di Simone Cantoni
“Dove un blu incendiario inghiotte maree di terra magra e generosa, l’orizzonte echeggia solenne e accecato come un Gloria”.
Tra le tante parole con cui è stato descritto lo splendido ambiente rurale di cui vogliamo raccontarvi oggi, abbiamo scelto queste. Le parole di un breve testo intitolato “Settembre”. Per diversi motivi. Primo, perché la nostra visita al birrificio “Poggio Rosso” (a Peccioli, nel territorio dell’Alta Valdera) si è svolta proprio ai primi di quel mese. Secondo, perché la giornata era esattamente così: di una luce abbagliante, anche nell’azzurro del cielo. Terzo, perché in quel periodo dell’anno, dopo la raccolta dei cereali, la zona di cui parliamo si presenta realmente con quest’immagine: un susseguirsi di collinette, dolci nei fianchi in declivio, disegnate come onde di un mare in quieto movimento, fatto di zolle smosse, appunto “terra magra e generosa”.
UN INCROCIO DI STORIE
Una terra che, se amata, restituisce la cura ricevuta dando buoni frutti. Ci vuole fatica, ci vuole costanza; ma entrambe possono essere ben ripagate. Qui l’abitato è rarefatto. Ci sono silenzi, attraversati dalle voci della natura (il vento, gli uccelli) e da quelle di gente al lavoro (coi trattori e le mietitrici, per esempio), in un’armonia preziosa e non scontata. In lontananza si vedono, lungo due diverse fughe ottiche, da una parte Montecatini Val di Cecina (gioiellino storico-artistico meno conosciuto, ma tutto da scoprire); e dall’altra Volterra, meraviglioso scrigno di ricchezze, che al contrario è ben noto, e in tutto il mondo. È la “Velathri” fondata, nel VII secolo a.C., dagli Etruschi; i quali, nel corso della loro espansione, arrivarono, più meno duecento anni dopo, a estendere la propria sfera d’influenza fino al golfo di Napoli. Ebbene, indovinate un po’: esattamente in Campania (a Campoli del Monte Taburno, per la precisione) affondano le radici della famiglia protagonista nella vicenda che fa da cornice alla nascita del birrificio “Poggio Rosso”.
CEREALI IN FORMA LIQUIDA
In particolare, ad “accendere i fornelli” nella sala cotte del giovane marchio artigianale toscano (agricolo e in procinto di conseguire la certificazione di biologico), è stato, nel febbraio del 2022, Fernando Campana: esponente, con orgoglio, di una discendenza di agricoltori da svariate generazioni. E lui, con accanto a sé la moglie Katia, esattamente così (senza che ci si stia troppo a discutere) definisce sé stesso: un contadino. Un uomo della terra; i cui occhi hanno scorto nella birra – alla quale si era appassionato, prima come consumatore, poi come “apprendista stregone” casalingo – una forma ulteriore per valorizzare appunto i frutti dei suoi campi: 180 ettari seminati a orzo, farro, grano duro e tenero (tra le tipologie di frumento anche l’antica varietà “Senatore Cappelli”); e poi altro ancora “a margine”, ad esempio un migliaio di alberi d’olivo e una piccola struttura ricettiva. Fernando, insomma, ha visto e vede la “pinta” come “cereale liquido”. Così, qualche tempo prima che esplodesse la pandemia del 2020, ha intercettato un canale di finanziamento europeo; ha quindi potuto allestire un impianto di produzione (la capacità in ammostamento, su ciclo singolo, è di 5 ettolitri); e a fine maggio 2022 ha “celebrato” la spillatura del suo primo bicchiere.
UNA GAMMA ASSORTITA
Da lì in poi, di bicchieri, ne son stati riempiti parecchi. Perché, sebbene “in fasce”, la realtà di “Poggio Rosso” si è fatta conoscere e apprezzare. Con calma, senza fretta di bruciare tappe, secondo il ritmo tranquillo scandito dal “genius loci” di quel fazzoletto di campagna toscana; eppure raccogliendo, da subito, riscontri incoraggianti. D’altra parte il panorama è da cartolina; e i Campana ne hanno fatto un valore aggiunto: affiancando all’impianto di produzione un’accogliente tap-room (legno, colori caldi, sorrisi…), un bel banco di spillatura, una sala interna e uno spazio esterno (comunque coperto), un’offerta gastronomica di semplice gestione (salumi, formaggi, focacce), ma attenta alla tipicità. Il tutto a ingolosire l’ospite; invitandolo a provare le diverse birre in cui si articola il catalogo “della casa”: un assortimento contenuto nel numero delle referenze eppure già variegato nella composizione stilistica. Della gamma fanno attualmente parte queste etichette: “The Pilsenger”, una Italian Pils da 5.4 gradi, luppolata con Target più Saaz in caldaia e Mittelfruh più Smaragd in dry hopping; “Furore”, una Belgian Blond Ale da 6.8 gradi; “PastorAle Americana”, un’American Ipa da 5.6 gradi, trattata con gettate di Citra, Centennial, Idaho e Cascade; “Ging Genie”, una Pale Ale di stampo statunitense (nella luppolatura in aroma) aromatizzata allo zenzero; “Lappe Weiss”, una curiosa (coraggiosa, vien da dire) Hefeweizen da 5.2 gradi, personalizzata con un tocco di Cascade. I programmi di Fernando e Katia? Intanto perfezionare e dare un’identità stabile a queste loro ricette “della prima ora”; poi allargare la “famiglia”. Ovviamente sempre senza fretta, rispettando il tempo necessario a farle per bene, le cose. Come insegna a comportarsi la campagna…
BIRRIFICIO POGGIO ROSSO
Azienda Agricola Fernando Campana,
Via della Bonifica, 158 – Peccioli (Pisa)
T. 347 1145291
www.birrificioagricolopoggiorosso.it
info@birrificioagricolopoggiorosso.it