TRADIZIONI
Non sfuggiranno ai gourmet che passano per Trieste e dintorni le osmize, luoghi dove mangiare prodotti autoctoni come formaggi e salumi innaffiati da vino locale. Ce ne sono ancora una quarantina in tutto il territorio
I fast food del Carso
di Elena Mancuso – foto di Giovanni Franco
Trieste – All’insegna della memoria per gustare cibi sempre attuali. E’ la filosofia delle osmize (da “osem”, “otto” in sloveno). Un’ iniziativa che risale a un editto del 1784 firmato dall’Imperatore Giuseppe II d’Austria.
Con quella disposizione, si consentiva ai contadini di vendere direttamente, per otto giorni o multipli di otto durante l‘anno, vino e altri prodotti agricoli sull’altopiano del Carso, diviso tra Italia e Slovenia, nella zona di Trieste. Cibi etnici e pietanze tradizionali di produzione autoctona che si gustano in scantinati dove vengono apparecchiate lunghe tavolate intorno alle quali si sta tutti insieme a socializzare. Di questa usanza se ne hanno tracce anche nell’epoca di Carlo Magno quando l’Istria e Tergeste vennero abbandonate dai bizantini ed entrarono a far parte del Regno franco. A distanza di secoli la tradizione si ripete.
‘’Si respira uno spirito mitteleuropeo del territorio con un complesso significato: le osmize fanno parte del sentire comune – afferma la docente Oliva Quasimodo – di tutti gli abitanti del Carso e dei triestini. Sono luoghi dove e’ possibile assaporare la genuinità di questa gente e dei prodotti delle loro terre’’. Per indicare le rivendite, pena la revoca del permesso, viene esposta in bella vista lunga la strada o sulla casa una frasca. Lo scantinato dove siamo andati, nei giorni scorsi, si trova in una casa in campagna. Alle spalle del nostro tavolo c’è un camino acceso che stempera il freddo della bora che soffia all’esterno.
Un angolo di Trieste (foto gieffe)
‘’Vi sono circa una quarntina di Osmize – spiega Adriano Borsatto, esperto culinario e musicista – sparse per tutto il Carso, è più facile trovarle se si segue la cosiddetta via del Teràn, una sorta di itinerario che guida il visitatore attraverso tutti quei locali – ristoranti e trattorie – dove si può gustare del buon vino rosso e il liquore da esso ricavato‘’. Questi locali sono indicati da un’insegna con sopra dipinto un grappolo d’uva e la scritta “Strada del Terrano”; ma è meglio verificarne l’apertura prima di andarci per non restare a bocca asciutta. Questo non è successo a noi che abbiamo potuto gustare prosciutto cotto al finocchietto , crudo, salami , formaggi , pomodori secchi, olive , uova, innaffiati da vino sfuso. In mescita vi sono generalmente il rosso e il bianco della casa, serviti in brocche da un litro: hanno un sapore intenso e di frequente, un po’ asprigno, decisamente non dal gusto “amabile”. Alcune osmize, ma non tutte, sono autorizzate anche alla vendita di aranciata o di altri prodotti non esattamente di propria produzione, però la maggior parte offre come sola alternativa al vino, l’acqua.
Non è raro che, a fine pasto, si possa scegliere di ordinare anche una grappa digestiva, sempre di produzione casalinga: i liquori che è più facile trovare sono quelli alle erbe, dalla gradazione alcolica abbastanza elevata (sopra i 40°).