di Maddalena Peruzzi
Graspo è un acronimo che sta per Gruppo di Ricerca Ampelografica Sostenibile per la Preservazione della biOdiversità viticola.
Un’associazione più unica che rara, e a tratti anche visionaria, creata da tre nomi noti del panorama enologico veronese: Aldo Lorenzoni che è stato per 23 anni direttore dei consorzi di tutela del Soave, del Lessini Durello, dell’Arcole e del Merlara; Luigino Bertolazzi che è stato presidente di Assoenologi del Veneto occidentale; Giuseppe Carcereri enologo e consulente. Di cosa si tratta? È un’associazione senza scopo di lucro che si occupa di studiare quelli che i fondatori chiamano simpaticamente, ma anche con grande realismo, “bastardi in culla”: vitigni autoctoni del territorio, nazionale e internazionale, che sono stati abbandonati, dimenticati, sottostimati, mai catalogati e in certi casi addirittura mai scoperti prima.
C’è un modo di dire veneto piuttosto colorito che recita: “brutto in fassa, bello in piassa” (brutto in fasce ovvero appena nato, ma bello in piazza ovvero da grande). Ecco, in un certo senso l’associazione Graspo studia questi vitigni autoctoni che sono stati considerati “brutti in fasce” e quindi sottovalutati o addirittura abbandonati, per capire se possono diventare “belli in piazza”. Cioè se hanno del potenziale, se possono essere recuperati, se possono diventare buoni vini sia in purezza che da taglio. E perché farlo? Perché la biodiversità della vite è un patrimonio di inestimabile valore che rischia di andare perduto per sempre, se nessuno si prende la briga di recuperarlo, ma attenzione: “Non è solo un interesse storico e culturale il nostro – sottolinea Lorenzoni – non ci interessa studiare queste varietà sul piano teorico a scopo documentaristico. Le selezioniamo, osserviamo in vigna come si comportano durante l’allevamento, ne analizziamo il Dna in laboratorio e poi le vinifichiamo tutte. A noi interessa la prova dei fatti per valutare il potenziale reale di ogni vitigno, i punti di forza, i punti di debolezza, i possibili impieghi. Il nostro è un lavoro concreto che speriamo possa essere utile ai viticoltori. Riteniamo che alcuni di questi “bastardi in culla” oggi in disuso siano autoctoni straordinari, dal grande potenziale, vitigni che meritano di essere allevati e vinificati ancora affinché diventino un valore aggiunto per i vini del territorio”.
Come si diceva, l’associazione Graspo verrà presentata ufficialmente al prossimo Vinitaly, perché non c’è migliore occasione o vetrina per affacciarsi al mondo del vino, ma ai più attenti non erano sfuggite, in questi ultimi anni, le peregrinazioni di Lorenzoni e Bertolazzi su e giù per le varie regioni viticole d’Italia a caccia di vitigni interessanti. E quando, in anteprima, ci hanno aperto le porte della loro cantina-laboratorio ci è apparso subito evidente che di lavoro ne hanno già fatto parecchio, soprattutto per quanto riguarda il Veneto. Sugli scaffali ci sono già centinaia di bottiglie di vino catalogate con grande cura. “Un vero e proprio laboratorio enologico – spiega Bertolazzi – perché è importante fare alcune prove di vinificazione per ogni vitigno preso in esame e successivamente è fondamentale osservare anche l’evoluzione di questi vini negli anni, valutare come cambiano, se reggono. Solo così è possibile avere un quadro completo: osservando ogni vitigno dalla vigna, alla bottiglia, alla prova del tempo”. Dalla culla alla piazza, come si diceva. Per quanto riguarda il Veneto, territorio di partenza dell’associazione, si stanno già profilando delle varietà interessanti che hanno destato l’interesse di alcuni produttori della zona. Insomma, ancora prima della presentazione ufficiale, Graspo sta già facendo parlare di sé. E attenzione: il Veneto è solo il punto di partenza. L’ appuntamento con Graspo al Vinitaly è lunedì 11 aprile, alle ore 11 in Sala Respighi e alle ore 16 presso lo stand del Consorzio Tutela Colli Euganei, padiglione 5 stand E7. Durante l’incontro verrà anche presentato il primo libro dell’associazione che si intitola “La biodiversità viticola. Vitigni dal passato per i vini del futuro” (prefazione di Attilio Scienza) e si potranno assaggiare i vini derivati dai 17 vitigni di cui si parla nel libro.