Sull’Etna fervono i preparativi per l’Etna Days, il primo grande evento organizzato dal consorzio Doc Etna che a settembre prossimo, dal 13 al 18 vedrà ospitare un copioso numero di giornalisti stranieri che assaggeranno (tanto) vino del vulcano, gireranno (tanto) per cantine e conosceranno così (tanto da vicino) l’Etna.
Ma l’agenda del consorzio è fitta di altri impegni da qui a fine anno e anche oltre. Maurizio Lunetta, direttore del consorzio Doc Etna racconta in anteprima a Cronache di Gusto gli ambiziosi progetti futuri ma si sofferma anche su quanto sta accadendo all’ombra del vulcano, un terroir del vino dal futuro molto promettente. Non solo Etna Days ma anche l’ipotesi di trasformare la Doc Etna in Docg. Ed ancora un progetto che potrebbe portare l’Etna Doc in giro per il mondo. Attacca Lunetta: “Etna Days è un evento del consorzio rinviato per ben due volte a causa della pandemia. Finalmente ci siamo. A settembre ci sarà la prima edizione con un incoming di 45 giornalisti di cui 15 americani, 10 dal resto dell’Europa e venti italiani. Prevede oltre a un significativo banco di assaggio che si terrà a Villa Neri anche due giorni di tour delle cantine. I giornalisti saranno divisi in gruppi. Poi porteremo la Doc Etna a Catania giorno 17 dove i produttori incontreranno i giornalisti e successivamente ci sarà un grande wine party con oltre 400 invitati al Palazzo della Cultura. Nei giorni di Etna Days, meteo permettendo, è prevista anche un’escursione al cratere. Il nostro obiettivo, come è comprensibile, è quello di incrementare il numero dei giornalisti che conosce i vini del vulcano. E quindi far parlare di Etna ben oltre i confini nazionali e regionali. Gli Stati Uniti sono il nostro mercato di riferimento. Ed è la prima volta che il Consorzio organizza una iniziativa promozionale di tale portata”.
Aggiunge Lunetta: “Il parterre degli invitati è di tutto rispetto. Diffonderemo i nomi dei giornalisti ai soci. C’è grande aspettativa. Prima del banco di assaggio previsto per mercoledì 14 settembre inviteremo un vulcanologo che con parole non accademiche spiegherà l’Etna ai giornalisti. Prevista anche una visita a un palmento rupestre in cui dimostriamo che da noi il vino si faceva prima dell’arrivo dei greci”. Qualcuno però sostiene che c’è sempre il rischio che di Etna se ne parli più di quanto poi in realtà se ne beva. Ma per Lunetta questo non è un problema: “Che se ne parli molto è sempre un bene. Oggi la Doc Etna è rappresentata da 4 milioni e mezzo di bottiglie. Nel 2013 erano un milione e mezzo. Sono triplicate in dieci anni e questo numero dà l’esatta dimensione del fenomeno. E difronte a questa crescita è ovvio che se ne cominci a bere sempre più. E c’è ancora un certo spazio, non infinito, per crescere. È anche vero che con la pandemia c’è stato un momento di turbolenza misto a paura, le piccole e piccolissime cantine hanno sofferto. Ma hanno recuperato”.
Ma poi per il direttore del Consorzio c’è un aspetto molto confortante rispetto al sistema vino: il valore medio. “Dobbiamo sempre migliorare – dice -. Ma partiamo da un valore medio molto confortante visto il panorama del Sud Italia. L’Etna è una enclave che da questo punto di vista può dare e sta dando ampie soddisfazioni. E poi la critica internazionale ha dimostrato di amare l’Etna. Perché? Perché sono vini riconoscibili con caratteristiche uniche. Altitudine, clima continentale, alta acidità, componente aromatica significativa, insolazione da territorio del Mediterraneo e poi il suolo, il suolo vulcanico che li rende molto riconoscibili. La Doc Etna è amata dai winelover più evoluti”. Il ragionamento si sposta sul disciplinare della Doc. Per esempio, tra le ultime modifiche approvate, quella riguardante il numero minimo di piante ad ettaro per i nuovi impianti: 4.600. “Prima – dice ancora Lunetta – avevamo rese di 90 quintali di uva senza avere il paletto delle piante. E altra cosa importante abbiamo caratterizzato ancora di più lo spumante che deve avere almeno l’80 per cento di Nerello Mascalese. E abbiamo aperto il dossier della Docg. Entro fine anno il consorzio farà una prima proposta ai soci”.
E dopo Etna Days si attende il via libera da Roma a un contratto di filiera che vede insieme Etna e Montepulciano dedicato alle imprese che potranno beneficiare di circa 21 milioni mentre il consorzio potrà avviare un progetto di promozione di 1,8 milioni per finanziare al 100 per cento varie iniziative tra cui il prossimo Vinitaly, e alcuni workshop a Milano, Berlino e a New York. “Ma su tutto questo – aggiunge il direttore – aspettiamo il benestare del ministero. E infine partirà un ampio progetto di ricerca dedicato alla zonazione innovativa assieme a università di Catania, università di Bicocca a Milano e al Crea. Installeremo centraline per il meteo che serviranno anche a dare l’allerta ai produttori per le malattie fitosanitarie e tanto altro ancora. Tutto partirà tra circa un anno. Ed infine avvieremo un percorso perché la Doc possa ottenere un certificato di sostenibilità sulla scia di quanto fatto dal consorzio della Doc Montepulciano”. Già, ma spieghiamo tre motivi per bere Etna adesso? Lunetta non si sottrae: “Perché è un territorio di grandissima valenza culturale ed ambientale – ricordiamoci che L’Etna è patrimonio Unesco -. E poi alta qualità riconoscibile. Terzo, per l’eleganza che nei vini dell’Etna è un altro tratto distintivo”.
F. C.