di Emanuele Scarci
Vinitaly si fa o no? In vista della fine di febbraio è la domanda che si pongono molte cantine.
La scorsa settimana il ceo di Veronafiere Giovanni Mantovani aveva detto: “Non molliamo di certo. Tuttavia stiamo preparando una comunicazione con diverse informazioni che dirameremo nei prossimi giorni” (leggi questo articolo>). Le informazioni (probabilmente anche di tipo sanitario) non sono ancora arrivate, ma un paio di top manager di aziende del Nord riferiscono che la fiera è alle battute finali di un sondaggio presso consorzi e aziende per raccogliere le adesioni. La scadenza è fissata per l’1 marzo. Quindi ancora a distanza congrua dal 20-23 giugno di Vinitaly. In gioco ci sarebbero anche le caparre rilasciate per Vinitaly 2020 e congelate in attesa dell’evento di quest’anno. Il clima generale sarebbe però improntato al pessimismo. Mugugni da parte di consorzi toscani e veneti. Aziende e consorzi fanno fatica a pianificare investimenti in assenza di quelle garanzie che al momento nessuno, ragionevolmente, può fornire.
Il piano vaccinale
Nei fatti lo spostamento di Vinitaly deciso lo scorso novembre da aprile a giugno confidava su una progressione del piano vaccinale che purtroppo oggi segna il passo a causa della penuria di vaccini. Tuttavia i produttori di vaccini hanno promesso che nel secondo trimestre dell’anno recupereranno le forniture tagliate inoltre il via libera dell’agenzia europea Ema ad altri vaccini potrebbe ribaltare la situazione entro la metà del prossimo giugno. E’ fattibile? “Sarei felicissimo se Vinitaly potesse tenersi regolarmente, sarebbe un ritorno alla vita – dichiara Antonio Capaldo, presidente di Feudi San Gregorio – ma la situazione sanitaria è tale, complicata dallo spauracchio delle varianti, che mi sembra difficile che una manifestazione così densa come Vinitaly possa tenersi a giugno senza forti restrizioni. Queste imporrebbero forti limiti all’accoglienza negli stand e poi soprattutto mancherebbero i buyer internazionali”.
Forfait dei buyer esteri
SimonPietro Felice, direttore generale di Caviro, premette che ”se Vinitaly si tenesse comunque, Caviro parteciperebbe”. Oggi però la lentezza del piano vaccinale italiano ed europeo è tale che “i nostri principali clienti internazionali – aggiunge Felice – hanno già annunciato che non verranno. E celebrare un Vinitaly solo italiano non ha poi tutto questo grande appeal commerciale. Comunque Verona dovrebbe accertarsi della reale presenza dei buyer internazionali e speriamo in una forte accelerazione del piano vaccinale”. Sull’ipotesi di uno spostamento di Vinitaly a settembre, Capaldo la ritiene inutile “per le difficoltà connesse alla vendemmia, specie per i piccoli produttori, ma anche perché oramai saremmo alla fine dell’anno. Direi di rinviare al 2022”. Per Felice invece “un Vinitaly d’autunno sarebbe la soluzione d’emergenza e si potrebbero salvare anche le caparre”.