IL PRODOTTO/2
Per renderlo più appetibile, alcuni produttori della provincia di Palermo si sono attrezzati, mettendone in commercio alcuni esemplari privati delle spine grazie all’uso di speciali macchine. “Ed ecco la specie senza semi”
Il ficodindia
che non punge
Senza semi, ma soprattutto senza spine. Così il ficodindia diventa amico delle massaie ed ha più facile accesso alle tavole degli italiani.
Il frutto dell’Opuntia ficus-indica è stato da sempre un po’ messo in disparte per quelle sue fastidiose spine che trasformano la mondatura in una vera tortura. Da un po’ di tempo però i produttori si sono attrezzati: “Per rispondere ad una esigenza di mercato – spiega infatti Rosolino Romano, produttore e commerciante di fichi d’India a Roccapalumba, in provincia di Palermo – e poiché non ne esistono in natura di specie prive di spine, abbiamo pensato di mettere in commercio questi deliziosi frutti della terra di Sicilia già despinati. Il meccanismo prevede il passaggio dei fichi da dei macchinari che li accarezzano uno per uno con delle spazzole ed eliminano così le tanto odiate spine che non sono altro che le foglie dell’Opuntia”.
Altro fattore che spesso rende restii alla degustazione del ficodindia sono i semi che esso porta con sé e spesso in grande quantità. “Da alcuni anni – racconta Rosolino Romano, nel settore da venti anni ormai – abbiamo sottoposto allo studio della facoltà di Agraria dell’Università di Palermo una specie di Opuntia che produce dei frutti in parte apirenici, ovvero con pochissimi semi. I risultati di questo studio hanno messo in evidenza che in esse il fiore non sviluppa il tubo pollinico”. Ed è proprio questo particolare la causa della minima presenza dei semi. “Certamente – conclude uno dei primi commercianti di fichi d’India del comune di Roccapalumba – si tratta di una sorta di errore genetico che desta, però, in noi produttori grande interesse. Tanto che tre anni fa ho deciso di piantare un centinaio circa di questa varietà nel mio frutteto grande circa 8 ettari. Da qui all’anno prossimo, quando le piante giungeranno all’età adulta vedremo e assaggeremo i frutti”.
Pi. Zag.