di Marco Sciarrini
Quando si raccontano storie di viticoltura veneta, in particolare di un territorio “benedetto” dal Piave, ci si imbatte in un passato di agricoltura nato da mezzadria, ed è questo il caso di Sante Cecchetto che nel 1985, dopo una vita di sacrifici rileva il podere che da tempo curava a Tezze di Piave (TV).
Le pianure trevigiane conosciute, da più di cinquecento anni, come Patria del Raboso oggi ci raccontano di un altro vitigno che dà lustro a questo territorio, l’Incrocio Manzoni, nelle terre non lontane dalla Scuola Enologica di Conegliano dove il figlio Giorgio ottiene il diploma di enologo nel 1982 e dopo un’esperienza in un’azienda del territorio, nel 1986 prende in mano le redini dell’azienda agricola. Giorgio che oggi, insieme alla moglie Cristina e ai figli Marco, Sara e Alberto, gestisce, una realtà di 110 ettari sviluppata in tre località della Marca Trevigiana: Motta di Livenza, Cornuda e Tezze di Piave, in cui si trova la sede principale dell’azienda. Il Piave,fiume da un lato benevolo e materno, dall’altro potente, quasi devastante nelle sue piene autunnali, che dà origine a terreni alluvionali, ghiaiosi e fertili, ideali per la coltivazione di pregiate uve a bacca rossa. La seconda sede è più ad Est, a Lorenzaga (TV) nel comune di Motta di Livenza, una zona nel corso dei millenni ha visto il passaggio di glaciazioni, di scioglimenti e successivi depositi alluvionali, che hanno lasciato minute particelle di argilla calcarea nel terreno. A basse profondità, poi, compaiono strati di aggregazione di carbonati, da cui il tipico detto locale “terreni ricchi di caranto”, conformazione geologica ideale per i rossi, quali il Cabernet Sauvignon ed il Merlot, ma anche per i bianchi con spiccata sapidità, appunto come il Manzoni Bianco. Altro sito dove i Cecchetto allevano sono le alture del Montello e dei Colli Asolani, con l’Asolo Prosecco Superiore Docg con vigneti di Glera esposti al sole, dove il clima è secco d’estate e rigido d’inverno e il substrato superficiale è costituito da argille ferrettizzate, di colore bruno rossastro.
(La cantina)
“Tra le botti si entra in contatto con la cultura e la storia di un territorio, nei sapori si riscoprono le origini di grandi vitigni autoctoni e non solo – dichiara Giorgio Cecchetto – il vino con le sue particolarità e qualità deve diventare ambasciatore dell’identità e dell’originalità di una terra antica, che nelle generazioni future troverà la sua consacrazione”. Ma il motivo per cui siamo qua è l’approfondimento su un vitigno a me caro e per il quale confesso di avere un debole, vuoi per la sua finezza che per la versatilità, che potremmo ribattezzarla una questione di incroci. Come tutti sanno questo vitigno è il frutto degli studi di Luigi Manzoni, storico preside dell’Istituto Cerletti di Conegliano Veneto, dal 1912 al 1958. Dallo studio e dalla sperimentazione attraverso incrocio e ibridazione, ha origine l’Incrocio Manzoni, una varietà d’uva capace di contrastare i problemi derivanti dalle ampelopatie. A partire da metà Ottocento, con l’aumento degli scambi commerciali tra continenti e la totale mancanza di controlli fitosanitari, in Europa arrivano le prime specie di parassiti, nello specifico in viticoltura si manifesta nel trevigiano intorno al 1850 l’oidio, seguita poi dalla peronospora nel 1880. Una situazione che peggiora con la fillossera, comparsa in Italia nel 1879 e nella provincia di Treviso nel 1900. Da qui la necessità di trovare un vitigno resistente ai nuovi parassiti. L’Incrocio Manzoni è classificato con il numero 6.0.13. Frutto di Pinot Bianco e Riesling Renano. L’azienda dei Cecchetto ha anche a cuore la sostenibilità con responsabilità sociale per ridurre il proprio impatto ambientale con l’obiettivo di diventare “Climate Positive” entro il 2026. Al riguardo l’azienda messo a dimora mille nuovi alberi tra le colline asolane, a Coste di Maser in provincia di Treviso, contribuendo alla rinascita di un bosco esistente da oltre tre secoli, un tempo abbandonato.
(Incrocio Manzoni)
Grazie a queste iniziative nel 2017 ha ottenuto due importanti certificazioni di sostenibilità: Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata) e Viva – La Sostenibilità nella Vitivinicoltura in Italia. La prima certificazione, rilasciata dal Mipaaf, garantisce un sistema agricolo di produzione basato su metodi agronomici e di difesa naturali, attenti alla preservazione della biodiversità locale. Con la certificazione Viva del Ministero della Transizione Ecologica, invece, ogni due anni l’azienda valuta le proprie prestazioni di sostenibilità e sviluppa piani di miglioramento, prendendo in considerazione quattro indicatori essenziali: aria, acqua, territorio e vigneto. Con “aria” si indica la cosiddetta carbon footprint, ossia le emissioni totali di gas serra, associate alla produzione di una bottiglia da 0,75 litri. Il secondo indicatore considera il consumo di acqua dolce utilizzata per l’irrigazione dei vigneti e per le attività della cantina. Il terzo esamina l’impatto dell’azienda sia in termini paesaggistici, che socio-economici. Infine, l’indicatore “vigneto” valuta le pratiche di gestione agronomica. A sostegno di queste certificazioni, dal 2020 l’energia impiegata dai processi produttivi deriva solo da fonti rinnovabili, grazie anche all’utilizzo di impianti fotovoltaici. Inoltre, l’azienda gestisce i boschi di proprietà secondo i principi di Fsc aderisce ad iniziative nazionali e internazionali di riforestazione e tutela delle biodiversità animali e vegetali. La sostenibilità per Cecchetto si concretizza anche con azioni e progetti inerenti al riuso e al riciclo. Dall’impiego di packaging certificato, all’adesione a progetti di green economy, come RafCycle e Progetto Etico di Amorim Cork Italia, l’azienda è impegnata nella ricerca di nuovi materiali e soluzioni di confezionamento, con l’intento di ridurre gli scarti prodotti dalla propria attività produttiva. Infine, l’attenzione dell’azienda tocca anche tematiche di spessore sociale: Giorgio e Cristina sono vicini all’Associazione Italiana Persone Down – sezione Marca Trevigiana. Dal 2005, ogni anno, i ragazzi dell’Aipd si trasformano in vignaioli ed enologi, producendo circa 1500 bottiglie di Raboso del Piave, che con orgoglio presentano in primavera presso lo stand della Regione Veneto al Vinitaly di Verona. L’iniziativa è realizzata nell’ambito del Progetto Autonomia Sociale, che vede i ragazzi coinvolti in tutte le fasi della produzione del vino: dalla vendemmia alla pigiatura, dalla lavorazione all’imbottigliamento, fino alla realizzazione delle etichette, rigorosamente disegnate a mano.
Manzoni Bianco Igt Marca Trevigiana 2021
100% Manzoni Bianco. Su terreni posti in pianura formati nel corso dei millenni e delle glaciazioni e dei successivi depositi alluvionali, trasportati dalle acque di scioglimento degli antichi ghiacciai che ritirandosi, rilasciavano minute particelle di argilla calcarea, in leggera profondità si riscontra la formazione di vari strati di aggregazione di carbonati, da cui ne esce il tipico detto locale “terreni ricchi di caranto”. Breve macerazione a freddo nelle bucce per 8 ore, segue pressature soffice dove viene separato il mosto fiore dalle bucce, mantenuto in stabulazione a freddo in appositi serbatoi a temperatura controllata per almeno 15 giorni. Dopo la decantazione a freddo il mosto limpido viene travasato e portato a temperatura di fermentazione per l’inoculo dei lieviti. Successivamente travasato e conservato a temperatura controllata con bâtonnage settimanali fino a chiarifica e imbottigliamento. 13% vol. Colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, al naso fine e delicato con note fruttate di pera matura, e frutti tropicali di ananas e Kiwi seguono sensazioni floreali di fiori di campo e di glicine, al palato sorso vellutato con fine presenza acida dove tornano le sensazioni olfattive fruttate e floreali e ben bilanciate con la sua struttura. Finale lungo e persistente su note sapide.