Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 208 del 10/03/2011

L’AZIENDA Nella casa del biologico

10 Marzo 2011
ceraudo ceraudo

L’AZIENDA

A Strongoli, in privincia di Crotone la sfida di Roberto Ceraudo che con l’aiuto dei tre figli produce vino, olio, ma anche arance, mandarini, pompelmi, ortaggi. Le materie prime sono poi utilizzate nell’agriturismo dallo chef Franco Rizzuto

Nella casa del biologico

“Ogni lavoro è arido se svolto senza amore”. E’ questo il leit-motiv di Roberto Ceraudo che ha messo su non solo un vitigno ed un uliveto, ma un luogo di ritrovo per chi ama la buona cucina,

i sapori di una volta reinterpretati in chiave moderna, la genuinità e la natura. Siamo nella costa calabra, nella provincia di Crotone per la precisione. Qui, a Strongoli, sorge l’agriturismo Dattilo. In quella che era la tenuta appartenuta ai Principi Campitello e Pignatello e in seguito ai Baroni Giunti, con il casolare risalente al 1600. Ceraudo inizia così la sua sfida “che – dice – continua ancora oggi, ma allora sono stato tra i primi, e pochi soprattutto, a credere e ad investire nell’agricoltura biologica”.
Oggi Roberto Ceraudo, che ha al suo fianco l’aiuto dei tre figli, produce non solo vino e olio, ma anche arance, mandarini, pompelmi, ortaggi. Tutte materie prime utilizzate in cucina dallo chef Franco Rizzuto. “Puntiamo al contemporaneo ma con la qualità ed il sapore di una volta – racconta – Del resto la salute viene dal cibo”. Erano gli anni ’70 quando Roberto Ceraudo, un uomo imponente con un non so che di pirandelliano, decide di realizzare il sogno che aveva covato dentro di sé sin dall’infanzia. “Da giovane studiavo a Roma – confessa – ma sono scappato, mi mancava la terra, l’agricoltura”. Tanto impegno e dedizione che col tempo e la pazienza portano i suoi frutti. Esattamente vent’anni dopo, nel 1993, ottiene infatti la certificazione biologica della sua azienda. “I vigneti e gli uliveti – spiega – vengono coltivati senza l’ausilio di prodotti chimici ma prevedendo gli attacchi parassitari con capannine meteorologiche e trappole di ferormoni a richiamo sessuale”. Venti gli ettari vocati a vigneti in una zona in cui l’altitudine varia dal livello del mare a un massimo di centosessanta metri. Sette le etichette di vino prodotte per un totale di settantamila bottiglie l’anno, tra queste il Petraro, un gaglioppo cabernet sauvignon, “che è stato scelto – ci rivela Ceraudo – per rappresentare la Calabria in occasione del 150° dell’Unità d’Italia”. Da qualche anno poi l’azienda Ceraudo sta investendo sulla vinificazione di alcuni autoctoni come il greco bianco, il mantonico, il pecorella. “Tutti vitigni che altrimenti sarebbero destinanti all’estinzione”. Altra punta d’orgoglio per Roberto Ceraudo è il suo olio pluripremiato. Trentamila le bottiglie prodotte annualmente. “Nei primi anni ottanta ho iniziato a collaborare con l’Istituto Sperimentale dell’Olivicoltura, dopo otto anni di ricerca siamo riusciti ad individuare il periodo migliore per la raccolta delle olive”.

Sandra Pizzurro