L’INTERVENTO/2
Forse meglio parlare di valorizzazione del prodotto di qualità locale, ma la filiera corta garantisce davvero prezzi più bassi e più sani?
Km 0,
quante
incongruenze!
di Mario Indovina *
Uno degli argomenti bandiera di Slow Food, ma anche di tante associazioni bio/ambientaliste ed ecologiste è il cibo a Km 0. Il primo dubbio viene quando cerchiamo un orto in città. La prima cosa da chiedersi: dove saranno? A questo punto scopriamo in alcune periferie (e già i Km non sono 0) alcuni produttori, ma ecco che, puntualmente, affiorano i primi dubbi: l’inquinamento cittadino influirà sul prodotto? E’ realmente biologico? E’ realmente prodotto da chi lo vende?
A questo punto, senza scomodare Michelle Obama o Sua Maestà la Regina Elisabetta, vediamo come soluzione l’orto di casa. Ma anche qui, dove impiantarlo? In balcone, in terrazza, all’aperto, al coperto, al sole, all’ombra, senza contare il cosa ci coltivo? Ed ancor di più: come si coltiva?
Bene, ho provato ed ho ottenuto dell’ottimo basilico, della menta, il prezzemolo maluccio, l’alloro se non si ammala (ma in questo caso devo aggiungere fungicidi e antiparassitari), ma pomodori, melanzane etc etc… niente. L’esperimento è stato condotto sul terrazzo della casa dei miei suoceri, ma gli spazi sono quelli che sono e penso che nelle nostre case non possa esserci posto per tutto quanto ci occorre.
Non avendo un giardino sufficientemente ampio, ci dovremo rivolgere a produttori seri e certificati che garantiscano sia la qualità che i prezzi, ma anche qui addio Km 0. Allora ridefinirei il concetto di Km 0, in valorizzazione del prodotto di qualità locale e fin qui potremmo essere tutti d’accordo.
Qui un altro dubbio dove trovare tutto ciò che ci occorre senza correre da un capo all’altro della città (ovvero la fine del Km 0), un posto dove reperire i prodotti dell’orto, le carni, i salumi ed i formaggi, i pesci, e poi pane, pasta, legumi e tutto il resto con provenienza e qualità certificata e garantita spendendo il giusto?
L’argomento è serio, la filiera corta è senza dubbio una soluzione ed i mercati del contadino possono essere una delle soluzioni, ma i prodotti che ci vendono sono realmente sani, non inquinati ,non trattati etc.etc.. In città esistono alcuni punti vendita specializzati nella vendita di prodotti di qualità, ma ovviamente non possono avere tutto, sono dislocati in posti diversi ed assolvono ai loro compiti con professionalità, ma gli acquirenti restano un’elite. Insomma questo famoso prodotto di prossimità, questa filiera corta restano un’utopia per la grande massa di consumatori che abitano in città ma anche nei grossi centri, sono una realtà soltanto nei centri piccoli e piccolissimi.
Le associazioni ambientaliste, i naturalisti, i nutrizionisti etc, etc decantano le virtù dei prodotti locali, ci mettono sotto il naso tutti i rischi derivanti dal consumo di tutto quanto arriva da ‘fuori’, siamo sostanzialmente assediati da un’informazione favorevole solo ad un consumo di prossimità. Ma ci siamo guardati intorno? I prodotti d’eccellenza delle nostre campagne sono pressoché introvabili! E i famosi presidi Slow Food che dovrebbero essere l’emblema della territorialità? Sfido chiunque a trovare dei tardivi di Ciaculli o dei cedri di Trabia o delle susine di Monreale… Ma ciò che dico è supportato da quanto ascoltato all’ultimo congresso regionale di Slow Food, dove i produttori lamentavano la mancanza di sbocchi sul territorio ed una discreta richiesta da altre aree.
Si sono fatte delle associazioni Gas (gruppi acquisto solidali), ma sono poche e soprattutto poco conosciute, i consumatori sono tanti ma i cultori dei prodotti di qualità? Ed i prezzi? La filiera corta garantisce prezzi giusti? Le domande sono veramente tante e man mano che scrivo penso alle troppe altre che ho omesso. Forse potrebbe essere uno spunto per aprire un dibattito sul nostro giornale on line. Intanto lancio un’idea, creare dei punti vendita specializzati sui soli prodotti del nostro territorio, ma attenzione: buono, giusto e pulito in tutto! Ad iniziare dal rapporto qualità/prezzo.
*socio storico condotta Slow Food – Palermo