IL DIBATTITO/2
Doc Sicilia, vendemmia verde, crisi: i rappresentanti del settore enologico dell’Isola intervengono dopo la pubblicazione della lettera del presidente di Assovini Diego Planeta su Cronache di Gusto
Il futuro del vino in Sicilia
Circa una settimana fa Diego Planeta, presidente di Assovini e di Settesoli scriveva una lunga lettera indirizzata al direttore di Cronache di Gusto Fabrizio Carrera ma che voleva arrivare al cuore di tutti gli amanti del mondo del vino e soprattutto a quello di chi col vino lavora tutti i giorni.
I temi erano molteplici: la crisi, le opportunità per la nostra regione, i viticoltori allo stremo, la vendemmia verde e la Doc Sicilia. Abbiamo sentito alcuni rappresentanti del mondo del vino in Sicilia e riportiamo le loro considerazioni proprio su questi temi sensibili.
Sull’opportunità o meno di fare la Doc Sicilia ci sono pareri discordanti. Alberto Aiello Graci proprietario, enologo ma anche agronomo della cantina Graci a nord dell’Etna (Passopisciaro), a Castiglione di Sicilia ritiene che “la Doc regionale può andar bene a patto che territori importanti come quello dell’Etna non diventino una sottozona”. Graci si pronuncia anche sulla questione del mercato estero: “E’ giusto – dice – attaccare ora il mercato internazionale dagli Stati Uniti ai paesi europei: l’importante è che lo si faccia in gruppo perché quello che si deve comunicare è il territorio e non la singola azienda”. Gran parte dei produttori, infatti, investono molto sulla sicurezza dei pagamenti dei clienti esteri piuttosto che su quelli italiani che spesso, non sempre, pagano in ritardo. “Il 70% dei miei clienti in Italia – racconta Mimmo Bonetta, proprietario della cantina Baglio del Cristo a Campobello in provincia di Agrigento – paga dopo la scadenza dei termini pattuiti. Nonostante ciò cerchiamo di dividere equamente le nostre energie sia sul mercato estero, dove vendiamo il 40% del nostro prodotto, sia sul territorio nazionale”. Bonetta si esprime anche sulla questione Doc Sicilia: “Sono d’accordo – dice -. A due condizioni però: che la normativa preveda l’imbottigliamento del prodotto all’interno del territorio regionale e che la Doc venga estesa a tutta l’Isola”.
Sullo stesso argomento diversa è la posizione di Alessandro Parisi, responsabile marketing e comunicazione della cantina Orestiadi: “Penso – dichiara – che la forza del territorio siciliano stia proprio nella sua eterogeneità, quindi un sistema Doc Sicilia modello Prosecco Veneto, pensato di concerto con i produttori siciliani, potrebbe negli anni contribuire anch’esso a migliorare la situazione della viticoltura siciliana, creando e tutelando maggiormente, quelle che in molti definiscono “nicchie di territorio””. Con Parisi trattiamo un argomento spinoso sollevato sempre all’interno della lettera di Planeta alla redazione di Cronache di Gusto: la vendemmia verde. “Si tratta – dice Parisi – di un vero specchietto per le allodole. E’ la dimostrazione di come sia più semplice sostenere piuttosto che pensare a sistemi da legare alla qualità. E’ necessario invece investire sul territorio e sulle sinergie. Ma la verità è che in Sicilia è difficile aprire un dialogo lasciando l’invidia fuori dalla porta”.
D’accordo sul no secco alla vendemmia verde c’è anche Nino Piazza, presidente della cantina Castellucci Miano aValledolmo: “Non è questa la giusta soluzione – dice – per superare i problemi di mercato. La scelta di sostenere i vignaioli con la vendemmia verde è solo una soluzione temporanea. La strada giusta invece è quella di innalzare i parametri della qualità dell’uva ed investire sulla qualità”. Anche Piazza esporta il 40% delle sue 120mila bottiglie all’estero ed anche lui conferma che in Germania o in Svizzera i pagamenti avvengono alla consegna o addirittura in anticipo.
Quaranta per cento di esportazione all’estero anche per Filippo Cesarini responsabile commerciale della cantina Florio che produce ogni anno 14 milioni di bottiglie. “Si tratta del 30% in più rispetto allo scorso anno” ha dichiarato Cesarini che si pronuncia anche sulla Doc dicendo che a causa delle specificità del territorio siciliano è meglio fermarsi alla Indicazione geografica tipica. D’accordo con Cesarini ed in linea con la maggior parte delle altre posizioni degli addetti ai lavori su quest’ultimo argomento c’è anche Nicolas Gatti, proprietario della tenuta omonima a Patti: “La Doc farebbe perdere la concezione del singolo territorio – sostiene -. E’ meglio mantenersi un gradino sotto con l’Igt”.
Piera Zagone