IL PRODOTTO
Ecco il Barolo Chinato, raccontato dall’erede di chi lo inventò, Augusto Cappellano. “Col cioccolato di Modica una simbiosi perfetta”
L’anima gemella
del cioccolato
fondente
Se esiste per tutti un’anima gemella, anche il cioccolato fondente ne avrebbe una. E’ il Barolo Chinato, l’espressione più enigmatica del vino simbolo del Piemonte. Conosciuto per la sua essenza misteriosa dolce-amara e per essere estremamente ammaliante al gusto, abbinato al cioccolato dà vita ad una vera e propria reazione alchemica.
Ce ne parla Augusto Cappellano, l’erede di chi ha inventato la ricetta di questo vino. Ingegnere chimico 38enne, quinta generazione alla guida della cantina Cappellano dal 1870, autrice di un pezzo di storia dell’enologia piemontese. “Il Barolo Chinato è diventato un simbolo della tradizione enologica nordica. Vino storico da meditazione della mia regione che continua ad essere amato da tutti e che abbiamo scoperto essere quasi predestinato per il cioccolato, ma quello fondente e rigorosamente al 70%. Lo speziato caratteristico del chinato che è sempre così preponderante esalta lo speziato del cacao. Fino ad ora l’abbinamento più riuscito, armonico. E – rivela il produttore – con il cioccolato di Modica questo connubio raggiungerebbe la simbiosi perfetta”.
Nord e sud quindi non così lontani dati i sentori marcati del Chinato che rievocano atmosfere mediterranee. Infatti se è il vino ideale da sorseggiare davanti al caminetto, servito a temperatura fresca, come suggerisce Cappellano, si trasforma in un ottimo compagno per l’estate, anche come base per cocktail. Il segreto di questo vino però rimane appunto un segreto, una formula nata a fine Ottocento nel laboratorio di una farmacia, quella di Giuseppe Cappellano, il pro pro zio di Augusto. Custodita gelosamente dai componenti della famiglia, di questa si conoscono solo alcuni ingredienti e qualche fase del procedimento di preparazione. “Non va spiegato questo vino. Basta berlo. Il segreto alla fine non è nient’altro che il suo fascino e la sua eleganza, caratteristiche del Barolo stesso, che lo rendono così piacevole”, commenta il produttore tenace nel non sbottonarsi. Tesoro di famiglia, il Barolo Chinato da allora viene tramandato con il passaggio del testimone, da uomo a uomo. “Questa formula mi venne consegnata quando ero poco più che un ragazzino – racconta- . Avevo quindici anni quando mio padre me ne svelò la composizione”. Si sa che l’anima è la corteccia di china calissaia, e che insieme ad altre spezie, con dosi calibrate quasi da pozione magica, viene lasciata in infusione dell’alcol etilico per 20/30 giorni, concia che poi in una progressione specifica, viene aggiunta al Barolo con lo zucchero. Solo dopo 6 mesi di riposo in vasche di cemento il Barolo Chinato completa il suo percorso. Non solo rimane un rompicapo per gli enofili di tutto il mondo, ma per i siciliani è anche una rarità da degustare dato che Cappellano ne produce solo 6.000 bottiglie l’anno, e sull’Isola anche di altre etichette ne arrivano davvero poche. Se nello scaffale, trova poi posto accanto al Marsala, al Porto, al Madera ed allo Cherry, è solo nel bicchiere che sicuramente più degli altri raggiunge la dimensione del mito.
Manuela Laiacona