Anche nell’alcol come in tutte le cose, c’è una terza via. Se da un lato, la (night) life delle città si spacca sempre di più tra i boomers che continuano fieri a bere alcol e a socializzarlo su Facebook e la tik tok generation che in preda a spasmi di puritanesimo salutista afferma, con orgoglio di non bere, nel mezzo a gamba più o meno tesa arrivano i functional drinks. Questi promettono di regalare, senza conseguenze negative, quella piacevole sensazione di allegria, che di solito si prova dopo il secondo gin tonic.
Forse perché molti dopo l’ennesima sober date su Tinder conclusa senza nemmeno scambiarsi i numeri di telefono, o dopo l’ennesima serata tra amici, in cui la geopolitica aveva monopolizzato la conversazione già dal minuto uno, si sono resi conto che sì qualche liquido che alleggerisca parole e pensieri serve.
Cosa sono i functional drinks quindi?
Sono delle bibite analcoliche a cui sono stati aggiunti degli ingredienti di natura vegetale, che almeno in teoria dovrebbero provocare leggere alterazioni dell’umore e del mood, insomma come quello che fa un Crémant della Loira, ma senz’alcol.
L’idea è quella di avere gli stessi effetti dell’alcol ma senza ansia, hang over, baci random e messaggi whup sgrammaticati ad ex che vivono altrove, da anni.
Questi drinks border line, sono spesso nati da collaborazioni con case farmaceutiche e produttori di Energy drinks per lo sport. Utilizzano, caffeina, erbe, funghi, vitamine, probiotici, minerali e di solito sono a basso contenuto di zuccheri si presentano in packaging accattivanti, e sono sponsorizzati sui social da mega celebrity, che spesso hanno anche investito nel brand.