VINI & TERRITORI
Un bianco di straordinaria finezza per questo vigneron irpino ormai un punto di riferimento per gli enofili. Superba l’annata 2008 e la 2009…
Il Fiano di Picariello
di Fabio Cimmino
Ogni degustatore, il sottoscritto non fa eccezione, tiene molto alle proprie intuizioni. Molto spesso ci innamoriamo di vini senza un futuro.
Per tutta una serie di variabili, probabilmente infinita, a partire da quella più banale ed umana che mi viene in mente, cioè quella di aver preso, semplicemente, un abbaglio. Fortunatamente non sempre è così e qualche volta piccole aziende sconosciute si conquistano un radioso futuro. Diventano improvvisamente famose guadagnandosi, meritatamente, un posto stabile sotto le luci della ribalta. Un tempo era mia abitudine in occasione di manifestazioni di settore girare per i banchi di assaggio alla scoperta di nuove cantine. Sicuramente quella di Ciro Picariello è tra quelle a cui sono più affezionato. Il vigneron irpino è divenuto ormai un riferimento per il Fiano di Avellino raggiungendo un acclamato successo e riscuotendo unanimi consensi di pubblico e di critica. Anche se la cantina ha sede a Capriglia Irpina i sette ettari di vigna si dividono tra Summonte e Montefredane di cui cinque coltivati a fiano e due con vitigni a bacca rossa, in prevalenza aglianico, da cui ricava uno “sfuso imbottigliato”, meno conosciuto ma dallo straordinario rapporto qualità-prezzo. Ricordo di aver avvicinato Ciro al Vinitaly. Era accompagnato, come sempre, dall’immancabile e simpaticissima moglie Rita. Esordiva con la sua annata 2004. Era la primavera 2006 ed apprezzai da subito la scelta coraggiosa di presentare il suo bianco dopo un anno e mezzo di affinamento in bottiglia. Fino a quel momento solo pochi produttori illuminati seguivano quella consuetudine (mi riferisco all’uscire con la nuova annata non prima dell’autunno successivo senza subire passivamente la pressione del mercato riassumibile nell’equazione bianco=annata in corso) inusuale ma indispensabile per poter esaltare un vitigno come il Fiano che si fa apprezzare sulla distanza quando le sfumature minerali ed una maggiore complessità ne arricchiscono il profilo fruttato ed intensamente aromatico. Rimasi, altresì, immediatamente colpito dalla genuinità dei personaggi, il loro sincero raccontarsi riflesso in quel liquido così vero ed autentico. Il colore pallido, non particolarmente concentrato ma deciso ed invitante. Il naso ricco, cangiante ed irrequieto, incapace di fermarsi un attimo a raccontarsi, come una persona che ha voglia di dirci tante cose e di dirle tutte insieme. Quel frutto agrumato, integro ed intenso, sfumato dalle suggestioni minerali e quell’effluvio balsamico di erbe aromatiche assolutamente straordinario. Al palato dopo un ingresso solo apparentemente sottile, procede con la giusta tensione e dinamica gustativa conducendo, con passo sicuro e spedito, ad una chiosa rinfrancante basata sulla freschezza acida ed un’apprezzabile sapidità. Conservo ancora bottiglie di quel millesimo che danno ancora grande soddisfazione. Uno stile che il bravo Ciro è riuscito a riproporci vendemmia dopo vendemmia pur nella diversità e difficoltà delle annate successive. Attualmente trovate in commercio, con un po’ di fortuna, la gloriosa 2008 e, da poco in bottiglia, la promettente 2009. Provate per credere.