di Clara Minissale
È un marchio, ma soprattutto un modello di buone pratiche e sostenibilità.
Il latte fieno è la dimostrazione che la strada per cambiare il livello qualitativo del latte c’è e può essere seguita. Parola di Roberto Rubino, grande esperto, ex direttore del Centro di Ricerca Crea di Potenza e di Monterotondo e presidente dell’Anfosc, Associazione nazionale formaggi sotto il cielo. Il latte fieno è un prodotto di alta qualità che si ottiene da animali nutriti per il 75 per cento con erbe e per la restante percentuale con sfarinati, ovvero sottoprodotti agroindustriali usati come mangime. La produzione di questo latte è regolamentata dal 2016 dall’Unione Europea che ha redatto un disciplinare facendolo rientrare tra gli Stg, i prodotti Specialità Tradizionale garantita, un riconoscimento che mira a tutelare le produzioni caratterizzate da composizioni o metodi di produzione tradizionali.
“É il primo messaggio positivo che arriva dal mondo del latte a livello europeo – ribadisce Rubino – perché fino ad ora, la quasi totalità dei disciplinari non fa riferimento all’alimentazione animale o ne parla in maniera approssimativa. Basti pensare che per il Parmigiano Reggiano, una nostra eccellenza riconosciuta in tutto il mondo, il rapporto erba – sfarinati per il nutrimento degli animali è di 50 e 50. Con il latte fieno siamo ben oltre questa soglia e l’alimentazione degli animali è alla base del livello qualitativo del latte. Più erba mangiano, più gusto e nutrienti ci sono”. Il marchio latte fieno è stato creato in Austria da un gruppo di allevatori lungimiranti con a cuore il benessere degli animali e la qualità del latte prodotto e poi, via via, si è diffuso in Germania e Normandia. In Italia è prevalentemente l’Alto Adige a produrre questa tipologia di latte dal quale si ricava anche lo yogurt, anche se la storia ci racconta che questo metodo di produzione risalirebbe al Medioevo quando, in Tirolo e sulle Prealpi, si produceva un formaggio a pasta dura proprio con latte fieno.
Negli ultimi tempi sempre più catene della grande distribuzione hanno iniziato a vendere latte fieno e suoi derivati. “Che la qualità sia superiore è immediatamente visibile innanzitutto dal colore – spiega Rubino – che è più carico e la conferma arriva poi dal gusto, più erbaceo, con molti più aromi. Inoltre aumentano anche i valori nutrizionali con maggiori grassi insaturi, quelli buoni, che aumentano in percentuale rispetto a quanta erba mangia l’animale. Lo stesso avviene con gli omega 3, che sono più degli omega 6. Tutti ottimi motivi per consumarlo abitualmente”. Ma al di là delle proprietà di questo latte e di quanto possa diventare una moda per quanti strizzano l’occhio a tendenze salutistiche, “ciò che è importante – conclude il presidente dell’Anfosc – è che c’è un metodo per produrre latte di qualità e va seguito il più possibile, quello di lavorare sul rapporto tra erba e concentrati per la nutrizione degli animali”.