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L'intervento

Non chiamateli “vinelli”: ora sono i “super-pink”

21 Giugno 2021

di Daniele Cernilli, DoctorWine

Da qualche tempo, un paio di anni almeno, una serie di aziende italiane famose e di grande efficacia commerciale anche a livello internazionale, si sta dedicando alla produzione di vini rosati di profilo alto, come qualità e anche come prezzi, almeno se riferiti alla tipologia.

È un fenomeno che prende lo spunto da quanto è accaduto in Francia, soprattutto nelle regioni della Provenza e del basso Rodano, dove alcuni vini rosati sono diventati delle vere star e dove i consumi di questa categoria di vini è molto aumentata, sia sul mercato interno sia nelle esportazioni, soprattutto verso i mercati anglosassoni. Da noi i vini rosati sono stati quasi sempre considerati “vinelli”, tranne che in alcuni casi specifici, come quello di alcuni pugliesi, in Salento in particolare da uve negroamaro, in Abruzzo con i Cerasuolo da uve montepulciano, sul Garda, con i Chiaretto di Bardolino e della Valtenesi, a base rispettivamente di corvina e di groppello nella maggioranza dei casi. Ci sono stati anche vini di grande valore, basti pensare al Cerasuolo di Valentini, o al rosato di Moniga Rosamara di Costaripa, ma si è quasi sempre trattato di eccezioni alla regola che voleva i rosati “cheap and cheerful”, come dicono negli States.

Ora le cose stanno cambiando e nascono così i Superpink, nelle intenzioni rosati di categoria superiore alla media, frutto di veri e propri progetti tecnici e di marketing, che vedono protagoniste alcune cantine di primo piano. Ha iniziato Frescobaldi con l’Aurea Gran Rosè prodotto in Maremma alla Tenuta dell’Ammiraglia, con una ricetta molto originale. Alla base c’è un blend di syrah per l’85% e vermentino per il 15%. Una parte del mosto di syrah viene fatto fermentare in legno, il resto in acciaio. Ha un colore tenue, proprio come i migliori Bandol in Provenza, un’ottima complessità olfattiva e un gusto tagliente e fresco per una componente di acidità molto evidente. Dal Veneto è arrivata la risposta di Pasqua con il “Y”, che si pronuncia Way, come la lettera dell’alfabeto inglese, che ha un’impostazione simile, basata anch’essa da un blend di uve rosse, corvina per la maggior parte e un pizzico di carmenère, con una piccola percentuale di uve bianche, trebbiano di Lugana o turbiana se preferite. Anche in questo caso il colore è tenue, e il profilo gustativo molto fresco, con la componente di acidità a dominare la scena.

Il Rosato di Velenosi, e qui siamo nelle Marche, è invece a base di solo montepulciano, ma vinificato con un contatto con le bucce che si limita alla pressatura e che lo colora solo leggermente. Molto fragrante e dal sapore scattante e agile, diverso da come siamo abituati a considerare i Cerasuolo, ad esempio, che in genere sono molto più colorati e corposi. Chiude questa breve panoramica Tormaresca dei Marchesi Antinori, in Salento stavolta, con il Furia di Calafuria che è prodotto con sole uve rosse, negroamaro per la maggior parte, poi syrah e cabernet franc. Un colore appena più carico e un gusto un po’ più ricco e morbido, molto equilibrato, che fa capire le sue origini più mediterranee. I prezzi in enoteca vanno dai 10-12 euro del Rosato di Velenosi ai quasi 40 dell’Aurea, passando per i 16-18 dell’Y e i 25-26 del Furia di Calafuria. Se son rosa… fioriranno.

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