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Il progetto

Il vigneto urbano ai piedi dell’Etna: “Così custodiamo la memoria di questi luoghi”

10 Marzo 2023
Nicola Purrello Nicola Purrello

Poco si racconta e si conosce di una porzione di territorio etneo piuttosto florida negli anni ’20 del secolo scorso. Fra quel che resta dell’antico “Bosco di Catania” a San Gregorio di Catania, oggi centro urbano che funge come porta di ingresso ai paesi etnei, contrada Petralonga è custode della memoria di una vita di campagna oramai sparita. Come ha modo di raccontare Nicola Purrello, ideatore con la famiglia del progetto Etna Urban Winery, secondo documenti e articoli a firma del giornalista e storico locale Alfio Patti, erano presenti qui più di trecento gli ettari vitati definiti come “oro rosso dell’Etna”, e circa venticinque i palmenti presenti.

L’idea di reintrodurre una cultura enoica in quella che oggi risulta essere percepita come periferia vitivinicola è fra gli obiettivi del progetto di vigneto urbano portato avanti dalla Famiglia Purrello che nei secoli scorsi ha iniziato proprio qui, sul finire nel 1790, l’attività di imprenditori del vino. Nicola Purrello è uno dei cugini che ha ripreso a dare vita alle pagine di questa storia che si era fermata, dopo due secoli, all’ultima vendemmia risalente al 1972: “Mio padre riscopre questo terreno con il vecchio Palmento avendolo ereditato. Nel 2016 in occasione degli 80 anni di zio Carlo abbiamo riunito tutta la famiglia, anche i parenti che da vari anni vivono in Alto Adige. Proprio loro ci hanno fornito l’input per rimettere in moto le vigne e la cantina. Alcune non erano più produttive e altre aree erano state convertite in agrumeto. Con i miei cugini, oggi siamo giunti all’ottava generazione, volevamo tornare a essere una famiglia del vino, così che abbiamo creato un piccolo piano di accumulo negli anni mettendo da parte ciò che ognuno di noi guadagna con il proprio lavoro. In questi anni sono state importanti anche le campagne di fundraising e crowdfunding soprattutto all’estero, abbiamo chiesto cioè di comprare una cassetta di vino ogni anno per cinque anni. Metà del budget per dare vita al nostro progetto è stato raggiunto così”.

Su una superficie di dieci ettari il 2018 segna l’impianto del primo mezzo ettaro di “Vigna grande” dal quale nel 2021 si ottiene la prima etichetta in Igt a base Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio con una produzione di 1.500 bottiglie. Un vino dal profilo floreale che aggiunge un altro tassello del mosaico Etna, come prosegue Purrello: “Anche qui il suolo è vulcanico, siamo su una formazione risalente al periodo del “Mongibello” su colate laviche di circa 15mila anni fa. Nonostante l’altitudine sia di 340 metri sul livello del mare le escursioni termiche sono molto forti, una porzione della nostra vigna ricade su una superficie conosciuta come “piano gilatusu”. Sappiamo che questa non è percepita come zona vitivinicola anche se nel tessuto urbano che abbraccia San Gregorio e San Giovanni La Punta verso Viagrande sono ancora presenti a macchia di leopardo delle vigne, un po’ come delle reliquie che ancora oggi adornano qualche giardino. Non presentiamo la nostra prima bottiglia come un grande vino, ma comunque offriamo un altro punto di vista nel panorama dei vini etnei che esiste già. Da una vigna giovane non abbiamo grandi pretese, vorremmo solo dimostrare che un vino prodotto qui non ha differenze sostanziali rispetto a quelli delle zone vicine. Fra dieci anni magari ne capiremo di più”.

Quella di Etna Urban Winery non vuole essere solo una storia di rilancio in ottica vitivinicola, ma un progetto che si lega alla tutela del paesaggio in una geografia urbana dove una vigna può rappresentare un elemento di sostenibilità aggiunge Nicola: “Non siamo contro la città, semplicemente siamo contro la monotonia degli agglomerati urbani. Edilizia sì, ma è bene anche inserire altri aspetti positivi come la tutela del paesaggio in un territorio molto antropizzato. Siamo stati a Dubai nel 2020 per partecipare a un panel sul turismo eco sostenibile. La sovraintendenza dei beni culturali della Regione Siciliana ha dichiarato il nostro Palmento come bene culturale, così come rappresenta un elemento di rarità la presenza di una Cuba. Etna Urban Winery è un progetto enoico che racchiude un portfolio culturale e storico molto forte”.

Etna Urban Winery si declina anche in esperienza enoturistica non convenzionale rispetto ad altre realtà: “Per noi l’enoturismo è un cavallo di battaglia. L’aspetto logistico in questo ci aiuta. Chi viene qui a volte arriva in taxi, molti ci trovano sul web grazie a un lavoro di indicizzazione importante. Il turista indipendente che desidera fare qui un’esperienza troverà una sorta di luogo agnostico. Facciamo assaggiare anche i vini di altre aziende vitivinicole e proponiamo la cucina grazie all’idea disegnata per noi dallo chef consultant Carlo Sichel. Il percorso in vigna da noi potrebbero essere fatto anche in totale autonomia come se ci si trovasse in un museo grazie ai diversi pannelli sparsi lungo il percorso fra le vigne immerse nei vecchi terreni di quel che resta del Bosco di Catania”.

Sul perimetro della denominazione Etna Doc Nicola Purrello infine conclude “Se io oggi dovessi ridefinire il perimetro guarderei al territorio vulcanico, sull’uvaggio non mi esprimo non ne ho le competenze. Per noi sarebbe importante rientrare nella regione Doc per una questione di appartenenza. Questi luoghi hanno sempre parlato di Etna, se si facesse un percorso diverso si potrebbe dare un ulteriore contributo per reintrodurre la viticoltura anche in ottica di gestione sostenibile del territorio”.

Etna Urban Winery,
Via Catira, 40 – San Gregorio di Catania
www.etnaurbanwinery.it
T. 349 7724009