conservate a temperatura ambiente.
I vini liquorosi possono avere un aroma ossidato, come loro caratteristica tipica. I vini con gradazione alcolica inferiore al 15% assolutamente no. Questo difetto è presente anche in maniera “nativa”, cioè come caratteristica non riconducibile ad ossidazione, in alcuni vini generalmente bianchi. In Sicilia si riscontra in alcuni bianchi vinificati da uve grillo molto mature del trapanese.
Madeira o maderizzazione. La “maderizzazione” di un vino avviene quando questo viene esposto a temperature superiori a 35°C. L’elevata temperatura catalizza processi di ossido-riduzione che conferiscono al vino il caratteristico aroma del vino liquoroso Madeira. Anche in questo caso il vino si intorbida leggermente ed il colore scurisce.
La ruota degli aromi del vino
Gusto di Luce (Goût de Lumière). E’ causato dalla errata conservazione delle bottiglie di vino vicino a sorgenti luminose. La luce catalizza una reazione tra l’alcol etilico e l’anidride solforosa, che è un prodotto della fermentazione ma che sovente è aggiunta a scopo antisettico ed antiossidante. Questa reazione determina la formazione di composti solforati molto stabili tra acido solfidrico ed etile. Tali composti conferiscono al vino un aroma simile a quello di ridotto.
La lista dei difetti del vino potrebbe anche essere più lunga, ma per nostra fortuna tante altre anomalie aromatiche si presentano con scarsa frequenza. Un consiglio per i lettori: scaricate e stampate l’immagine della ruota degli aromi. E’ divertente degustare un buon vino e giocare a riconoscerne gli aromi e, spero di no, i difetti.