Più tutela per il Salice Salentino Doc: sono state già approvate le modifiche al disciplinare di produzione che risale al 1976, ora in attesa di ufficialità ministeriale. Tra i vari punti rivisti, si sposta la percentuale minima di Negroamaro, nei rossi e nei rosati della denominazione, passando dal 75% all’85%. I cambiamenti si pongono l’obiettivo di valorizzare sempre di più il vino più rappresentativo del Salento. “Tutelare i vini della nostra terra d’origine è proprio il compito che ci prefiggiamo con determinazione – afferma il presidente Damiano Reale – Per tale ragione le modifiche toccano alcuni punti per noi importanti. L’aumento della percentuale di Negroamaro nei rossi e nei rosati; il fatto che possano concorrere alla sua produzione uve di altri vitigni a bacca nera nella misura massima del 15% della superficie iscritta all’albo dei vigneti. L’aggiunta della Verdeca accanto a Chardonnay, Fiano, Pinot Bianco per il Salice Salentino Bianco. La produzione di Spumanti Metodo Classico da affinare almeno 12 mesi in bottiglia, di cui 9 sui lieviti. Mentre si prevede una riduzione a 18 mesi di affinamento per la menzione Riserva (di cui almeno 6 mesi in legno) e infine, la nascita del Salice Salentino Superiore Doc che prevede 12 mesi di invecchiamento”. Il Consorzio di Tutela, fondato nel 2003, oggi rappresenta ben 45 aziende associate, 786 vinificatori, 66 imbottigliatori, per 1.540 ettari coltivati, destinati alla produzione di 100 mila ettolitri di vino, frutto di 146 mila quintali di uva prodotta.
Con questa premessa e in attesa delle modifiche in corso di ufficialità ministeriale, vi portiamo a fare un viaggio virtuale nella terra del Salento, la parte sudorientale della Puglia, a tutti nota per i suoi paesaggi di incontaminata bellezza, per il suo mare cristallino, per la ricchezza artistica e monumentale e, senz’altro, per i suoi vini, capaci di riassumere l’anima di due mari (l’Adriatico e lo Jonio), l’incrocio di venti che accarezzano vecchie viti ad alberello e che insieme alla generosa luce solare donano alle uve un sapore inconfondibile e autentico. Siamo nei territori distribuiti tra le province di Lecce (Salice Salentino, Veglie e Guagnano), Brindisi (San Pancrazio Salentino e San Donaci) e parte del territorio comunale di Campi Salentina in provincia di Lecce e Cellino San Marco in provincia di Brindisi. Siamo nella terra del Negroamaro, vitigno per antonomasia del Salento, uva a bacca rossa a tratti difficile, ma in grado di esprimere una forte personalità e grande eleganza, se compresa e ben gestita dalla sapienza contadina, oggi sempre più attenta alla qualità e in grado di dare alla luce vini di alto pregio.
Riassumere in poche righe il Salento non è semplice: siamo in una terra in cui si sono incrociate svariate culture e in cui la produzione di vino è legata visceralmente a quella della comunità locale. Chi vi è nato lo sa e sa anche che il profumo del vino è un descrittore comune nella vita di molte famiglie salentine, di chi in quelle terre argillose e sabbiose ha coltivato e raccolto, con le proprie mani e per secoli, uve di Negroamaro, Malvasia Nera, Aleatico, per tanti anni utilizzate per il taglio di altri vini prodotti al Nord Italia o in Francia. Per lungo tempo, il Salento è stato considerato non a caso la “cantina d’Europa”. Oggi per fortuna le cose sono cambiate e i vignaioli salentini utilizzano le loro uve per creare i propri vini, figli legittimi delle loro terre, come il Salice Salentino Doc, un vino apprezzato dai consumatori, dal mercato che lo premia e dalla stampa. Il territorio del Salice Salentino, grazie all’impegno quotidiano dei produttori, regala vini sempre più in rado di coniugare freschezza e sapidità con un’inconfondibile l’impronta di profumi solari, mediterranei e di lunga tradizione. Ne abbiamo assaggiato alcuni e notiamo il forte cambiamento di rotta avvenuto negli anni: la qualità domina sulla quantità, la gestione delle vigne con basse rese e con vinificazioni sempre più attente e capaci alza di molto il livello dei vini.