Langhe not for sale. Le Langhe non sono in vendita. Lo slogan non è del tutto nuovo. Ma viene ribadito con forza dal consorzio piemontese in occasione di Grandi Langhe, la maxi anteprima che si terrà alle Ogr di Torino da lunedì 29 gennaio. L’appuntamento è quello che metterà insieme 300 cantine (ci sono anche quelle del Roero) e il grande mondo del trade per conoscere ed assaggiare le nuove annate del Barolo, del Barbaresco, di varie declinazioni di Nebbiolo e così via. “Sì, le Langhe non sono in vendita – attacca Matteo Ascheri, presidente del consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani – per coloro che vogliono investire su un territorio che sta godendo di un momento favorevole senza neanche avere idea di come si faccia un vino. Il nostro “no” che è una sorta di manifesto è rivolto a tutti quelli che vengono da altri settori economici e a quei capitali stranieri che vedono il vino come qualcosa per arricchirsi ulteriormente. Non abbiamo bisogno di questi “produttori”, di questi investitori esterni al settore del vino. Sia chiaro non è che possiamo impedire questi tipi di sbarchi nelle Langhe, ma vogliamo stimolare un certo tipo di orgoglio. Non possiamo metterci lì a dire: non vendete, però…E comunque proprio per Grandi Langhe discuteremo di questo argomento con una ricerca affidata alla Cattolica di Milano che ha studiato il sentiment e che ha coinvolto 200 aziende. Verrà fuori uno scenario interessante”.
Le polemiche e i pareri diversi non mancheranno ad arrivare, ma Ascheri insiste: “Non siamo in vendita. E tra l’altro non è che c’è un’offerta, ma una domanda che arriva da imprenditori di altri settori, da fondi di investimento che gestiscono liquidità immense. E il valore dei terreni schizza verso l’alto anche oltre ogni immaginazione, qualcuno ha speso oltre due milioni per un ettaro. Tutto questo non è normale. Non è una cosa che ci fa piacere”. Ascheri parla nell’accogliente sede del consorzio, alla periferia di Alba insieme al direttore Andrea Ferrero. A fine aprile scade il suo mandato di presidente e non si ricandiderà neanche nel consiglio di amministrazione. Il bilancio della sua presidenza è tracciato da alcune decisioni molto incisive. Per esempio il blocco dei nuovi vigneti. Che qualche malumore ha suscitato. Ma non solo. Per esempio l’idea della riserva vendemmiale non è andata come voleva. E poi c’è la carta della promozione. “Quella la facciamo noi e non la deleghiamo ad enti terzi, fiere, guide giornalistiche…ci mettiamo la faccia, i soldi e soprattutto l’interesse perché noi dobbiamo produrre, vendere e promuovere il nostro vino.