Nonostante la Brexit e la pandemia, il Regno Unito rappresenta un mercato in crescita per l’export agroalimentare italiano e potrebbe crescere ancora visto l’appeal che i prodotti tricolore hanno in quel paese.
Nel Regno Unito post Brexit gli acquisti di prodotti alimentari italiani non sono affatto diminuiti, portando ad una crescita della nostra quota di mercato, che dal 5,6% è arrivata oggi al 6,3%. Il tutto in un trend di riduzione delle importazioni totali di food and beverage su scala mondiale. Uno studio condotto da quattro tra ricercatori e professori della Libera Università del Mediterraneo di Bari (Annunziata Tarulli, Pierluigi Toma, Domenico Morrone e Francesco Manta) analizza le scelte di consumo degli acquirenti del Regno Unito (anche on line) trovando “sei fattori latenti” alla base della decisione di acquisto. Lo studio sarà presentato alla prossime giornate della Sima (Società italiana management) che si tengono alla Bocconi di Milano dal 30 giugno dal titolo “Aumentare la conoscenza e la fiducia per un business sostenibile”. La ricerca ha dimostrato come alla base delle decisioni di acquisto dei consumatori britannici ci siano qualità, freschezza, sostenibilità, tracciabilità della filiera, nonché certificazioni culturali, territoriali e di origine. Ma anche, in un contesto di elevata incertezza come quello del Covid-19, emerge che i consumatori del Regno Unito cercano maggiori informazioni sulla sicurezza alimentare nel processo di acquisto, utilizzando diversi strumenti per la valutazione della qualità. A partire da questi risultati, notano i ricercatori nel loro studio, “l’importanza di un’accurata strategia di comunicazione sulle caratteristiche dei prodotti alimentari italiani, che deve essere chiara e focalizzata su quelle caratteristiche che più attraggono i consumatori stranieri”.
Le aziende italiane, notano i ricercatori, “dovrebbero sfruttare strategicamente e sfruttare il vantaggio competitivo del “Made in Italy”, ad esempio attraverso campagne di marketing territoriale”. In particolare, “è auspicabile adottare strategie di comunicazione e promozione basate su schemi di qualità del prodotto intesi non come mere certificazioni ma come strumenti per promuovere lo sviluppo territoriale, aumentare il valore della filiera e favorire la responsabilità sociale”. In questo modo il concetto di origine diventa “sinonimo di qualità, tradizione, unicità e identità territoriale, trasformando il consumo in una remota esperienza territoriale per il consumatore”. Inoltre, un passaggio sull’importanza di scongiurare le frodi alimentari: “l’efficacia delle azioni contro i prodotti alimentari italiani contraffatti, infatti, si basa sul livello di educazione del consumatore finale alle caratteristiche del prodotto. Pertanto, comunicare e valorizzare tutti questi aspetti dell’offerta italiana potrebbe essere una grande opportunità per le imprese italiane”.
C.d.G.