Che l’Alto Adige sia considerato, per italiani e stranieri, una delle zone italiane con maggiore qualità vitivinicola è un’analisi consolidata, in particolare i bianchi di una delle valli altoatesine più famose, la valle dell’Isarco, sta esprimendo vini di alto potenziale. In questo caso abbiamo degustato alcuni vini della Cantina Valle Isarco. Nata nel 1961 da 24 famiglie, è la più giovane cooperativa vinicola dell’Alto Adige, oggi i soci sono 135 che coltivano 150 ettari di vigneti in 11 comuni, da Bolzano fino a Sud di Bressanone (Varna, Bressanone, Funes/Tiso, Velturno, Chiusa, Laion, Castelrotto, Villandro, Barbiano, Fié e Renon). Che la Cantina Valle Isarco sia diventata un punto di riferimento della viticoltura altoatesina ed anche italiana viene dimostrato anche dalle 950mila bottiglie prodotte, con 14 varietà (10 bianche, 4 rosse), per un totale di 31 etichette. A dare conferma della sua centralità il suo fatturato che è di 7,8 milioni di euro, di cui l’85% in Italia (la metà in Alto Adige) e per il 15% all’estero. Nel 2021 la cantina ha festeggiato i 60 anni della sua fondazione. Oggi il presidente, in carica dal 2010, è Peter Baumgartner, e il direttore generale Armin Gratl, che ricopre questo ruolo dal 2013.
La zona di produzione della Cantina Valle Isarco, che si estende a Nord fino a Novacella/Bressanone, comprende Chiusa/Sabiona e termina nella valle Isarco meridionale, con una grande varietà di condizioni geologiche e di terreni. “Abbiamo una varietà di microclimi e di vitigni molto interessante, distribuita su pendii aspri e versanti scoscesi, difficili da coltivare – spiega il direttore generale Armin Gratl – Terreni leggeri e poveri, pietrischi di origini glaciale e sedimenti fluviali, con basse rese intrinseche. Beneficiamo della notevole escursione termica fra giorno e notte dovuta alla vicinanza delle montagne, delle scarse piogge e dell’importante quantità di ore di sole nel corso dell’anno. Condizioni atipiche per un territorio alpino da cui la viticoltura trae grande beneficio. Coltiviamo 10 vitigni a bacca bianca e 4 a bacca rossa per un totale di 950 mila di bottiglie prodotte all’anno. Molti dei nostri associati sono davvero piccoli, hanno in media poco più di un ettaro e dedicano cura e attenzione altissime”.
La valle Isarco è forse la regione vinicola meno conosciuta dell’Alto Adige e quella con le potenzialità più belle. È per questo che Riccardo Cotarella, il più famoso degli enologi italiani, ha accettato la sfida lanciatagli dalla Cantina Valle Isarco, Eisacktaler Kellerei, che è andata a bussare alla sua porta per chiedergli di firmare i suoi vini a partire dalla vendemmia 2020. “Sono estremamente contento di questo nuovo incarico e molto positivo – afferma Cotarella – Ho accettato questa collaborazione con molto piacere, anzitutto perché l’Alto Adige è una delle poche regioni italiane che mi mancavano dove cimentarmi come enologo; in secondo luogo perché la ritengo una zona estrema in molti sensi, e unica, nel territorio, nei vitigni, nella mentalità di produzione, nella voglia di migliorarsi. A 72 anni bisogna avere motivazioni interessanti e qui le ho trovate, in questa cantina ci sono tutti gli ingredienti per poter mettere in campo una collaborazione piena di entusiasmo e di prospettive”.
Armin Gratl, aggiunge: “Abbiamo scelto Riccardo Cotarella per la sua grandissima esperienza nazionale e internazionale, nonché per la sua voglia di misurarsi con un territorio a lui fino a oggi sconosciuto, convinti che il nostro enologo interno Stefan Donà possa trarre da questa consulenza un grande aiuto per una crescita professionale che va dalla campagna alla cantina. Ci siamo dati dei tempi medio lunghi di collaborazione con Cotarella, non si tratta di una consulenza mordi e fuggi. Abbiamo stabilito assieme a lui un programma di lavoro pluriennale che coinvolga tutte le aree della cantina perché abbiamo intenzione di trarre giovamento a 360 gradi da questa collaborazione, non solo per noi, ma anche per valorizzare tutta la produzione vinicola della valle Isarco”.
L’obiettivo è, naturalmente, ambizioso: “Esistono le condizioni per riuscire a fare il vino migliore della valle – afferma Cotarella – Quanto prodotto fino a ora è già ottimo, per renderlo ancora più speciale, quindi, dobbiamo cercare minuziosamente dei margini di miglioramento, dobbiamo impegnarci tutti. Dobbiamo fare vini importanti, oltre che beverini. Questa cantina ha diversi motivi per fare vini molto personali: vigneti, esposizione, qualità intrinseca dei vitigni. Io sono assertore del fatto che il territorio sia importante laddove chi lo abita sa cosa significa valorizzarlo, ed è questo il caso, il territorio e i vitigni sono tutto: la cosa ancora più importante è l’approccio umano. Ritengo che non ci sia entità più predisposta a voler eccellere di una cantina sociale perché solitamente è mossa dalla voglia di dimostrare che non è solo un posto dove scaricare uva. Seguo circa 12 cooperative e ho trovato sempre questo spirito. Inoltre, una cantina sociale ha a disposizione una trasversalità umana e territoriale per portare a termine in viticoltura le sperimentazioni più importanti”.