E’ in contrada Palmellata – incastonata ad ovest dalle macchie boschive e ad est dal Monte Pomiciaro – nel comune di Castiglione di Sicilia – l’origine di Vignazza l’Etna rosato Doc di Generazione Alessandro – costola etnea della storica azienda di Alessandro di Camporeale – creata dalla quarta generazione della famiglia con i tre cugini Anna, Benedetto e Benedetto. Palmellata è la parte più ad est del versante nord etneo: terra di mezzo che sembra saper assorbire della parte settentrionale la fama per la sua vocazione di grandi vini rossi e pieno affaccio al vento e al sole di oriente insignito come terra di vini bianchi. Da qui allora il rosato Vignazza il cui vigneto situato nella parte più ombreggiata della contrada – di appena due ettari – beneficia di entrambe le doti.
Prodotto in appena tremila bottiglie, il di più per il quale vale la pena descriverlo è la sua lentezza rispetto agli altri rosati della “Muntagna”. Se “festina lente” lo dicevano i romani pare dirlo, infatti, anche Generazione Alessandro, che immette ora in commercio un rosato classe 2021. Figlio di un’annata caldissima e asciuttissima almeno fino alla metà agosto di quell’anno con l’arrivo della pioggia a riequilibrare il tutto. La sua forza sta nel contare su un olfatto e un palato di decisa convinzione, uscendo fuori dalle solite bevute non per velleità di sentirsi estraneo alla massa, ma per l’assoluta facoltà concessagli dal Nerello Mascalese, di essere anche qualcosa di diverso da quanto mostrato fin ora in versione rosato. D’altronde, considerando la filosofia aziendale – che vede sia in vigna che in cantina scelte etiche, ragionate più su dettami imposti dalla natura che dal mercato – verrebbe difficile anche solo pensare che i tre cugini patron dell’Azienda volessero creare qualcosa di diverso solo per distaccarsi dal comune.
Einstein in fondo lo diceva “ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata” e allora Benedetto Alessandro – uno dei tre cugini dedito principalmente alla gestione della cantina – ha solo immaginato che il Nerello Mascalese in versione rosè potesse avere un potenziale di veduta futura. Il vino così subisce una macerazione a freddo di poche ore per poi affinare in acciaio sulle fecce fini per circa dieci mesi. Nel mentre un venti percento della massa è destinata ad una maturazione in tonneau di rovere francese da 600 litri. Ed è una decisione che convince sia per capacità e dimensione che per tipologia di legno utilizzata: dove tutto vale a conferire maggior carattere alla struttura gustativa (senza, invece, assolutamente, intaccare lo scheletro olfattivo) in assenza di opulenza. Ma una volta assemblate le masse, Vignazza non è destinata già ai pallet per le spedizioni – come normalmente avviene per i rosati etnei – ma resta lì nelle cantine di Generazione Alessandro per almeno dieci mesi.
Ne viene così fuori un nuovo abito del Nerello, tra l’altro, con pantoni nuovi che – bypassando il tipico rosa barbie che imperversa tra i rosati del versante nord – si assestano su venature aranciate e di rosa antico. Pure l’olfatto sembra seguire quell’idea di lentezza che ispira l’intero leit motiv di Vignazza. Nessuna fretta di aprirsi di imperio, concedendosi a mano a mano tra le memorie di ginepro e mirto a rimando di una matrice di chiaro stampo mediterraneo. Nel sorso le linee gustative verticali e orizzontali si intersecano in un’unica direzione quanto un funambolo sulla sua retta madre e regalano un mirabile equilibrio. Nulla prevale: la freschezza si calibra alla giusta dose di morbidezza. E poi, entrambi, sanno cedere il passo a veri e propri pezzi di sale. E sarà, forse, l’assemblaggio definitivo regalato dall’affinamento in tonneau, che sa offrire ampiezza e rotondità in un finale di lunga persistenza. La sintesi è un rosato di corpo e di carattere, e mentre lo si pensa, in retronaso arriva un’albicocca e una leggera nota speziata. Sublime.