LA CUCINA DEL FUTURO
Il fatto che molti non abbiano un lavoro può cambiare lo stile di mangiare. Parola di Paolo Marchi del Giornale: “A fare la differenza sarà soltanto la qualità”
La tavola del precariato
Forse la sua non è una visione decisamente ottimistica della cucina che ci aspetta, ma è di certo caratterizzata da un certo spirito di critico. Di chi il mondo dell’enogastronomia lo osserva e lo vive. Così come fa Paolo Marchi, che dopo lo chef torinese Davide Scabin racconta la sua “Cucina del futuro”, quella che troveremo sulle nostre tavole fra dieci anni.
Paolo Marchi, milanese, ha 52 anni e metà della sua vita l’ha passata nella redazione sportiva de Il Giornale, negli ultimi dodici anni cura la rubrica Cibi Divini e da otto segue la pagina Affari di Gola. Marchi ha anche creato “Identità golose”, sottotitolo: Congresso italiano della cucina d’autore. La kermesse nel corso della quale i più importanti chef si confrontano con altri colleghi, insomma l’occasione per creare scambiare idee e punti di vista, ricette e trucchi.
Marchi, cominciamo con la domanda principale: quali saranno i cibi del futuro?
“Nel futuro i cibi buoni resteranno. A fare la differenza sarà soltanto la qualità. Ma bisogna tener conto di alcuni fattori sociali, intendo dire che chi sta bene potrà sempre permettersi qualsiasi cosa, invece la classe media, fra le tante spese, i mutui, le tasse starà sempre attento ai soldi. Molto sarà influenzato dalla quantità di denaro che si potrà spendere. In fondo ormai siamo una società di precari”.
Vuol dire che mangeremo peggio?
“No, ma mangeremo una volta in meno al ristornate. O comunque, probabilmente, anche i grandi nomi della ristorazione dovranno abituarsi a fare bella cucina a cinquanta euro”.
Non è troppo roseo il futuro che immagini.
“Non troppo. È buffo però il fatto che nell’era in cui i voli low cost sono sempre più diffusi e quindi potrebbe svilupparsi un interessante movimento del turismo enogastronomico, ci siano queste ristrettezze. Tanto per fare un esempio io domenica andrò da “El Bulli”, ci vado in aereo e spenderò quattro euro per il volo, tasse escluse, s’intende”.
Questo che vuol dire?
“Nell’immediato vuol dire che sta cambiando anche il modo di fare dei cuochi di tutto il mondo e che ci sarà più apertura ai gusti. Nel futuro vuol dire, invece, che saranno meno le persone che spenderanno da fessi. Dieci anni fa l’emblema del mangiar bene era il lume di candela. Ora mangiar bene è anche una pasta e fagioli dove dentro trovi magari uno scampo di Mazara del Vallo. Ma la libertà è potersi permettere anche i tartufi ma scegliere i fagioli”.
Dunque il futuro?
“Si mangeranno certamente più verdura e più ortaggi. Si preferirà il vino leggero. Farà anche più caldo, quindi potrebbe esserci un declino dei grandi rossi a favore dei bianchi a dieci euro”.
Ma il cibo è anche altro.
“Sì, bisognerà sempre più fare attenzione anche alle influenze politiche e religiose, che rischiano di dare condizionamenti esterni”.
Degli Ogm, che possono essere tra i protagonisti della cucina fra qualche anno, cosa pensa?
“A me fanno paura. Non sai mai cosa mangi. E poi il mondo è bello perché è diverso, vario, colorato. Gli Ogm rischiano di appiattire il sapore, sono solo una manovra economica delle grandi multinazionali”.
Cos’è “Identità golose”?
“Nasce da un’arrabbiatura, dal fatto che noi siamo l’Italia e non eravamo in grado di fare qualcosa senza andare a guardare gli altri. Un posto dove i cuochi parlano ad altri cuochi. Lo stupore, quello di chi mangia qualcosa di buono per la prima volta, è impagabile. Li i cuochi sono più liberi di dire la loro. L’appuntamento è dal 27 al 30 gennaio 2008”.
Marco Volpe