Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 182 del 09/09/2010

>> Un territorio cantato da Quasimodo

04 Settembre 2010

Un territorio cantato da Quasimodo

«Aldilà delle onde delle colline» scriveva Salvatore Quasimodo nel titolo e nel verso finale di una poesia che trasfigura in movimento liquido il ritmo del paesaggio. Simili a onde oceaniche sono anche i Monti Iblei che innervano l’antica Contea di Modica, nella parte sud orientale dell’isola dove era nato il poeta siciliano.
Un altopiano calcareo che la furia dei torrenti ha inciso a colpi di falce, creando le cosiddette “cave”, le lunghe e profonde forre che in America chiamerebbero canyon.
I confini storici della Contea di Modica abbracciavano gran parte delle attuali province di Ragusa e Siracusa, estendendo la sua influenza anche su Caltanisetta, Caccamo, Calatafimi. Era un regnum in regno, uno stato feudale, affidato, il 23 marzo 1296, a Manfredi I di Chiaromonte.
Un feudalesimo più mite e più aperto che altrove al benessere dei propri sudditi vi concesse le terre in enfiteusi, ponendo fine alla condizione servile, contribuendo così a creare una classe di contadini che dietro pagamento di un canone si impegnava a migliorarne il rendimento.
Significava incoraggiare l’iniziativa, faticare e rinvestire nel proprio particulare, cambiando volto alle campagne.
L’opposto in senso culturale ed economico di quanto il latifondo produsse e continuò a perpetrare nella Sicilia occidentale.
C’è un saggio che Leonardo Sciascia dedica alla Contea di Modica, pubblicato da Electa nel 1983 che descrive con esuberanza di fonti questo stato di fatto, questa virtuosa separatezza isolana.
Ricorda, proprio all’inizio, che l’atmosfera di tranquilla e più sicura operosità in cui viveva e si riconosceva la gente della contea faceva ricadere sulle loro spalle un giudizio senza scampo. Per gli altri, per i rappresentanti della Sicilia “sperta” nelle cose del mondo,questa qui era la parte “babba”, ingenua.
Una commiserazione che veniva estesa a tutte le province orientali: Ragusa, Siracusa, Catania e Messina.
Vale la pena, a questo punto, citare un passaggio del lavoro di Sciascia, dove fa capolino anche una precisa idea di cucina:«non c’è differenza tra quella familiare e quella che le trattorie offrono» aggiungendo che questa è:«la sola parte della Sicilia in cui, come in Puglia e in Toscana, si è capito che bisogna, nelle trattorie, attenersi alla cucina locale» concludendo, un po’ più avanti: «Sobria è la gente della Contea».
Sobria nel senso di soda, seria, sentimentalmente legata alle proprie, conquistate, radici.
Come a Modica e a Scicli, la maestà barocca di Ragusa Ibla si confronta con il color bianco, osseo di questi monti che muovono dolcemente verso il mare.
Duomo è il ristorante di Ciccio Sultano (www.ristoranteduomo.it), non lontano dal Circolo di Conversazione dove s’aggruma e distende questa bellissima città, costruita a dadi e shanghai.
In uno dei palazzi di via Capitano Bocchieri, fu ambientato il film Divorzio all’italiana con Marcello Mastroianni e Sofia Loren e al numero 31 sono anche le finestre affacciate sulla forra, lo stile borghese delle stanze e le cantine a picco in cui il Sultano allinea i propri tesori a trasformare l’indirizzo culinario nella scena di un viaggio.
Qui,entrò, anni fa, un cliente che non è più ripartito, restando a fianco di Ciccio Sultano nel ruolo di anfitrione e cantiniere.
Angelo Di Stefano resta, quindi, volente o nolente, la migliore insegna del Ristorante Duomo.