La campagna pubblicitaria sull’incentivo al consumo di mandorle, noci e nocciole italiane promossa dal Ministero dell’agricoltura, in collaborazione con Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, in onda in questi giorni sulle reti televisive, non piace al Coordinamento Nazionale della frutta in guscio italiana.
Il Coordinamento, costituito tre anni fa per dare maggiore forza a questo comparto attivando iniziative comuni di tutela e valorizzazione, raggruppa quindici sigle, tra igp e dop, su tutto il territorio nazionale (come ad esempio la nocciola di Giffoni, la nocciola Piemonte, la noce Veneto, il pistacchio di Raffadali DOP).
“È necessario aggiustare il tiro di questa campagna – spiega il responsabile del Coordinamento, l’agronomo Ignazio Vassallo –. Lo abbiamo detto al Ministero che così non funziona. Noi avevamo proposto di fare pubblicità sui singoli prodotti, in maniera più specifica, per promuoverne la conoscenza e il consumo. Secondo noi l’obiettivo dovrebbe essere quello di far sapere che esistono determinati tipi di alimenti, per incentivare le famiglie all’acquisto. Inoltre bisognerebbe fare anche dei ragionamenti con medici, nutrizionisti, esperti che consiglino il consumo di frutta secca”.
Il Coordinamento chiede, insomma, qualcosa di più specifico che vada oltre il generico “Dentro c’è l’Italia”, recitato dallo spot in onda in questi giorni, pensato principalmente per esaltare il binomio prodotto-territorio di origine.
Il nostro Paese ha una produzione di frutta a guscio che interessa 76.482 ettari coltivati e si traduce in 1.295.326 quintali di prodotti così suddivisi: 27.670 quintali di pistacchi, 762.155 quintali di mandorle, 188.664 quintali di nocciole, 2.550 di noci e 8.815 quintali di carrube.
“La Sicilia, in particolare è l’unica regione ad averne più di tutti come varietà ed ettari coltivati”, aggiunge Vassallo che nell’Isola, per 35 anni, è stato dirigente dell’assessorato regionale all’Agricoltura, dove si è occupato proprio di frutta a guscio.
“All’estero, purtroppo, quella della frutta secca è diventata una agroindustria e i prodotti a basso costo che arrivano da altre nazioni sono ormai dominanti sul mercato”, aggiunge.
Accade così, come avevamo scritto qui, che non sia facile trovare prodotti italiani nei nostri supermercati, soppiantati da noci della California, pistacchi iraniani e nocciole turche. “Si ragiona su ciò che costa meno, a discapito della qualità – dice Vassallo –. Per questo noi suggeriamo di acquistare la frutta a guscio nazionale direttamente dai produttori o dai consorzi. La frutta secca deve essere buona e remunerare chi la produce”, conclude il responsabile del Coordinamento Nazionale della frutta in guscio italiana.