di Giulio Ambrosetti
A Mazara del Vallo, a Sciacca e a Licata – che sono, nell'ordine, le più importanti marinerie della Sicilia – i pescatori si tengono 'chiusi'. Ma le notizie, si sa, volano con il vento.
E soffia oggi, soffia domani, alla fine la storia sta venendo fuori. E la storia è che, da quando l'Occidente si è 'imbarcato' nella guerra alla Libia di Gheddafi, il mare libico è tornato libero. Cosicché i motopescherecci siciliani si sono gettati 'a pesce' – è proprio il caso di dirlo – nel golfo della Sirte. E lì ormai pescano alla grande.
In effetti, i segnali che, da qualche mese a questa parte, nel 'pianeta' pesca della Sicilia qualcosa è cambiato – finalmente in meglio – c'erano tutti. Sono ricomparsi, in discrete quantità, pesci che sui banconi erano diventati rari. Triglie e merluzzi di buona taglia, per citare due esempi. E, soprattutto, il gambero bianco.
In genere, quando si parla di gamberi, quasi in automatico la memoria corre al gamberone rosso, prerogativa dei pescherecci di altura di Mazara del Vallo. Ma c'è un gambero che non è meno gustoso del gamberone rosso. Anzi, per i palati più raffinati, il gambero bianco di una certa pezzatura, per gusto e delicatezza, ha una marcia in più anche rispetto al gamberone rosso (anche se, ovviamente, trattandosi di gusti, 'viaggiamo' nell'opinabile).
Ebbene, tornando al gambero bianco, va detto che da anni, forse da decenni, era diventato quasi una rarità. Ogni tanto, sui banconi, facevano la comparsa gamberi bianchi di media o piccola pezzatura. Niente a che vedere con il gambero bianco di buona pezzatura.
Questo gambero bianco era diventato sempre più raro. Oggi è di nuovo presente. Arriva dai mari libici finalmente riaperti alla pesca? Chissà.
Un fatto comunque è certo: la guerra contro la Libia, che dovrebbe liberare quel Paese dal 'dittatore' Gheddafi (un dittatore che, per decenni, soprattutto in Europa, ha fatto comodo a molti: ma questa è un'altra storia), un risultati lo ha già raggiunto: ha riaperto la pesca nel golfo della Sirte.
Quando Gheddafi, negli anni '80, estese le acque territoriali a circa 60 miglia marine dalle coste del proprio Paese lo presero per prepotente. Oggi, con il senno del poi, va fatta un po' di giustizia.
“Gheddafi non aveva torto – ci dice Giovanni Basciano, numero uno del comparto pesca siciliano dell'Agci, sigla che sta per Associazione generale cooperative italiane -. Allora il colonnello libico si richiamava agli accordi di Montego Bay. Questi accordi prevedono che, per lo sfruttamento dei fondali, un Paese può estendere le proprio acque territoriali fino a 60 miglia”.
La cosa, nel Mediterraneo, in quegli anni venne considerata, come già accennato, un atto di prepotenza di Gheddafi, visto che gli altri Paesi che si affacciano nel Mare Nostrum calcolavano le acque territoriali fino a 12 miglia marine (anche se l'Algeria le ha estese fino a 40).
Per essere precisi fino in fondo, gli accordi di Montego Bay riguardano lo sfruttamento dei minerali. Ma sono stati estesi anche per le attività di pesca.
“Il problema è sempre stato il calcolo di queste 60 miglia – ci dice ancora Basciano -. Nel golfo di Taranto il calcolo per stabilire il punto in cui finiscono le acque territoriali del nostro Paese comincia una volta fuori dall'area dello stesso golfo. E la stessa cosa fece allora Gheddafi. Si prese il golfo della Sirte e stabilì che le 60 miglia di calcolavano al di fuori dell'area dello stesso golfo”.
Morale: nessun motopeschereccio poteva entrare a pescare dentro le acque territoriali libiche. E c'era poco da scherzare, perché i militari del colonnello non erano, come si dice dalle nostre parti, di 'muso dolce'. Appena 'beccavano' un'imbarcazione da pesca erano guai. Ne sa qualche cosa Giovanni Tumbiolo, oggi presidente del distretto per la pesca di Mazara del Vallo, che ha passato almeno quindici anni della sua vita a discutere con i libici (e a far liberare i pescherecci siciliani che l'inflessibile colonnello faceva sequestrare quando li acchiappava nelle acque libiche a pescare).
Un merito, comunque, Gheddafi ce l'ha: ha tutelato un grande tratto di Mediterraneo. Un'area marina che è diventata una grande zona di ripopolamento ittico. Anche perché i libici non si dedicano alle attività di pesca.
Tutto questo, però, appartiene ormai al passato. Oggi la Libia è in tutt'altre faccende affaccendata. E le reti a strascico (e forse anche i palangari d'altura) dei pescherecci siciliani scorrazzano allegramente nei mari libici.
Un autorevole esponente del mondo peschereccio di Mazara del Vallo, che ci ha chiesto di restare anonimo (“Per evitare problemi”, ci dice) racconta che già al terzo giorno di guerra i pescherecci siciliani erano sotto Tripoli. Alcuni vennero pure incrociati dalle navi da guerra.
Il comandante di una di questa navi da combattimento, una mattina, avrebbe apostrofato in malo modo alcuni pescatori siciliani: “Che ci fate qui in piena area di combattimento?”. “Assa benedica – avrebbero risposto i pescatori siciliani in stretto dialetto -. Nuatri in paci semo. Stamu sulu travagghiannu. Chi voli: avia chiù assai ri rieci anni cun 'travagghiavamo 'nta 'stu mari. Ni favemu natra calata e ninniamo. Assa binirica…”.
E fu così che i gamberi tornarono.