di Federico Latteri
Sono trascorsi dieci anni dall’inizio della collaborazione tra Agatino Failla, responsabile commerciale con grande esperienza e competenza nei rapporti internazionali e Benanti, una delle cantine più importanti dell’Etna.
E’ un periodo lungo, ma non lunghissimo, che però racchiude una tale densità di contenuti che a volte è difficile trovare in un’intera carriera. Un decennio che ha visto da un lato cambiamenti rilevanti nell’organizzazione dell’azienda e dall’altro l’esplosione del fenomeno Etna e la sfida ai mercati internazionali. Laureatosi in Scienze Politiche con indirizzo Politico-Internazionale all’Università di Catania, Agatino ha continuato il suo percorso formativo studiando in diversi paesi per poi iniziare l’esperienza lavorativa, rendendosi conto da subito che il settore pubblico non faceva per lui, il suo obiettivo era lavorare nelle relazioni internazionali del settore privato aziendale. “Ad un certo punto ho iniziato ad occuparmi di agroalimentare prima in Spagna, poi con una società di importazione di vini italiani in Brasile, per arrivare infine alla svolta che nel giugno del 2011 mi ha portato da Benanti” racconta Agatino, precisando: “Avevo inviato il curriculum per ricoprire la posizione di export manager, ma in un primo momento l’azienda voleva che sviluppassi l’incoming e io non accettai. Successivamente mi richiamarono perchè si era presentata l’occasione di ricoprire questo posto e così iniziò la mia nuova avventura”.
Era un momento particolare per Benanti che, dopo una grande popolarità derivante dal premio come cantina dell’anno assegnato dal Gambero Rosso nel 2007, si trovava a dover organizzare al meglio comunicazione e mercati, attraversando anche una fase di cambio generazionale che vedeva il passaggio delle redini aziendali dal Cavaliere Giuseppe Benanti ai figli Antonio e Salvino. Si è subito capito che c’erano alcuni passi importati da compiere e che era fondamentale focalizzarsi sul territorio. Agatino ricorda: “Allora l’Etna era conosciuto in Italia, ma molto meno all’estero. Inoltre non c’era la maturità attuale, ma si trattava più di curiosità. Nell’ottobre del 2011 ho condotto verticali di Pietra Marina, Rovittello e Serra della Contessa a New York, Los Angeles e San Francisco. Qui è stato il vino nel bicchiere a dimostrare le reali potenzialità del territorio. Si è capito che i vini dell’Etna potevano invecchiare. Penso sia stato un momento importantissimo. E non solo per Benanti”.
“Alcuni anni dopo, un test importante, per me una vera e propria sfida, è stato il mercato svedese che considerava poco i nostri vini ed era monopolizzato dai francesi. In due anni la richiesta del nostro bianco è cresciuta esponenzialmente, si è più che ventuplicata. E’ la prova che effettivamente c’è un valore nei nostri prodotti”. Vendendo solo sul canale Horeca, l’obiettivo è stato sempre quello di minimizzare il rischio spalmandolo su diversi mercati. Oggi ci sono sempre maggiori possibilità con tanti appassionati in tutti i Paesi che hanno una grandissima voglia di imparare e di novità. Inoltre, in molti casi stiamo assistendo ad un’evoluzione del gusto con il passaggio dai vini robusti e opulenti (Super Tuscan e Bordeaux, ad esempio) a quelli più fini ed eleganti come Borgogna, Nebbiolo e Etna. Le idee di Agatino sulla situazione attuale sono molto chiare: “Sull’Etna è arrivato il momento di prendere coscienza del territorio. Oggi ci confrontiamo con un pubblico competente che non accetta approssimazione, soprattutto a fronte dei nostri prezzi. Ambiente, tecnica e ogni altro dettaglio vanno curati nel migliore dei modi. Bisogna anche fare una scelta, capire dove posizionarsi perchè un’azienda di territorio e alta qualità è molto diversa da una rivolta ad un mercato di massa”. Un passaggio fondamentale, dunque, nel quale non commettere errori che poi si potrebbero pagare. In conclusione un augurio per il futuro: “Vorrei che l’Etna raggiungesse livelli di eccellenza non solo nella produzione vinicola, ma anche nella tutela ambientale, nell’accoglienza, nella pulizia e nell’ordine. Il semplice cittadino dovrebbe essere il primo promotore del territorio, facendo diventare la bellezza dell’Etna diffusa in ogni particolare”.