Prima parte dedicata ai migliori Chianti Classico Docg
di Titti Casiello e Federico Latteri
Ma che cos’è la territorialità? Si parla tanto di annate, del loro andamento climatico, di come una zona influenzi le caratteristiche dei vini o possa essere ritenuta migliore di un’altra. Appunto, se ne parla. Ma la verità è che a parlare è il calice. È lui che diventa portatore sano della verità, l’unica che può essere considerata oggettiva e, a volte, salvo le sue evoluzioni in bottiglia, anche granitica. È quanto emerso durante la Chianti Classico Collection 2022, dove a parlare è stato solo il Gallo Nero in tutte le sue espressioni territoriali, dalle varie zone alle sue vigne più vocate. “Uno per tutti, tutti per voi” è, infatti, lo slogan dell’edizione 2022 con un unico Gallo Nero che si fa portatore di un’identità e della sua notevole bevibilità democratica, quella senza orpelli e senza mezze misure. Così com’è. Echi quasi insonori, quelle forme di opulenza olfattiva alle quali il Chianti di un ventennio fa guardava con uno sguardo troppo attento su mercati dominati da un gusto internazionale. Oggi, invece, il credo è “less is more” e i calici in degustazione ne danno piena conferma.
I vini del chiantigiano parlano sempre di più del loro territorio, guardano alla terra dalla quale provengono e profumano sempre di più di quegli odori. Tutto questo trova ancora più forza nell’introduzione delle Unità Geografiche Aggiuntive (Uga), importantissima novità che nasce con l’obiettivo di dare una maggiore identità alle diverse espressioni del Chianti Classico per rafforzarne il legame con i luoghi di provenienza. Le Uga che indicheranno in etichetta il nome della specifica area geografica sono undici: Castellina, Castelnuovo Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, Radda, San Casciano, San Donato in Poggio, Vagliagli. In alcuni casi si tratta del territorio di un comune all’interno della denominazione, in altri di aree più piccole identificabili con le frazioni. Alla stazione Leopolda, la sede storica della manifestazione, nei due spazi allestiti come sempre, uno per la degustazione tecnica con servizio sommelier e l’altro con i banchetti per permettere anche un momento di incontro e dialogo con i produttori, erano presenti 180 aziende con 650 etichette tra Chianti Classico, Chianti Classico Riserva, Chianti Classico Gran Selezione e Vin Santo del Chianti Classico. Per quanto riguarda il Chianti Classico Docg, la maggior parte dei campioni proposti provenivano dalle annate 2020 e 2019. Insieme a loro alcuni campioni di 2021 (39, solo ai banchetti) e vini di annate precedenti fino alla 2013.
Nel 2020 l’andamento climatico è stato caratterizzato da una primavera fresca, seguita da un’estate lunga e calda che comunque ha beneficiato di buone escursioni termiche tra il giorno e la notte. Le piante non hanno subito nessuno stress idrico, soprattutto grazie alle piogge di giugno e settembre. Nel complesso il ciclo vegetativo si è svolto in maniera regolare, portando le uve ad una piena maturazione. Le degustazioni hanno evidenziato precisione nella definizione aromatica, equilibrio e slancio, tutte caratteristiche di un grande millesimo che appaiono già chiare e che crediamo verranno confermate dai riassaggi che si faranno nel tempo. Si riscopre un sangiovese brioso e dalla leggerissima trama olfattiva fruttata. Vini che si spogliano, mostrando la loro essenzialità. La sensazione primaria che emerge è una leggerezza che però non manca mai di espressività, riservando piacevoli emozioni. Anche il 2019, dopo le impressioni positive dello scorso anno, si conferma un’ottima annata dallo stile classico, ma probabilmente non raggiunge i livelli della 2020 in termini di profondità, definizione aromatica, incisività e potenzialità evolutive, come rilevato da diversi confronti tra le due edizioni di una stessa etichetta. Tornando al territorio, due nomi su tutti, Radda e Lamole, zone in grado di esprimere un carattere forte attraverso tratti distintivi che richiamano in maniera diretta il terroir.
Di seguito i nostri migliori assaggi con alcune note (tra parentesi la Uga in cui si trova l’azienda):
Chianti Classico Docg 2020
Bibbiano (Castellina)
E’ delicato all’olfatto con profumi di frutta rossa che risultano impreziositi da un cenno floreale scuro. Al palato rileviamo buona acidità e tannini con qualche lieve spigolosità che verrà presto levigata dal tempo. Piacevole la sapidità in chiusura.
Castello di Monsanto* (San Donato in Poggio)
Spicca immediatamente per l’intrigante verve olfattiva che caratterizza un bouquet dove fiori e frutti paiono acciuffarsi tra loro. Il fascino nel sorso è dato dalla progressione che si avverte e che non si assesta solo su un frutto, ma rimanda a una stratificazione resa, però, scevra da sovrastrutture. La sofisticazione nella sempicità. Standing ovation
Isole e Olena* (San Donato in Poggio)
Qui la mancata purezza del Sangiovese, affiancato da una percentuale che sfiora quasi il 20 per cento di altri vitigni, non ci allontana dal terroir, ma addirittura regala il quid in più con un liquido vivo, sia all’olfatto che al gusto, che gioca sulla sapidità e pare avere le giuste componenti per parlare di evoluzione. Ha la capacità di mordere il presente e costruire il futuro.
Istine (Radda)
Sebbene il naso sia ancora introverso e chiuso, il suo sorso si fa l’esatto manifesto del terroir raddese con una vena acida sottile e quanto mai elegante che gioca su una trama tannica presente, da levigare nel tempo, ma quanto mai appagante. Un vino di incredibile trasparenza territoriale.
L’Erta di Radda* (Radda)
Il nome sembra già dire tutto. E’ un vino dal profilo decisamente verticale che ci affascina con una sensazione che potremmo definire come “piacevole pungenza”, un qualcosa che si esprime al naso con un frutto vivo, integro e al palato con una sferzante acidità che è l’anima di un sorso snello e scattante. Avvincente. Standing ovation
Monteraponi (Radda)
Forse è esattamente questo il territorio di Radda, i suoi vini sono tutto meno che pronti ed immediati. Qui il naso rimanda a sensazioni di corposità pari quasi al sorso che si mostra già pieno e pare avere stoffa da vendere regalando una scia di persistenza notevole. Un calice che va domato e solo il tempo saprà farlo, anche se il suo fascino è già insito in lui.
Podere Castellinuzza-Paolo Coccia (Lamole)
Non è affatto docile e scontato e gioca tutto su note floreali e chiaroscuri olfattivi pungenti e freschi. La bocca diventa un’esplosione di gioia in una linea di equilibrio tra freschezza e morbidezza gustativa, dove alla fine è quest’ultima ad avere la meglio regalando un finale disteso ed appagante.
Riecine (Gaiole)
Essenzialità senza trucco. Quella che profuma di sostanza e concretezza. E che nel calice diventa un brio olfattivo fruttato in un gioco forza gustativo leggero e fresco che fa leva sull’acidità e su tannini garbati.
Chianti Classico Docg 2019
Dievole-Petrignano (Vagliagli)
Profuma di pino, erbe aromatiche e resina. Il sorso è leggiadro con un lungo finale che gioca tutto sul frutto. Il suo carattere a tratti introverso e il gusto in divenire generano curiosità e piacevolezza.
I Fabbri-Terra di Lamole (Lamole)
Mostra un’espressività che fa leva su intensità e tipicità con un bouquet variegato nel quale il frutto appare ben definito. In bocca è fresco, incisivo, persistente, ma soprattutto ordinato grazie ad un equilibrio che è proprio l’elemento che lo caratterizza.
Il Barlettaio (Radda)
E’ sprintoso nel suo spettro olfattivo con un bouquet ampio, schietto e molto pulito nel quale i fini profumi di frutti rossi vengono impreziositi da una sottile nota terrosa. Al palato si mostra scattante e ricco di energia, giocando tra freschezze e godibilità di bevuta. Sapido e molto lungo il finale. Piacevolezza avvincente. Standing ovation
Tenuta di Carleone (Radda)
Si distingue per un naso limpido, fatto prevalentemente di fini note floreali che si integrano molto bene con la parte fruttata. L’assaggio rivela un sorso fresco che progredisce con notevole agilità fino alla chiusura lunga e sapida. Territorio e piacevolezza di beva.
*= campione di botte