In un antico borgo toscano un ingegnere-contadino guida un’azienda agricola che si estende per 500 ettari nella Val d’Orcia (Patrimonio dell’Unesco dal 2004), sulle colline senesi. Si chiama Pasquale Forte e si definisce “direttore d’orchestra”.
I suoi “musicisti” producono in primo luogo grandi vini, si prendono cura dei vigneti, degli uliveti, dell’orto botanico, dell’allevamento dei maiali di cinta senese (da cui ricavano eccellenti salumi), del gregge di pecore, delle vacche di razza Chianina, degli animali da cortile, fino ai campi di grano che circondano l’iconica Cappella di Vitaleta. Tutto ha avuto inizio a metà degli anni ’90, quando l’ingegnere visita l’area di Castiglione d’Orcia e se ne innamora perdutamente. Nel 1997 decide di dare vita all’azienda agricola che porta il suo nome scoprendovi all’interno un luogo dalla storia centenaria: il Podere Petrucci, ormai abbandonato. Esso diverrà il luogo di elezione per recuperare la tradizione agricola e vitivinicola valdorciana. Da questo incontro nasce dunque un’entità nuova ed antica, pronta ad ereditare l’impegno di generazioni contadine affinato da un bagaglio di esperienze contemporanee. Questo è Podere Forte.
(Enoteca Otto a Senago)
Presso Enoteca Otto a Senago in provincia di Milano abbiamo avuto l’occasione di immergerci nella qualità delle produzioni biodinamiche dell’azienda, volte non solo a valorizzare il territorio attraverso i vini, ma anche a conservare e migliorare i terreni, per lasciare un ambiente migliore alle generazioni future. Il vino si sa, è lo specchio del suolo che lo produce, è lo specchio del duro lavoro impiegato per la sua produzione, e figlio della passione delle persone che faticano per farlo. I vini di Podere Forte profumano di Val D’Orcia e di duro lavoro, restituendo nel calice tutti gli sforzi profusi per il lavoro nei campi.
La degustazione parte da Villaggio 2019, etichetta che rappresenta “l’ingresso a Podere Forte”. Iniziamo gli assaggi dai 100% Sangiovese. E’ un vino le cui uve provengono dall’assemblaggio di diverse parcelle di Podere Forte, le vigne più giovani, allevate ad alberello seguendo pratiche biologiche e biodinamiche. Un vino pronto, nonostante la sua giovinezza, che riempie la bocca con note selvatiche, balsamiche e di frutto fresco. Un entry-level che fa capire come lavora l’azienda, che mette in risalto le grandi caratteristiche dei suoi terreni già dalla prima etichetta.
Proseguiamo poi con Petruccino 2018, per cui vengono utilizzati i vigneti più giovani del “cru” Petrucci, parliamo anche qui di un sangiovese 100%, con un affinamento di 12 mesi in botti grandi e con un leggero passaggio in barriques usate. Passiamo subito ad una maggiore rotondità, grande avvolgenza ed eleganza, un vino che inizia a far capire il modo in cui lavora Podere Forte. Aggiungiamo che non è assolutamente facile ingentilire così tanto le giovani annate di sangiovese, se non con un grande lavoro in vigna.
Il terzo vino in degustazione è Petrucci Anfiteatro 2016, iniziamo a scendere con le annate. Anch’esso 100% sangiovese ma con vigne collocate in un “cru” 400 metri sul livello del mare. Un vino ancora fresco ma non verde, con note fruttate delicate e qualche parte balsamica. Una grande bevuta che evolve nel calice durante la degustazione; un vino di livello che si presta a svariati abbinamenti gastronomici. Uno dei top-tasted della degustazione.
Quello che possiamo considerare il suo fratellino è Petrucci Melo. Una rarità contata in 2160 bottiglie, un altro 100% sangiovese che colloca le sue uve a 550 metri sul livello del mare. Una potenzialità evolutiva incredibile donata dalla sua acidità, che bilancia una grandissima complessità data da struttura e aromi. Spezie, profumi di sottobosco, balsamici e vanigliati. Un vino quasi da meditazione ma dalla beva facilissima. Vino simbolo e forse il più grande lavoro commercializzato da Podere Forte. Entrambe le ultime etichette degustate si trovano a 179€ a scaffale all’enoteca Otto di Senago.
Chiudiamo la degustazione dei rossi con due tipologie di Guardiavigna, un altro dei grandi vini dell’azienda, da sempre caratterizzato da un blend di Merlot, Petit Verdot e Cabernet franc, che trova la massima espressione in una singola vigna: vigna Orniello. Assaggiamo le due varianti nella 2016, che è un 100% Cabernet franc di un’eleganza incredibile,
e nella 2014, invece un blend dei tre vitigni sopracitati, che sprigiona note di piccolo frutto nero, eucalipto, salvia, tabacco dolce. Grande intensità liberata nonostante un’annata difficile, che testimonia anche il grande lavoro effettuato dall’enologo nel bilanciare i tre vitigni differenti.
Insomma, una degustazione veramente incredibile e memorabile, che si chiude con i grandi salumi prodotti dall’azienda seguendo gli stessi dettami etici seguiti per la viticoltura. Salumi di cinta senese veramente buoni. L’abbinamento? Una bollicina, lo spumante metodo classico Ada, espression della freschezza e della mineralità dei suoli. Il nome, Ada, racchiude ciò che di più prezioso c’è: l’Amore incondizionato e sincero per una figlia, per la famiglia. Naso teso e profondo con note agrumate, di salvia fresca e menta, con un finale iodato. Bollicina croccante e piacevole.
Gianluca Rossetti