Grande successo di pubblico per l’iniziativa “DiVinNosiola, quando il vino si fa Santo”, manifestazione enologica trentina che ha visto protagonista il Trentino, la sua Nosiola e il Vino Santo, Doc trentina e presidio Slow Food. Palcoscenico dell’evento la bellissima Valle dei Laghi, che, grazie ad una attenta ed efficace organizzazione ha stilato un ricco calendario di degustazioni, passeggiate e proposte culturali per immergersi tra i sapori e i profumi del territorio alla scoperta del patrimonio enogastronomico e naturalistico della valle, che ha deliziato i winelovers, la stampa e gli operatori del settore. La certezza della nascita del Vino Santo trentino si possono rilevare dalle prime testimonianze storiche di questa tradizione risalgono al Cinquecento, quando iniziano a essere citati dei vini bianchi dolci, veri e propri progenitori del Vino Santo. In un documento del 1508, fra i beni che vengono pagati ogni anno dal capitano di Castel Toblino al principe vescovo di Trento, si citano “sei palustri di vino bianco dolce”; il Mariani, storico del Concilio, parlando del banchetto offerto il 25 luglio 1546 dal cardinale di Trento parla di “vini squisitissimi, bianchi, rossi e rosati dei colli di Trento e vini dolci di Santa Massenza”.
Venendo a tempi più recenti la documentazione si fa più ricca, ed è così che nei primi anni del XIX secolo i Conti Wolkenstein, allora proprietari di Castel Toblino, si segnalano per la produzione di uno squisito passito di Nosiola e nel 1825 il Vino Santo di Sommadossi, amministratore dei Conti, è insignito in Australia, a Melbourne, di un diploma di merito per le sue caratteristiche di eccellenza. Le due guerre mondiali segnano un momento di crisi: molte cantine sono costrette a chiudere o a ridimensionare la produzione sia per i danni causati dalle vicende belliche sia per l’incipiente concorrenza di vini dolci prodotti industrialmente, con tecniche veloci ed economiche. Nel secondo dopoguerra, la produzione viene quasi sospesa. Solo negli anni ’60, con uno scatto di orgoglio in nome di un’eredità vissuta come elemento identitario di un’intera comunità, un piccolo gruppo di vignaioli, che hanno dato vita all’Associazione Vignaioli del Vino Santo, rilancia l’appassimento delle uve Nosiola, che restituire prestigio a un prodotto indissolubilmente legato alla Valle dei Laghi. Le aziende agricole socie dell’Associazione sono sei ed ogni anno vengono prodotti circa ottanta ettolitri di Vino Santo Trentino.
La storia del Vino Santo Trentino è conservata e raccontata nella Casa Caveau di Padergnone, frutto dell’intervento di recupero dell’antico appassitoio appartenuto alla famiglia Rigotti: in questa famiglia nacque Rebo Rigotti, celebre genetista e agronomo, la cui eredità è fondamentale per il futuro della Valle dei Laghi e dei suoi Vignaioli. All’origine di questo vitigno autoctono c’è un’uva a bacca bianca, che viene raccolta con cura, per non schiacciarne gli acini, i grappoli vengono portati negli appassitoi dove riposano fino alla Settimana Santa. Qui vengono distesi sulle arele, i graticci, un tempo con fondo in canne, oggi con rete metallica dalle maglie più o meno fitte, dove prende avvio il processo di appassimento che ne riduce il peso di oltre un terzo. Responsabile principale del fenomeno è la botrytis cinerea, una “muffa nobile” che si sviluppa sugli acini provocando la dispersione dell’acqua e la concentrazione degli zuccheri. L’attività della Botrytis è favorita da particolari condizioni di temperatura e ventilazione che in Valle dei Laghi trovano un perfetto equilibrio: l’Ora del Garda, il vento pomeridiano che spira dal lago verso l’interno e il microclima temperato, dovuto alla configurazione della valle e alla presenza di tanti piccoli specchi d’acqua, offrono un contributo importante all’attività della muffa.
Durante la Settimana Santa, da cui probabilmente il nome del vino, le uve così appassite vengono sottoposte alla spremitura. Si ottiene pochissimo mosto; la fermentazione, molto lenta, si interrompe naturalmente prima che tutto lo zucchero si trasformi in alcol. A questo punto ha inizio un lungo processo di invecchiamento che porta anche a un naturale illimpidimento. Dopo almeno quattro anni dalla vendemmia, periodo minimo fissato dal disciplinare, avviene l’imbottigliamento ma la maggior parte dei produttori attende pazientemente molto di più, minimo sette – otto anni, normalmente dieci. Una volta in bottiglia, il Vino Santo può sfidare il tempo: i fortunati raccontano che anche dopo mezzo secolo una bottiglia ben conservata rimane sempre un’esperienza gratificate. Un vino, quindi, da dimenticare in cantina per riscoprirlo piacevolmente dopo molti anni. Per i più esperti è stata programmata una interessante Masterclass guidata dal Sommelier Roberto Anesi, Miglior Sommelier d’Italia 2017, e curata dai Vignaioli del Vino Santo Trentino, che ha intrattenuto gli ospiti in un percorso affascinante tra storia, profumi e sapori della Nosiola e del Vino Santo. L’incontro è servito per degustare due diverse espressioni di Nosiola, e quattro annate storiche di Vino Santo.
Sei i vini degustati, un percorso a ritroso nel tempo, frutto del sapere secolare della tradizione: Nosiola 2022 di Giovanni Poli, Nosiola 2022 di Maxentia, Vino Santo 2008 di Pravis, Vino Santo 2003 di Gino Pedrotti, Vino Santo 1998 di Francesco Poli e Vino Santo 1983 di Pisoni. Roberto Anesi, conduttore della Masterclassha affermato: “I tratti distintivi del vitigno che ha mostrato il suo carattere e la sua identità: freschezza, eleganza e versatilità. Le due Nosiole, la prima vinificata in acciaio, la seconda con una parziale macerazione sulle bucce, hanno mostrato tutta la loro bevibilità, con sentori di nocciola, una nota vegetale e un finale minerale e salino, sempre con una complessità a tratti scattanti”. Si è passati di seguito alla degustazione dei Vini Santi, con assaggi cadenzati che hanno mostrato le potenzialità di queste bottiglie. Così, nel procedere degli anni, ci si chiede quanti vini dolci riescano ad avere un racconto così profondo e un’evoluzione che valorizza le annate più vecchie. Anesi continuando la degustazione: “Nei primi calici si sente l’esordio di questo vino: un viaggio nei mercatini delle spezie, che, nonostante lo zucchero, lascia sempre un finale fresco, che invita a nuova beva. Si ritrovano miele, frutta disidratata, una nota leggermente salata e sul secondo calice si ritrova in chiusura di bocca un leggero tannino. Un proseguo negli anni ’90, che al naso si presenta ampio e sfaccettato, in bocca freschezza e sapidità si alternano per una completezza nel gusto che racchiude l’evoluzione in bottiglia. In chiusura un salto che arriva fino al 1983, il cui naso è molto complesso, la nota di dolcezza non è stucchevole e mostra la sua piena integrità e la possibilità di durare ancora nel tempo”.
La valle Valle dei Laghi grazie al suo microclima, riesce a dare l’unicità e la territorialità a ciascun prodotto. Tra gli interventi al tavolo delle degustazioni la Confraternita della Vite e del Vino, che ricorda come noi tutti siamo “figli del territorio che abitiamo, un territorio di Montagna, dove ogni prodotto è frutto di fatica, lavoro e tradizione; per questo vanno valorizzati come patrimonio della nostra identità”. Alla degustazione è seguita, dopo un intervallo culinario, il Rito della Spremitura del Vino Santo Trentino, a cura dell’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino, in collaborazione con la Confraternita della Vite e del Vino, durante il quale sono stati torchiati i primi acini appassiti di Nosiola. Rappresenta uno dei momenti simbolicamente più importanti, che si svolge in occasione della Settimana Santa e segna il passaggio dall’appassimento sulle areale, alla vinificazione. “Siamo molto contenti della presenza di pubblico, amiche e amici, che hanno partecipato con interesse alle nostre attività – ha spiegato Enzo Poli, presidente dell’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino – Un coinvolgimento che si rinnova di anno in anno, cercando sempre di portare un po’ di innovazione e la ricerca che molti di noi fanno nelle loro cantine, anche in momenti così ricchi di storia e tradizione. Ci rende orgogliosi di far scoprire il nostro territorio, le sue bellezze e la sua originalità, data dal clima del Lago di Garda, non di meno la sua storia e le antiche tradizioni vinicole che lo contraddistinguono”.