di Titti Casiello
“Festina lente”: così lo chiamavano i latini quel lungo e lento andare verso il futuro con la velocità di un bradipo.
Era dell’imperatore Augusto quella dovuta cautela nelle sue azioni di guerra. E fu, poi, anche di Cosimo I de’ Medici che della calma ne fece il suo stile di vita, tra saggezza e velocità che viaggiavano sulla stessa carreggiata. E se oggi lo fosse anche dei vini etnei? Nella masterclass “Etna 10 anni fa – I Vini Etnei con almeno 10 anni di vendemmia”, che si è tenuta nell’ambito della 42 esima edizione di ViniMilo – questi vini hanno dato sfoggio della loro lentezza, rivendicando il proprio tempo per esprimersi. Esattamente dieci anni dopo dal loro imbottigliamento, lentamente, hanno spalancato un ampio portale del tempo concedendosi a un tempo proficuo per riflettere sulla loro capacità evolutiva e sulle potenzialità del territorio etneo.
La degustazione – nata da un’idea di Salvo Foti e curata da Federico Latteri giornalista di Cronache di Gusto – si è stagliata in una lunga linea spazio-tempo che ha ripercorso, a ritroso, l’intera circonferenza etnea, da nord verso sud, passando tra i suoi incroci nei versanti est e ovest e ha ridisegnato, così, in un quadro rigorosamente alla cieca, tutto ciò che era l’Etna nel 2012, tra climi completamente diversi e produttori, più o meno inconsapevoli, che da lì a dieci anni i loro vini sarebbero stati oggetto di meriti e discussioni.
Perché di certo, all’epoca, tra le varie caratteristiche che si pensava potessero attribuirsi a un vino etneo, mancava di sicuro quella della longevità. La convinzione più diffusa era al massimo, in una prospettiva che parlasse di tre, quattro, o i più ottimisti, di cinque anni. Chi mai avrebbe scommesso su un vino che arrivasse al suo decimo compleanno? “Ma la verità, invece, è che, come le persone, anche i vini possono invecchiare bene. Tutto dipende dalle condizioni iniziali di partenza”. Ed è così che Salvo Foti apre ufficialmente il sipario alla Masterclass. “ViniMilo è senza dubbio l’occasione per capire il territorio etneo e come questo si evolve nel tempo” precisa il sindaco della cittadina, Alfio Cosentino.
(Piero Portale, Salvo Foti e Federico Latteri)
“Senza dubbio, dieci fa, l’annata 2012 si è fatta ricordare per essere stata, insieme con la 2017 e la 2021, una delle tre annate più calde negli ultimi dieci anni” prosegue Federico Latteri. Eppure se il dato climatico più evidente è, stata l’arsura dei primi due terzi di stagione, le frescure settembrine sono valse, però, a far arrivare in cantina uve in buone condizioni fitosanitarie. Dunque il punto di partenza sul quale poter iniziare a ragionare è senza dubbio quello climatico, ma non dobbiamo però dimenticare che il territorio etneo non può essere considerato un unico grosso “panettone”. Le sue fette, o versanti che dir si voglia, sono, infatti, così diverse le une dalle altre, al punto tale che di panettoni ce ne vorrebbero forse almeno tre o quattro “perché l’Etna è un microcosmo di diversità e ogni suo luogo è il sunto di situazioni a sé stanti, di climi e territori diversi. Un ragionamento di luogo oltre che di annate risulta allora fondamentale considerando che uno stesso vitigno regala forme e sostanze del tutto differenti da luogo a luogo” precisa Salvo Foti. Riflessioni importanti che inducono a ragionare, anche in vista di una possibile modifica dei diversi disciplinari di produzione, visto che queste stesse differenze territoriali paiono essere pienamente leggibili anche in una degustazione, come la presente, fatta rigorosamente alla cieca.
(I vini degustati)
Ecco alcune note della nostra degustazione. Si precisa che le bottiglie sono state scoperte solo al termine della degustazione e che tra queste era presente un “intruso”, ovvero un vino non etneo (campione numero 9) poi identificato come vino campano della zona dei Campi Flegrei.
Etna Doc Bianco A’ Puddara – Tenuta di Fessina
Arpeggi burrosi e percussioni affumicate al naso si distendono al palato in un accordo generoso, dove la densità aromatica della materia viaggia su una lunghissima nota di salinità e di idrocarburi in perfetta sinfonia. Standing ovation
Etna Doc Bianco Ante – I Custodi delle Vigne dell’Etna
Resina e nocciole si fondono all’unisono in un sorso dalle curve morbide, fatte di toni caldi e glicerici in una chiusa discretamente fresca.
Etna Doc Bianco Quantico – Quantico
L’armonia è tutta in un profilo olfattivo che rimanda all’amaretto e a una confettata di mandorle e poi ad un’imprevista, ma quanto mai piacevole, nota di carrube. Quella stessa armonia che si avverte in un sorso di equilibrio, che viaggia in una lunga linea di freschezza e morbidezza al pari.
Etna Doc Rosso Feudo di Mezzo – Calcagno
La terziarizzazione dei profumi è tutta nell’identità della china e di erbe officinali tra una trama tannica svolta in un sorso di potenza che regala ancora qualche rantolo di freschezza sul finale.
Etna Doc Rosso Archineri – Pietradolce
L’ eleganza olfattiva lascia presagire ancora lunghe visioni future che oggi si presentano sotto forma di potpourri e di ciliegia scura, mentre il palato si avvolge in un sorso connotato da notevole finezza gustativa e in una ventata di leggerezza in retronasale regalata da un aroma di arancia sanguinella.
Etna Doc Rosso Rampante – Cantine Russo
A stimolare l’olfatto è di nuovo l’arancia sanguinella, poi il pepe nero e la frutta scura di gelso e di marasca. Ma è l’irriverenza che arriva nella beva il tratto che si lascia ricordare grazie ad un sorso ispido e fresco che vale a rendere la degustazione di un’energia incisiva e vigorosa.
Etna Rosso Doc Millemetri – Feudo Cavaliere
Roccia, lava, sangue e ferro. La mappa geologica dell’Etna è tutta in questo calice che si concede, poi, a docili sentori floreali e accompagna un sorso di notevole equilibrio e riccamente persistente. Standing ovation
Etna Rosso Doc Nerello Mascalese – Masseria Setteporte
Petali di rose, poi china, poi sentori sotto spirito, dove tutto vale a rimandare l’eleganza e la sottigliezza di profumi che accompagnano un sorso, con il pregio di avere la stessa coerenza del suo naso ed è il sale, alla fine, che vale a chiudere l’intera degustazione.
Marsiliano – La Sibilla
Mantiene l’aspetto di un fanciullino e quel colore vivido e luminoso gli valgono il conio di essere un Benjamin Button del vino tra profumi vibranti che sanno di mirtillo, poi di eucalipto e giocano con tutti i toni e semitoni della viola e della liquirizia in un sorso dai rimandi sapidi e minerali. Invecchiassero così anche gli esseri umani, vorrei essere anch’io un Marsiliano.
Profumo di Vulcano – Federico Graziani
Le venature delle colate etnee paiono cadere come le lacrime di queste calice, intriso di note vulcaniche ad ogni sua roteazione. Così tanto che è fuor dubbio la sua provenienza perché il côté più evidente è proprio di un naso che si staglia su una nota di autentica matrice minerale. Tutto ha calibratura e personalità: il calore del millesimo, il sale del luogo che lavora per riassestarlo e la freschezza, ancora disarmante, di un sorso saldo e roccioso. Standing ovation
Etna Doc Rosso Serra della Contessa – Benanti
L’iris, il cuoio, l’humus: odori che viaggiano sulla stessa densità tattile anche nel sorso, dal tannino integralmente svolto e dalla media acidità che fa presagire che è oggi il suo miglior tempo di bevuta.