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L'intervista

Dario Stefàno: “Vi spiego perché la cultura del vino dovrebbe essere insegnata a scuola”

25 Marzo 2022
Dario Stefàno Dario Stefàno

Personaggio dell’anno per Assoenologi 2021 “Per la dedizione e le attività svolte a favore del vino”, Dario Stefano, attualmente Presidente della Commissione permanente Politiche dell’Unione Europea, oltre a essere lui stesso produttore in Puglia, si è distinto per diverse attività legislative quali la disciplina del settore dell’enoturismo e oleoturismo. Di recente si sta discutendo parecchio anche dell’insegnamento del vino nelle scuole, inteso come prodotto culturale che si inserisce nel solco della tradizione storica del Belpaese oltre che fonte sempre maggiore di interesse specie in ottica professionale. Diverse sono state nelle diverse legislature le proposte in tal senso e altrettanti progetti sono stati avviati, in via sperimentale, proprio a partire da quest’anno scolastico negli istituti alberghieri e turistici. Proprio per questo motivo, allo scopo di una maggiore chiarezza sul tema, abbiamo chiesto al senatore di far luce sugli aspetti fondamentali della sua proposta e quelle trascorse.

Sono diverse le proposte in Parlamento relative all’insegnamento della cultura del vino nelle scuole. Per fare chiarezza: cosa distingue la proposta di Sani del 2015, la proposta di Brunetta del 2019 e la sua iniziativa con il ddl 2179?
“Il disegno di legge da me presentato ad aprile 2021, sottoscritto da numerosi colleghi, prevede l’inserimento nelle scuole primarie e secondarie (di primo e secondo grado) dell’insegnamento curriculare di storia e civiltà del vino. Questo è un primo elemento di differenziazione. Inoltre, altra differenza, anche nelle scuole secondarie di secondo grado, con indirizzo agrario, agroalimentare e agroindustriale nei percorsi professionali alberghieri e del turismo, il ddl prevede che questo insegnamento obbligatorio costituisca apposita disciplina di specializzazione. Una scelta che muove da una considerazione sempre più evidente, ma anche paradossale: se da una parte, infatti, è riconosciuto che il vino sia componente essenziale della civiltà mediterranea, al contempo, tuttavia, non è così debitamente diffuso che proprio il vino è un elemento attorno al quale si sono costruite identità, culture e i rapporti tra i popoli. Insomma, si potrebbe raccontare la nostra storia – la storia del nostro Paese – parlando solo del vino, perché parlare del vino significa parlare di storia. A conferma di questo straordinario intreccio basta citare la difficoltà di determinare l’origine etimologica della parola vino: ci sono attribuzioni che la riportano al sanscrito, altre al greco e addirittura a tracce semitiche. A dimostrazione di una naturale condivisione di quello che è un elemento comune a tutti questi differenti popoli”.

La vitivincoltura, si legge nel ddl 2179, è fonte di occupazione e reddito e (…) si presta a svolgere la funzione di potente fonte di investimento per le giovani generazioni. Quali opportunità, in termini pratici, può offrire l’istruzione, intesa come scuola e università, a chi intraprende un percorso enogastronomico? Quali potrebbero essere le professioni del futuro in questo senso?
“L’interesse per il vino, nel corso degli anni, si è via via esteso, andando ben oltre il mero consumo, tanto che l’intero processo produttivo del vino è elemento di appeal e di qualificazione dell’offerta turistica. Il vino è oggi il “pivot” di esperienze – proposte per raccontare territori e caratteristiche, ma anche storia, tradizioni, cultura – nelle quali la degustazione è solo uno dei tanti momenti proposti. E dunque, il saper raccontare tutto questo “non detto” che troviamo sublimato in un calice di vino è parte della sfida che con il disegno di legge si intende cogliere. Il vino, in modo sempre più evidente, è “uscito” dagli ambiti che lo inquadravano nel mero settore primario, andando ad abbracciare quegli aspetti che lo avvicinano al turismo e alla ricettività. Saper offrire dunque un’esperienza capace di raccontare non solo i processi produttivi del vino stesso ma il contesto storico, culturale e antropologico in cui il vino è innestato e di cui il vino è espressione è la sfida che dobbiamo saper cogliere nei prossimi anni. Investire in termini di un’istruzione capace di valorizzare quello che è un patrimonio nascosto e non sfruttato è certamente un obbligo per il legislatore così come una straordinaria opportunità per quelle comunità che hanno riscontrato difficoltà nell’andare a irrobustire e diversificare la filiera della produzione primaria. Per fare tutto ciò, occorre formare le persone, qualificarle con la piena integrazione di questi aspetti. Anche perché il nostro Paese è particolarmente benedetto su questi aspetti, vantando un patrimonio unico al mondo e già ufficialmente riconosciuto essendo stato fregiato del titolo di meta enoturistica più ambita”.

“Storia e civiltà del vino” sembra essere una materia interdisciplinare, che abbraccia varie sfere della conoscenza, dalla storia antica alla geografia a principi di enologia. Quale titolo di studio, a suo avviso potrebbe essere più idoneo?
“È una materia che non può che essere interdisciplinare, perché per parlare di vino non basta parlare di storia, ma dobbiamo risalire addirittura alla mitologia. Chiaramente, questo insegnamento andrebbe declinato con specifiche complessità a seconda del grado di scuola e di indirizzo della stessa, premesso che tale materia dovrà costituire un insegnamento obbligatorio per quanti conseguiranno il titolo di studio di secondo grado con indirizzo agrario, agroalimentare e agro industriale, e gli istituti professionali alberghieri e del turismo perché, così come non ci possiamo permettere che chi è chiamato a stappare una bottiglia non sappia “raccontare” quel territorio, quella cultura che quel vino racchiude ed esprime, allo stesso tempo, non è più ammissibile che chi promuove un territorio non sia a conoscenza del vino del territorio di cui è invece autentico ambasciatore ed espressione”.

Per istituti specifici di specializzazione sarebbe secondo lei il caso di coinvolgere professionisti del settore che già hanno avuto modo negli anni di maturare esperienza e quindi essere in grado di trasmettere il proprio “know – how” in termini concreti agli studenti, evitando i tempi lunghissimi dei concorsi?
“Assolutamente. Sono un convinto sostenitore degli scambi osmotici tra didattica e settore del lavoro. Ritengo, anzi, che il punto di forza utile a dare efficacia effettiva a questo insegnamento risieda proprio nella possibilità concreta di vedere lo studio applicato nei tanti luoghi abitati dal vino. Gli operatori del settore dovranno sentirsi parte integrante di questa piccola rivoluzione culturale in quanto sani portatori di competenze da condividere, e trasferire, con gli studenti. Non li ritengo in alcun modo competitor di quei docenti che intenderanno approcciarsi ai concorsi che saranno legittimamente banditi”.

Sono già partiti in Italia, a diversi livelli e da diverse voci, dagli istituti professionali regionali a iniziative quali quelle delle “Donne del Vino, alcuni progetti relativi all’insegnamento del vino e delle eccellenze gastronomiche. Il ddl ha lo scopo di unificare da Nord a Sud la disciplina in maniera univoca? Ha avuto modo di avere dei riscontri su questo tipo di insegnamenti già avviati?
“Il rilevamento di diversi progetti pilota è ulteriore dimostrazione che il disegno di legge tratta un argomento sentito, richiesto e ricercato. La bontà della proposta di legge sta proprio nella possibilità di rendere questa offerta di studio parimenti diffusa e accessibile al nord come al sud del Paese”.

Lei, o altri suoi colleghi, avete incontrato detrattori a questo genere di iniziative parlamentari? Se sì cosa vorrebbe ribadire?
“In realtà non ho riscontrato detrattori o, ancora, pareri contrari a questa materia. O, almeno, non tra chi abbia un minimo di conoscenza del tema. Anzi, inserire il vino in una cornice profonda di cultura può andare a costituire un momento importante di argine ai fenomeni di abuso di alcol. Perché la prevenzione ha necessità di innestarsi sulla cultura e sulla conoscenza”.