di Simone Cantoni
Nuovo appuntamento con “Una per tutto, tutto per una”: la serie di approfondimenti dedicati, di volta in volta, a una singola birra, della quale misurare la versatilità sul terreno degli abbinamenti in tavola attraverso una prova multipla che la veda alle prese con diversi prodotti alimentari o ricette delle varie tradizioni gastronomiche.
Questa volta i riflettori sono puntati sulla After the Pils, una India Pale Lager firmata da Birra Elvo e Birrificio Aosta…
After the Pils
“Sempre più in alto…” recitava, negli anni Settanta del Novecento, lo spot televisivo di una grappa resosi così popolare da diventare un tormentone. In questo caso, a spingersi in su, è l’asticella delle collaborazioni brassicole: almeno nel senso della latitudine, visto come i marchi protagonisti – “Elvo” (Graglia, Biella, Piemonte settentrionale) e “Birrificio Aosta” (appunto nel capoluogo dell’omonima Valle) – si trovino nel quadrante più continentale del nord-ovest italiano; mentre certo di “vette vertiginose” non si può parlare in termini alcolici, essendo l’etilometro inchiodato a una morigeratissima quota 5. Parliamo della “After the Pils”, interessante India Pale Lager che gli autori confezionano partendo da una miscela secca di malto Pils “in toto”; per proseguire, nella luppolatura, con gettate di Northern Brewer e Rottenburger (per l’amaro), Amarillo, Centennial e Citra (in late- e dry-hopping); fino a chiudere con una fermentazione affidata a cellule di lievito selezionato, rigorosamente “a bassa”. Direte: “Bene, ma beviamo o no?”. Eccovi accontentati… In spillatura la mescita è limpida e di colore dorato chiaro, la corona di schiuma e bianca e ben formata (ampia, fine). All’olfazione, spiccano note fruttate (pera, litchi), floreali (biancospino), agrumate e balsamiche (lime, arancia). Al palato, la sorsata si fa capiente, in virtù di una corporatura leggera e di una bollicina pimpante, nonché di una vena d’amaro nitida e fine insieme, tesa a innervare trasversalmente una condotta tattile già snella in avvio, per farsi poi asciutta e infine secca.
Con la frittata alle erbe
La nostra ideale “sfida su più fronti” inizia dall’antipasto; o, meglio, da quello che può assolvere le funzioni di antipasto, ma che rappresenta di per sé un piatto piuttosto completo: la frittata alle erbe di campo. Una ricetta che (facile a capirsi) può conoscere tante varianti quante sono le erbe in questione, per non parlare delle reciproche combinazioni; e che in questo caso è declinata (avendo cura di non calcare troppo la mano con la saliera) secondo una formula in cui si utilizzano tarassaco, bietola, finocchietto, lattughino e cicerbita. Il periscopio, insomma, punta sull’amaro in chiave gustativa e sull’intreccio erbaceo-balsamico al naso; entrambe prerogative che troviamo – lo abbiamo visto – anche nella bevuta: con positivi esiti di sovrapposizione attenuativa (tra le amaricature, appunto) in termini palatali (meccanismo cui giovano la bassa sapidità del boccone, nonché l’effetto levigante dei grassi e delle proteine dell’uovo); e di continuità delle dominanti aromatiche tra “morso” e “sorso”. Con il secondo che, infine, porta a casa un risultato più che ragionevole nel gestire l’appena citata materia grassa del primo, consentendo alla bocca di presentarsi “pulita” al secondo abbinamento.
Con il risotto all’ortica
Preparazione, anche questa, censita in numerosi ricettari tradizionali, viene proposta – nella fattispecie secondo un “ingaggio” che prevede, oltre all’ingrediente cardine (le cui foglie sono da scottare velocemente nella loro stessa acqua di lavaggio, onde “ammorbidirne” la pungenza), l’impiego di brodo vegetale e olio per la cottura del riso; di sale per rifinirla (con molta moderazione); di una facoltativa spolverata, all’impiattamento, di scorza di limone grattugiata. Di nuovo, uno slalom parallelo tra boccone e sorso. Il secondo massaggia e diluisce con diligenza la materia amidacea e (moderatamente) grassa del primo, garantendo il riordino del palato dopo la masticazione. Entrambi esprimono, in sede gustativa, una tendenza amaricante, producendo una dinamica di sovrapposizione attenuativa (favorita dalla massa assorbente di amidi e lipidi, nonché dalla bassa sapidità). Ambedue manifestano dominanti olfattive di timbro erbaceo, agrumato e balsamico: il che dà luogo a una piacevole continuità tra piatto e bicchiere.
(Insalata di pollo e verdure)
Con l’insalata di pollo e verdure
L’ultimo “incrocio” della sessione è quello con un secondo piatto, un’estiva insalata di pollo: le cui polpe, bollite e sagomate in straccetti, possono essere condite sostanzialmente a piacimento. In questo caso – onde evitare rischi di frizioni tra l’amaricatura della birra e sostanze ad esempio astringenti (come possibile con i carciofini), sapide (nel caso di alcuni formaggi) o acide (inevitabile aggiungendo gocce di limone) – alla carne si è scelto di accompagnare zucchine grigliate (gusto neutro), carote e peperoni gialli (tendenzialmente dolci), cubetti di caciotta vaccina fresca (essa stessa lattea e neutro-dolce); per poi lubrificare il tutto con un filo d’olio d’oliva. Nell’insieme, la forchetta (pur essendo la nostra portata, per definizione, un assemblaggio disarticolato d’ingredienti), porta ai denti bocconi dotati di una moderata componente grassa (che la “After the Pils” non fa fatica a gestire); caratterizzati da una latente amaricatura (che fa il paio, in sovrapposizione attenuativa, con quella della IPL); e inclini a esprimere una direzione olfattiva erbacea, essa stessa assecondata da almeno una delle dominanti aromatiche della sorsata. La quale, è vero, manifesta anche una tendenza agrumata, che resta “sganciata” rispetto alle odorosità espresse dal “morso”; ma si tratta di un disallineamento di minima entità: un perdonabile peccato veniale.
Birra Elvo
Casale Gatto, 12 – Graglia (Biella)
T. 015 3702122
www.birraelvo.it
info@birraelvo.it
Birrificio Aosta
Località Grande Charriere, 15 – Saint-Christophe (Aosta)
T. 338 7711869
www.birrificioaosta.it
info@birrificioaosta.it