Stefano Inama
Il Soave a Palermo con Inama. Il nome legato al recupero della produzione enologica più antica del veronese è stato ospite dell’evento Sbicchierata sotto le Stelle tenutosi a Villa Wirz.
Presente all'incontro Matteo Inama, terza generazione alla guida dell’azienda assieme al padre Stefano, per l’occasione testimonial del rinascimento di un vino che affonda le origini nell'epoca romana. Icona viticola che ha alle spalle mille anni di vita non priva di capitoli bui, quelli più recenti nel tempo, che hanno visto una produzione di massa svalutarne talmente il valore “da rendere conosciuto il Soave ai più come vino da un euro”. Espressione usata dal giovane produttore per sintetizzare la sorte che nel nostro Paese sembra accomunare ancora molte perle enologiche. Esemplari in assaggio sono state le tre Doc Soave Classico della cantina: il Vin Soave 2010 e le due riserve Vigneto di Foscarino 2010 e Vigneto du Lot 2010. Vini vulcanici, provenienti da terreni di basalto lavico a quota 260/300 metri. Nati in 24 ettari sul monte Foscarino da un progetto voluto da Stefano Inama per ridare dignità al territorio del Soave e che ha mosso i primi passi nel 1991 con uno studio di ricerca sulla veste originaria del vino. Scommessa di recupero coraggiosa in un'epoca in cui la richiesta del mercato era orientata ai rossi. “Il progetto non è ancora finito – spiega il giovane produttore -. Stiamo lottando ancora per ridare una verginità a questo territorio. Per questo abbiamo anche deciso pochi mesi fa di uscire dal consorzio, non sentendoci tutelati, e di associarci assieme ad altri produttori come Vignaioli indipendenti del Soave affiliandoci alla Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti”. Costituitosi lo scorso novembre, il gruppo che vede in testa la partecipazione di Pieropan, riunisce 12 produttori, in tutto 230 ettari di produzione di Soave. “E’ il primo caso e forse unico, in Italia di una non adesione alla tutela locale. Lo scopo è di garantire la produzione di tutta la filiera nel totale rispetto del territorio, il lavoro di cantine che non acquistano vino ma lo producono, perché prima di tutto parliamo di vignaioli, di aziende agricole”, specifica Inama.
Lontano dall’essere un vino povero, il Soave, fedelmente interpretato dalla cantina, porta nel bicchiere l’eleganza della cultivar, il Garganega, riconoscibile per le note di miele, fiori di campo e mandorla dolce, preservate grazie al ricorso ad una breve macerazione pellicolare. Peculiare per una freschezza non troppo spinta, la struttura del vino viene accompagnata dalla sapidità che gli conferisce il terreno. Fine il Vin Soave, dove il frutto viene preservato con un affinamento in acciaio. Intenso il Vigneto di Foscarino, ottenuto dalle vigne più vecchie e affinato in barrique di vario passaggio per sei mesi. Vino, questo, che più si avvicina alla formula originaria che ebbe fama nel medioevo. Il Vigneto du Lot, è invece la selezione della produzione, appena 13.000 bottiglie provenienti da due ettari di vigneto. Si tratta di un mosto concentrato fermentato in barrique nuove al 25%. Non solo Garganega, tra le varietà di punta dell’azienda vi è il Sauvignon. Il vitigno con cui inizia la storia di Inama. Varietà mai introdotta prima nell’area del Soave e piantata proprio dal fondatore della cantina, Giuseppe Inama. La prima versione prodotta, e oggi la più famosa, è il Vulcaia Fumé, ottenuta da una fermentazione in barrique nuove al 30% a tostatura forte. L’attenzione al territorio della cantina passa anche per i rossi, con il progetto avviato sui Colli Berici. Ventotto ettari dedicati al recupero del Carmenere, varietà appartenente alla famiglia dei Cabernet, come racconta Inama: “Una varietà antica di 200 anni di origine bordolese, è sempre stata confusa con il Cabernet. Cosa che ha fatto la sua fortuna, perché è rimasto fino ad ora sconosciuto e non sfruttato. Anche con questo vitigno stiamo portando avanti la ricerca con l'obiettivo di recuperarlo e valorizzarlo”. L’azienda ne produce in purezza una selezione da sette ettari di vigneto con etichetta Igt Oratorio di San Lorenzo.
Manuela Laiacona
Fotografie di Giò Martorana